Indieanata

Elliot Quest – Save The Ninja Clan – Tango Fiesta – Bit Dungeon Plus

di: Giovanni Manca

Elliot Quest

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Il 2017 verrà ricordato come l’anno di Zelda. E’ vero, siamo d’accordo, è sempre l’anno di Zelda quando Nintendo si dedica anima e corpo a questo straordinario franchise ma, forse, quasi mai uno Zelda aveva messo tutti d’accordo come Breathe of the Wild. Sicuramente non capitò così quando nel 1987 con Zelda II – The Adventure of Link, capitolo molto controverso che però deve essere particolarmente piaciuto ad Ansimuz Games, tanto da lanciare su kickstarter nel 2013 un progetto ispirato al gioco Nintendo, Elliot Quest. Dopo quasi tre anni, il particolare platform RPG arriva su Xbox ONE. Elliot fa parte di quella pletora di titoli stile 8 bit che non faticherebbero a girare su un NES ma ispirarsi a Zelda, e quasi clonarlo, non può non elevarlo dalla massa. Il protagonista dell’avventura è Elliot (che a me stilisticamente ha ricordato Eros di Pollon) che, devastato dalla scomparsa della moglie, decide di farla finita; una maledizione però lo rende immortale e, così, decide di esplorare l’isola di Urele alla ricerca dei Guardiani, unica speranza per sconfiggere la maledizione. Armato del suo arco, Elliot affronta i dungeon bidimensionali, strutturati in sezioni platform ed enigmi molto semplici; l’uccisione dei nemici permette di accumulare esperienza e, di conseguenza, migliorare una delle abilità del protagonista: forza, saggezza, agilità, vitalità e attacco critico. L’indicatore della esperienza si azzera dopo la morte del protagonista, evento piuttosto comune in considerazione della difficoltà media del gioco, dunque riiniziare dal checkpoint equivale a rifare tutto da capo. Il level design non sempre è ispiratissimo e spesso cala il livello di interesse e di sfida ma, tutto sommato, l’esperienza di gioco si mantiene sempre divertente e raggiunge il suo apice, a nostro avviso, durante le numerose boss fight. Se non vi fate scoraggiare dall’aspetto stilistico estremamente vintage, da una struttura di gioco poco originale, da un gameplay povero di varianti e siete comunque incuriositi da un’esperienza di gioco che omaggia l’archeologia videoludica, date una possibilità ad Elliot.

VOTO: 65

Save The Ninja Clan

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Mettiamo subito in chiaro le cose: Save the Ninja Clan ha il solo obiettivo di far uscire completamente di testa chiunque abbia l’ardire di giocarlo. Intendiamo, questo sia in senso negativo che positivo, è infatti il tipico videogame capace di scatenare istinti di devastazione e distruzione del controller oppure acchiappare il giocatore mollandolo solo dopo sfinimento. Difficile, estremamente punitivo, frustrante, pensato per gente dalle sfide impossibili, speedrunners all’ultimo stadio. Ma che gioco è Save the Ninja Clan? E’ un puzzle platform bidimensionale dall’aspetto stilistico decisamente minimalista, strutturato in scenari ricchi di nemici, ostacoli, trappole e insidie pronti a far schizzare il nostro sangue ovunque. Un diabolico ninja nemico ha rapito i nostri amici, il nostro onore ci obbliga a rischiare la nostra vita (e a perderla innumerevoli volte) per salvarli. Il primo livello, che poi sarebbe la fase tutorial, lascia già intravedere quello che è lo spirito del gioco: azione veloce fatta di salti da calibrare al pixel accompagnati da lanci di coltelli utili sia per uccidere i nemici sia per fare da “scalini” per gli ostacoli più alti. Il problema principale di Save the Ninja Clan è che non è onesto con il giocatore. Cosa intendiamo? In astratto, un gioco di questo genere, per essere onesto, dovrebbe permettere al giocatore più abile di concludere il gioco senza mai morire, Save the Ninja invece si basa sul principio opposto per cui ogni livello, soprattutto quelli più avanzati, vanno giocati tante, tantissime volte prima di riuscire a concluderlo senza trasformarsi in una pozza di sangue almeno una volta. Muori, muori, muori e ancora muori, maledetto ninja. Aveta capito, se cercate un titolo per rilassarvi dieci minuti state ben lontanti dall’ultima fatica di Life Pit Studios. Se al contrario, vi stuzzica l’idea di mettere alla prova la vostra abilità e pazienza, STNC potrebbe essere il titolo che fa per voi.

