Alice: Madness Returns
American McGee's Alice e' stato forse uno dei prodotti piu' azzardati ed interessanti del 2000. Sviluppato dal celebre game designer americano American James McGee in esclusiva per PC, il titolo Electronic Arts uni' in una sinossi violenta e macabra le storie partorite dal genio di Lewis Carroll e dal suo “Paese delle Meraviglie†con le atmosfere sanguinolente e distorte in cui la violenza ed il sangue la facevano da padroni. Ora, a distanza di oltre 10 anni, e' la volta di Alice: Madness Returns. Scopriamolo insieme!
di: REdeiDESIDERIImprove his shining tail,
And pour the waters of the Nile
On every golden scale!
How cheerfully he seems to grin,
How neatly spreads his claws,
And welcomes little fishes in
With gently smiling jaws!”
E veniamo alle qualità tecniche e artistiche di questa interessantissima produzione EA. Com’era già accaduto per il primo American McGee’s Alice, il titolo Spicy Horse ripropone in chiave macabra quello che è il mondo di “Alice nel Paese delle Meraviglie”, noto ai più grazie al bellissimo film prodotto dalla Disney nel 1951. Dite addio ai toni morbidi e pastello tinteggiati da Lewis Carroll nel corso dei due suoi romanzi e fate largo ad una direzione artistica particolare ed affascinante che, almeno sul piano concettuale, fonde il mondo del Bianconiglio a quello dell’Otherworld di Silent Hill, tanto che se comparisse Pyramid Head come boss non ce ne sorprenderemmo affatto. Il registro stilistico dell’ultima opera di McGee è infatti incentrato su tematiche oscure e malate, macabre tanto quanto i personaggi che abitano Wonderland. Persino Alice, la spensierata protagonista dei romanzi di Carroll è qui una persona malata, dalla psiche labile e frammentata, decadente almeno quanto i suoi nemici, se non di più. Eppure è impossibile non restare strega(tta)ti di fronte alla bellezza del titolo EA, alla sua profonda malinconia, alla sua onirica direzione artistica. Non bastasse, il gioco è sottilmente permeato da un certo humour nero e sadico, che si può avvertire sia in certe cutscene, sia nel procedere del gameplay. Lo sfondo, poi, è quello di un mondo a metà tra architetture vittoriane e gotiche, colorato di pennellate a tratti vivaci, a tratti fosche, a sottolineare che quel che ora è malato e decadente era una volta meraviglioso e prospero. E se la direzione artistica pare già una garanzia, anche il comparto tecnico, telecamera esclusa, sembra degno di attenzione. Le animazioni infatti, sebbene non al passo con i tempi, ci sono sembrate abbastanza buone e soprattutto in linea con i toni “folli” intrapresi dalla produzione artistica. Anche la qualità dei dettagli ci è sembrata di discreto livello, anche se un ulteriore lavoro di rifinitura potrebbe portare la produzione di McGee ad ottimi livelli, visti soprattutto i frequenti cali di framerate.
Dal punto di vista sonoro, invece, Madness Returns si è dimostrato al pari di tante altre produzioni di spessore, con una campionatura e soprattutto un doppiaggio di ottimo livello, accompagnati da musiche malinconiche eppure incalzanti che, seppur non ai livelli del primo capitolo (in cui erano davvero superbe, ndr), sono sembrate più che capaci di accompagnare degnamente l’incedere dell’avventura.
In the midst of his laughter and glee
He had softly and suddenly vanished away
For the Snark was a Boojum, you see.”
Alice: Madness Returns non è niente di nuovo. Tanti titoli prima di quello firmato McGee hanno calcato la stessa strada fatta di azione ed avventura. Quello che tuttavia spinge (e calamita) l’attenzione del pubblico è la sua magnifica direzione artistica nonché l’utilizzo creativo che gli sviluppatori hanno saputo fare del game design: gotico, crudele, eppure onirico e cangiante. Alice: Madness Returns miscela sapientemente orrore e poesia, fiaba e incubo, trasformando uno dei più celebri esempi della letteratura “nonsense” in un prodotto assolutamente sensato e definito. Per ora, non possiamo che lodare ancora una volta la volontà di EA di azzardare, di provare, di mettersi in gioco. Come fu per Mirror’s Edge e Dead Space, la società americana dimostra quel coraggio che è ormai lontano dai canoni moderni. Da giocatori, ma soprattutto da fan, non possiamo che sperare che tale azzardo si riveli ben ripagato, e che la mano calata da McGee si riveli una vincente scala di cuori.