TV Recensione

Secret Level Parte 2

di: Simone Cantini

Ogni promessa e debito, quindi, visto che non sono un quaquaraquà (o per lo meno, mi auguro di non esserlo poi così tanto), è giunto il momento di tirare definitivamente le fila in merito al progetto Secret Level. Martedì scorso, difatti, gli ultimi 7 episodi della serie antologica voluta da quel burlone di Tim Miller, sono finalmente sbarcati su Prime Video, chiudendo il cerchio di questa primissima stagione. In attesa di sapere cosa il team di produzione abbia in serbo per la già annunciata seconda tornata di corti. Quindi, tanto per rispolverare la più atavica delle domande: missione compiuta? Beh, pur con i suoi bravi distinguo, a patto di essere consapevoli delle finalità della produzione, la risposta non può che essere positiva.

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Tra passato e futuro

Come nel caso della prima porzione di Secret Level, anche questa seconda parte si contraddistingue per episodi decisamente riusciti e centrati, alternandoli ad altri (fortunatamente pochissimi) assai meno incisivi, per non dire alquanto trascurabili. L’incipit è di quelli che colpiscono forte, grazie ad un corto capace di condensare in pochissimi minuti tutta dissacrante ed amara ironia alla base di The Outer Worlds, raccontandoci l’amore cieco di Amos nei confronti della sua spietata Felicity. Non era certo semplice condensare in un lasso ristretto di tempo la complessa lore alla base della serie Obsidian, pronta a deliziarci con un nuovo capitolo tra una manciata di mesi, ma il corto in questione dimostra come alla base di Secret Level ci sia davvero un profondo amore nei confronti del materiale di partenza, visto il modo in cui gli elementi più iconici del franchise sono stati brillantemente portati sullo schermo.

Un modus operandi che si può tranquillamente applicare anche alla brevissima porzione dedicata a MegaMan, protagonista di una storia di origini capace di mettere in scena in un lampo le caratteristiche salienti del classico di casa Capcom. Un prequel inedito che viene riproposto anche dal capitolo sicuramente più controverso di questa seconda tranche, ovvero quello dedicato al defunto Concord, protagonista suo malgrado di un omaggio postumo che, non me ne vogliate, rappresenta uno dei momenti più riusciti e brillanti della raccolta. Uno sguardo malinconico, ma frizzante ed ottimamente realizzato, che dà idealmente il via ad un qualcosa di cui non riusciremo mai a vedere gli sviluppi, ma che almeno sul fronte puramente narrativo avrebbe meritato ben altra fortuna.

Decisamente più classica, ma anche difficile da inquadrare visto che fa riferimento ad una produzione non ancora disponibile, la sortita dedicata al prossimo Exodus, un siderale viaggio tra tempo e sentimenti familiari che ci propone un piccolo assaggio di quella che sarà la mitologia di Archetype Entertainment. Molto classico nella sua messa in scena, ma sicuramente affascinante in quanto a pura realizzazione. Che poi è lo stesso discorso che si può fare in merito a Honor of Kings, che per quanto legato ad un genere molto lontano dai gusti di noi redattori di Console Tribe, ha l’indubbio pregio di imbastire un racconto avvincente e ben costruito.

Si può dare di più

Però, come già accaduto per la Parte 1, non è tutto oro quello che luccica anche nel secondo troncone di Secret Level, con i suoi punti deboli che devono essere riscontrati nella copia di produzioni legati a Spelunky e al mondo PlayStation. Ci troviamo, difatti, al cospetto di due plot davvero poco incisivi e dannatamente banali, con il primo che risulta essere molto autoreferenziale ed imbevuto di una morale davvero spiccia ed alquanto prevedibile: si è cercato di mirare un po’ troppo in altro rispetto al materiale di partenza, finendo con il cadere malamente.

Davvero dimenticabile lo spaccato dedicato al mondo PlayStation che, visto il rilascio in occasione del trentennale del marchio, avrebbe decisamente meritato una celebrazione più incisiva e riuscita. L’avventura della rider protagonista del corto manca malamente ogni tipo di bersaglio, visto il modo piatto e privo di mordente con cui è portato sullo schermo. È pur vero che condensare 3 decenni di brand di successo nella decina scarsa di minuti a disposizione era un’impresa davvero ardua, ma limitare il tutto a 4 brand in croce (GoW, LBP, Shadow of the Colossus e Helldivers 2), buttati nella mischia senza un filo logico, non ha certo giovato al risultato: vero che ci troviamo, in definitiva, al cospetto di un progetto che non è altro che un gigantesco spot per il media, ma qua siamo davvero all’interno dei confini del marchettone più spudorato. Senza, tra l’altro, che vi sia il benchè minimo guizzo creativo.

Quindi, alla fine della visione di Secret Level che cosa ci resta? Beh, indubbiamente siamo al cospetto di un progetto che, pur mosso dagli immancabili motivi economici (l’industria videoludica è una delle più prolifiche al mondo, quindi in grado di garantire un bacino di spettatori immenso), non può fare a meno di lasciar trasparire anche la passione nei confronti del medium di riferimento. Sebbene non tutte le sortite siano riuscite in maniera perfetta, la qualità media si attesta su buonissimi livelli, visto il modo in cui riesce a condensare in script assai ridotti un nutrito numero di brand, famosi e non. Ad episodi meno dirompenti in quanto ad originalità, ma comunque assai solidi in quanto a costruzione (Sifu, The Outer Worlds, ma anche Armored Core), si affiancano anche idee fuori dagli schemi come quella riscrittura di PacMan che con tutta probabilità rivedremo a breve in Shadow Labyrinth (chi ha ispirato chi?). Il risultato finale, pur in presenza di inevitabili colpi a vuoto, non è comunque da disprezzare, anzi. L’augurio è che l’asticella venga alzata in occasione della prossima seconda stagione, anche se come primo esperimento il risultato portato a casa è tutt’altro che disprezzabile.