Articoli

Film Festival

Da pochi giorni le slide della nostra dashboard ospitano una succosa novita' per coinvolgere i possessori di Xbox 360 appassionati di cinema. Si tratta di Film Festival, una interessante iniziativa che da' il via a un periodo promozionale per premiare i vostri download dal Marketplace Video.

di: Redazione

Match point
Fortuna, passione e delitto è il trittico che apre la trilogia europea di Woody Allen. Il regista newyorckse torna dietro alla macchina da presa in grande spolvero con un film dall’impianto solidamente classico, quasi manieristico, e sorretto da una tesi indiscutibile: è il caso che governa le vicende dell’uomo. E’ questa la lezione che alla fine della fiera il giovane e belloccio Chris Witton (Jonathan Rhys Meyers) si troverà a dover imparare. Poco importa quanto si affanni, quanto si adoperi per la scalata sociale, che è poi la sua personalissima scalata verso la felicità. In fondo al tunnel, c’è la fortuna pronta a decidere ironicamente la sua fine. Chris era partito da Dublino verso Londra con il piede giusto, mettendo il campo tutte le sue qualità. Come ex-tennista professionista si era dedicato ad insegnare quattro colpi alla Londra bene, dandogli l’illusione di migliorare il suo gioco. In realtà è la sua posizione sociale che lentamente migliora fino al colpo finale: sposa la bella e dolcemente insipida Chloe Hewitt (Emily Mortimer) e si fa procurare dal padre un incarico manageriale di tutto rispetto. E’ il sogno americano spostato nella vecchissima Europa che quasi s’avvera. Peccato che Chloe non riesca ad avere bambini e che, quasi dalla porta di servizio, sia entrata nella vita di Chris Nola (Scarlett Johansson), la biondissima sexy ed intrigante ex-fidanzata del cognato. Preparata la trappola per il triangolo amoroso, ci saremmo aspettati un Allen in versione cacciatore smaliziato pronto a cogliere l’ironia della situazione e a bombardarci con gli stuzzicanti aforismi sul sesso che l’hanno reso famoso. Invece, l’intera vicenda assume sempre più colori cupi: l’attrazione fatale tra Chris e Nola si fonde con la tensione del thriller psicologico, seguendo un percorso che costringe il giovane arrampicatore sociale a doversi riconquistare quella vita che quasi s’era costruita da sola. Le sue scelte saranno estreme e senza mezze misure, esattamente come quelle del cineasta americano che porta avanti una filosofia di vita senza appello. La povera caratterizzazione dei personaggi li costringe a comprimari per lasciare i riflettori al vero protagonista: il flusso inesorabile degli eventi che con la sua forza tutto trascina. A noi non resta che assistere ammirati ed attoniti al suo operato, cercando di decifrare l’enigma banale che spesso chiamiamo coincidenza.
 
Tropic Thunder
Una pioggia di napalm all’orizzonte, e l’ennesimo compagno che muore stretto tra le tue braccia, piangendo lacrime amare e d’amore per la sua famiglia lontana. Più o meno una scena che abbiamo visto milioni di volte nei migliori war movie che costellano la filmografia di questo secolo. Provate ad immaginare questa scena recitata da Ben Stiller e Robert Downey jr. con un pesante make-up da afro-americano. Benvenuti nell’esilarante e dissacrante commedia, scritta, diretta ed interpretata da Stiller che fa il verso alla mega produzioni hollywoodiane e ai suoi incomprensibili luoghi comuni. Lo script non poteva essere dei più semplici: l’ennesimo film sulla guerra in Vietnam che rischia di naufragare per colpa dell’inesperienza del regista e per una serie di contrattempi e disastri. Toccherà agli attori stessi salvare la produzione trasformandolo in un pezzo di cinema vérité: la compagnia d’attori sarà lanciata nella giungla mentre telecamere nascoste raccoglieranno le loro gesta da guerriglieri. Tugg Speedman (Stiller), il divo dei film d’azione, guiderà la squadriglia composta da un rapper in cerca di fortuna, dal comico Jeff Portnoy (Jack Black) e dal cinque volte premio oscar Kirk Lazarus, tutti pronti a risollevare la propria carriera con questo esperimento cinematografico. Peccato che da un war movie ne verrà fuori una commedia degli errori: la troupe perderà contatto con la squadra di attori che si ritroverà nel bel mezzo di una vera guerra con la spavalderia e l’eroismo di chi combatte contro proiettili di plastica. Stiller costruisce una commedia piacevole, sul classico modello americano, permettendo ad ogni attore di esprimersi nei suoi pezzi forti e lasciando lo spazio ad ognuno per costruire il proprio personaggio. E’ un piacere seguire Black nelle sue tirate e vedere Downey jr. calarsi nella parte del sergente di colore. Assolutamente da segnalare la prova eccellente di Tom Cruise nei panni del panciuto e pelato produttore Les Grossman, una delle sorprese più divertenti dell’intero film.
 
 
Il silenzio degli innocenti
A volte il budello di un ospedale psichiatrico è l’unica strada verso la verità: mezza per chi va e mezza per chi rimane. Tratto dal romanzo di Thomas Harris, il silenzio degli innocenti è un thriller che ha fatto scuola, con la sua perfetta gestione della tensione legata ad un plot in grado di incollare alla narrazione. L’affascinante Clarisse Starling, recluta dell’FBI, viene assegnata, come primo incarico, al caso di “Buffalo Bill”, assassino seriale con la predilezione per le giovani donne e soprattutto per la loro pelle. Clarisse dovrà addentrarsi nei meandri della mente del killer, fiutare gli indizi e cercare di batterlo sul tempo per salvare l’ultima ragazza rapita, figlia di un senatore degli Stati Uniti d’America. Ad aiutare l’inesperta recluta ci saranno le indicazioni del dottor Hannibal Lecter, che nell’interpretazione superba di Antony Hopkins diventerà un vero e proprio simbolo del genio associato alla più efferata pazzia. Lecter è il peggior mentore che potesse capitare all’indifesa Clarisse, un cannibale spietato, manipolatore e crudele, rinchiuso a vita nelle celle sotterranee dell’Ospedale psichiatrico di Baltimora. Le sue capacità di fiutare ed anticipare le mosse del killer si riveleranno però preziose permettendo all’agente dell’Fbi di incamminarsi sulla strada dell’assassino. Lecter da dietro i vetri della sua cella braccherà incessantemente Clarisse cercando di penetrare i suoi ricordi più intimi. E’ su questo contrasto che la piccola cresce e si sviluppa, sulla ruvida ed apparentemente spietata figura del mostro che preda la morbida e apparentemente indifesa giovinetta. La Foster riesce a esprimere l’indiscutibile umanità di Clarisse, restituendo la sua debolezza infantile e la sua estrema forza nell’affrontare un male viscerale più grande di lei. L’agente dovrà combattere prima di tutto contro se stessa, combattere per affrontare le sue più antiche paure, accompagnata negli abissi della sua psiche remota da un mostro larger than life. Demme riesce sapientemente ad integrare le due grandi linee della vicenda, intrecciando l’introspezione psicologica con le meccaniche mozzafiato della caccia all’uomo. Il suo è un lavoro che difficilmente si lascia dimenticare grazie alle perfetta caratterizzazione dei personaggio e ad un racconto privo di qualsiasi punto morto.