VOTO: 60

Tango Fiesta

https://www.youtube.com/watch?v=VPe1Q32AFbA

Mi sarà capitato un milione di volte di esclamare, dopo aver visto un pugno di screenshot di un videogioco, queste parole: “questa roba fa ribrezzo solo a vederla, figurati giocarla!”. Ovviamente è successo anche con Tango Fiesta, indie di Split Milk Studios, rimbalzato in redazione tipo patata bollente da tenere in bocca lacrimando senza dignità. Premessa doverosa che voglio fare è che io non odio gli anni ’80, anzi, li amo e amo anche qualsiasi tipo di forma citazionista di quegli anni, anche i videogiochi, ma non quando questi ultimi li ricordano riproponendo le stesse performance grafiche. Per me, che ho vissuto quegli anni, è come avere la sabbia nelle pupille. Ma si dice che in un videogioco la grafica non è tutto, dunque giochiamo a Tango Fiesta, uno sparatutto con visuale dall’alto che ricorda i classici Commando, Mercs e Ikari Warriors. Si cammina, si spara e sia ammazza tutto quello che si muove sullo schermo con il sistema di controllo ormai canonico del twin stick: tanta, tanta roba sullo schermo e spesso per Johnny Bravo, il tamarrissimo protagonista, saranno brutte gatte da pelare. Spesso frustrante per una difficoltà decisamente mal calibrata, il ritmo è spesso interrotto da dialoghi che vorrebbero raccontare la trama in modo gagliardo ma che, al contrario, finiscono per annoiare il giocatore. Insomma, non c’è un unico aspetto, neppure il negozio delle armi, che può stimolare. Anzi, forse uno potrebbe anche esserci: il multiplayer locale. Ok ok, tutti i giochi sono più divertenti se affrontati in compagnia, ma qualcosa dovevamo pur dirla. Avete ancora voglia di provare Tango Festa?

VOTO: 40

Bit Dungeon Plus

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Immaginate di trovarvi inaspettatamente all’interno di quello che potrebbe essere un vecchio castello, strutturato in decine di stanze e sale apparentemente tutte uguali. Abitato da presenze, mostri e cavalieri senza scopo nella vita se non quello di prendervi a randellate sui denti. Non sapete chi siete, dove siete e cosa ci fate li dentro. Sopravvivere, certamente, e aprire forzieri sparsi un po’ ovunque. Di cosa stiamo parlando? Di Bit Dungeon Plus, l’ultima creazione di KintoGames, un action jpg con pesanti contaminazioni dal genere rogue like stilisticamente ispirato a classicissimi degli anni ’80 e ’90, tra i quali, ovviamente, Zelda 8 bit. Ma solo stilisticamente, perché siamo davvero lontanissimi dai fasti qualitativi dell’epoca. Mentre si gioca le sensazioni sono quelle che abbiamo descritto all’inizio dell’articolo, sembra di giocare ad un titolo abbozzato, non completo, davvero sotto quasi ogni aspetto lo si consideri. Una grafica che rimanda agli 8 bit farebbe sperare ad una perfezione del gameplay esasperata, invece ben presto regna la monotonia e la frustrazione, a causa di ambientazioni poco ispirate, ad un sistema di controllo non precisissimo ed a una difficoltà che si impenna vertiginosamente dopo pochi stage: affondo, parata con scudo e magia, l’inventario non può essere gestito in alcuno modo dal momento che l’equipaggiamento viene sostituito in automatico non appena si ritrova qualcosa di nuovo. Non vogliamo nascondere che il gioco possa proporre degli elementi di sfida interessanti, soprattutto per i giocatori ossessionati da questo tipo di offerta ludica ma, onestamente, non riusciamo a trovare nessun aspetto per cui Bit Dungeon Meriti la sufficienza.

VOTO: 50