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Recensione The Turing Test

di: Simone Cantini

Cosa ci permette di distinguere la mente umana da quella artificiale? Una domanda in apparenza banale, sviscerata in più e più modi all’interno di opere letterarie, cinematografiche e videoludiche, capace però di preservare un fascino unico, quasi magnetico. E ultimo in ordine di tempo a basare la sua essenza su questo stuzzicante dilemma arriva The Turing Test, opera ultima di Bulkhead Interactive.

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Cogito ergo sum

Ava Turing è stata appena risvegliata dal suo sonno criogenico da T.E.D., l’intelligenza artificiale che gestisce gli insediamenti ISA (International Space Agency) situati su Europa, una delle gelide lune di Giove. I contatti con l’avamposto scientifico situato sul satellite si sono bruscamente interrotti non appena il team operativo è entrato in contatto con una misteriosa forma di vita e, contemporaneamente, è stato predisposto un sistema di difesa aggirabile unicamente sfruttando la capacità di ragionamento della mente umana, ovviamente quella di Ava. Le stanze che conducono sino al livello più profondo del laboratorio, difatti, si sono tramutate in enormi puzzle ambientali, che spetterà proprio alla nostra eroina risolvere per poter venire a capo di una trama non certo originalissima, ma non per questo priva di interessanti spunti di riflessione e qualche guizzo decisamente brillante.

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Interruttori neurali

Non nascondendo affatto il suo essere debitore nei confronti di titoli del calibro di Portal 2 e The Talos Principle, The Turing Test si propone come un puzzle game in prima persona, i cui enigmi devono essere affrontati e sviscerati tramite l’utilizzo di una particolare pistola. Questa è in grado di catturare dei globi energetici con i quali attivare gli interruttori ed i meccanismi di cui le varie stanze sono costellate. Procedendo nel corso dell’avventura le cose si andranno leggermente a complicare tramite l’inserimento di sfere temporizzate o  dal funzionamento alternato, oltre che dalla presenza di telecamere e automi da controllare, indispensabili per poter attivare particolari meccanismi. E così, tra una porta da aprire, un ponte da sistemare ed un interruttore di innescare, finiremo per trascorrere circa 6-7 ore in compagnia di Ava e T.E.D., interrogandosi, tra un settore e l’altro, in merito alla reale essenza delle definizioni di umanità e coscienza, fino a giungere ad un epilogo che starà a noi delineare (sono presenti due differenti finali). Bisogna dire che, nonostante una difficoltà che salvo una manciata di sezioni decisamente più ostiche della media, la difficoltà generale non presenterà picchi particolari in grado di spaventare i veterani del genere. Ed è proprio in questo non certo elevatissimo tasso di sfida che si annida il principale difetto di The Turing Test, affiancato però da un gameplay semplice e divertente, unito ad una storia che, pur non brillando per originalità, riesce comunque ad incuriosire quanto basta per spingerci ad andare sempre avanti.

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Giro girotondo, io giro intorno al mondo

Quasi a voler incarnare la schematicità di una mente artificiale, la messa in scena di The Turing Test appare volutamente asettica ed essenziale. Le geometrie e lo stile adottato per dare vita alla struttura scientifica all’interno della quale andremo a girovagare sono quanto mai essenziali e, per certi aspetti, riportano alla mente alcune sensazioni respirate nelle produzioni sci-fi degli anni ’70. A svettare su tutto, però, è il comparto audio, forte di un doppiaggio in lingua originale davvero azzeccato e che ha in T.E.D. la più moderna forma di omaggio all’HAL 9000 di kubrickiana memoria. Ottimo anche l’accompagnamento musicale, grazie ad una manciata di brani davvero ben azzeccati ed orchestrati.

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The Turing Test rappresenta un interessante esempio di first person puzzle che, pur non avvicinandosi alle vette del genere citate in apertura, riesce comunque a catturare l’attenzione, anche se i suoi meriti sono più da imputare ad un setting in grado di affascinare i player, più che nella effettiva bontà e struttura dei suoi enigmi. Visto il prezzo a cui viene proposta, però, l’opera dei ragazzi di Bulkhead si merita comunque ben più di una chance.