Dark Souls 3: The Ringed City
di: Simone CantiniE alla fine siamo giunti al termine di questo lungo e pericoloso viaggio. Dopo aver ammassato morti, anime e imprecazioni, l’avventura di Dark Souls III si è infine conclusa grazie a The Ringed City, secondo ed ultimo DLC da poco rilasciato per il capitolo della trilogia targata From Software. Ed ecco che ci sarà chi si straccerà le vesti, chi ululerà al cielo tutto il suo dolore per la dipartita e chi, come il sottoscritto, pensa che sia davvero giunto il momento per Miyazaki-san di prendersi una bella pausa, riordinare un attimo le idee e voltare definitivamente pagina.
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Boccone amaro
Ho adorato NiOh, l’intelligente riscrittura dei soulslike da poco consegnataci dai ragazzi di Team Ninja, che ha saputo svecchiare ed innovare un genere che stava pericolosamente avviluppandosi sempre più su se stesso. Ero consapevole che non sarebbe certo stato semplice tornare alle meccaniche decisamente più ingessate di Dark Souls III, soprattutto dopo aver sperimentato il reattivo combat system di questa piacevole new entry, ma non credevo che l’impatto sarebbe stato così traumatico una volta avviato The Ringed City. Eviterò, innanzitutto, di dilungarmi relativamente a narrativa e lore, sia perché la community dei Souls odia anche il benchè minimo tentativo di spoiler, vuoi perché (lo confesso) non ho mai dato troppo peso alla criptica scrittura di Miyazaki, impegnato come sono sempre stato a cercare di sopravvivere. Quello che mi interessa maggiormente di questo add-on conclusivo è ciò che ruota attorno alla sua struttura, alle sue scelte stilistiche e agli espedienti di gameplay, da sempre fulcro principale di questo genere. Mi rendo perfettamente conto di andare contro corrente, anche alla luce dei giudizi espressi dalla concorrenza, ma la delusione (unita anche ad un senso di fastidio) avvertita durante questa sortita nella Città ad Anelli è stata davvero cocente. A rompere la magia di un meccanismo, per me, sino ad oggi sempre perfettamente oliato ci ha pensato il bilanciamento generale dell’intero DLC, decisamente troppo squilibrato rispetto a quanto ci ha sempre proposto la serie. Passi la difficoltà, suo vero marchio di fabbrica, ma solo se accompagnata da quella correttezza di fondo che permette al giocatore di recuperare, con mestiere, agli errori. In The Ringed City, invece, questo felice binomio mostra i segni di un vistoso cedimento a partire dalle prime battute dell’avventura, mettendo in luce tutta una serie di biechi trucchetti che sinceramente non mi sarei mai aspettato di vedere: nemici capaci di oneshottare senza pietà e di attaccare quasi senza sosta, orde di mob dallo spawn apparentemente infinito, uso smodato delle alterazioni di stato ed un numero impressionante di vicoli ciechi, che si tramutano quasi sempre in trappole mortali, stridono fortemente con la certosina cura da sempre riposta nel design generale. Il ricorrere ampiamente a meccaniche che richiamano palesemente il vetusto Demon’s Souls, il riciclo di elementi e situazioni oramai già viste, finiscono per mettere in ombra anche il superbo level design di questa espansione, ricco di sfaccettature e dotato della consueta (questa sì) maniacale costruzione. Peccato che potrebbe passare presto la voglia di esplorare, dato che la sproporzione palese che c’è tra le forze ostili in campo e le nostre possibilità di manovra potrebbe quasi sempre far preferire la strada della fuga. E quando si rivela più efficace evitare gli scontri e correre imperterriti verso il prossimo falò, qualche domanda in merito al design complessivo non posso evitare di pormela.
Lo stile non basta
Proprio tutto da buttare, allora, in questo The Ringed City? Fortunatamente no, ma è innegabile che la portata della bontà di alcuni aspetti venga fortemente ridimensionata dai difetti appena evidenziati. Come già detto, le due zone che compongono il DLC possono vantare il solito, splendido level design, complesso ed affascinante come sempre, pur al netto dei citati, subdoli vicoli ciechi. Impeccabile anche lo stile utilizzato per tratteggiare il Cumolo dei Rifiuti e la Città ad Anelli: la prima location sembra quasi fungere da punto di raccordo tra la precedente espansione e questa, grazie ad architetture distorte ammantate da una spessa coltre di neve, mentre la seconda ci presenta una bizzarra, ma riuscita, fusione di elementi rinascimentali, bizantini e gotici, a dimostrazione di come il team sia ancora in grado di stupire. Sontuose, al solito, le boss battle, capaci di mettere duramente alla prova il giocatore grazie a pattern di attacco sempre più imprevedibili e ad una difficoltà complessiva anche essa tarate verso l’alto, ma che tende a sfavorire in maniera un po’ troppo marcata le classi non ranged. Le tre sfide principali (più una opzionale) rimangono però una fonte inesauribile di soddisfazione per tutti coloro che riusciranno ad uscirne vincitori. Ed è cosa decisamente molto buona. Estremamente soggettiva, invece, la longevità complessiva del DLC che, a seconda di come e quanto si scelga di affrontarlo, potrebbe tenerci impegnati per un periodo che può tranquillamente spaziare dalle 7 alle 15 ore.
Aperta con il botto (non a caso Dark Souls è nella mia top 3 dei titoli migliori della scorsa generazione), la trilogia ideata da Hidetaka Miyazaki si chiude lasciandomi in bocca un sapore quanto mai amaro. La scelta di spingere, in questo The Ringed City, quasi a livelli di frustrazione un meccanismo sino ad oggi punitivo, ma dotato di un fair play innegabile (per quanto sottile), non ridimensiona certo la bontà di un’opera la cui qualità resta assoluta, ma dimostra come il team abbia seriamente bisogno di prendersi una doverosa pausa e riordinare le proprie idee in vista delle prossime avventure.