Secret Level Parte 1
di: Simone CantiniSi può condensare un videogioco in una manciata scarsa di minuti? Beh, messa così l’impresa non è certo delle più semplici, visto che parliamo di un medium che sembra divertirsi sempre più a dilatare i propri tempi di fruizione, come ci ha anche ricordato recentemente Shawn Layden. A Tim Miller, però, le sfide devono piacere davvero molto, visto c’è lui dietro a Secret Level, la serie antologica sui videogame che ha visto la prima parte sbarcare su Prima Video nella giornata di ieri. E dopo aver visto gli 8 episodi iniziali di questo attesissimo appuntamento, quale potrà essere mai la risposta alla domanda di cui sopra?
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Questione di tempi e di spazi
C’è uno sconfinato mondo dietro all’industria dell’intrattenimento digitale, un mare magnun in cui è letteralmente possibile perdersi tra IP vecchie e nuove, in perfetta salute o oramai sepolte tra le pieghe del tempo. Proprio per questo non deve essere stato semplice per Miller e soci operare una risicata cernita di sole 16 serie da trasportare sullo schermo, in una forma decisamente inusuale rispetto a quanto siamo abituati a vedere. 16 brand per altrettante puntate di Secret Level, la cui prima tornata ci ha permesso di trarre le conclusioni, per quanto ancora parziali, in merito a questa curiosa operazione. E di tornare, come già detto, alla domanda di partenza: è possibile ridurre a pochissimi minuti televisivi la corposa e dilatata essenza di un videogioco?
Ecco, la risposta ospita al suo interno luci ed ombre, figlie di quanto è scorso davanti ai miei occhi durante la visione delle puntate in questione. Che come era logico prevedere alternano cose molto buone ad altre decisamente più sottotono, o per meglio dire meno centrate ed a fuoco. Ed è proprio l’incipit dedicato a Dungeons and Dragons a rappresentare il peggior biglietto da visita che ci potesse essere per Secret Level, non tanto in quanto a pura cura realizzativa, quanto piuttosto per la scelta di un brand davvero difficile da trasportare in maniera efficace in un brevissimo corto animato. Racchiudere in una decina scarsa di minuti un mondo sconfinato e ricco di sfaccettature, che per sua stessa natura vive di tempistiche dilatate e racconti stratificati e complessi, era davvero un’impresa impossibile, al punto che l’episodio in questione è risultato essere il più debole del pacchetto. Un piccolo e sbrigativo bignami di quanto creato da Gary Gygax e Dave Arneson nei ruggenti anni ’70.
Dove è il pad?
Fortunatamente, si tratta davvero di un unicum in questa prima porzione di Secret Level, dato che già a partire dal successivo Sifu, la situazione subisce una piacevole (e pregevole) impennata qualitativa, dato il modo in cui ci ritroviamo a rivivere in maniera eccellente ed accorata il mood dell’imperdibile lavoro di Sloclap. Un cambio di rotta repentino, sia in termini stilistici che di pura sceneggiatura, decisamente più aderente all’immaginario della produzione francese. Un’aderenza che si respira in maniera marcata anche nelle sortite dedicate a Warhammer 40.000 (Titus e soci sono in forma smagliante) e ad Armored Core, che presenta un Keanu Reeves sempre più a suo agio nel calarsi all’interno di performance digitali. Da fan di vecchia data del brand From Software, non potevo che rimanere soddisfatto dal modo perfetto in cui il feeling di gioco, ma anche la sua lore tutt’altro che banale, hanno finito per essere circoscritte in un minutaggio così risicato.
A colpire nel segno, però, è anche la scelta di puntare su brand non certo caratterizzati da una narrativa ed una mitologia preponderante, come nel caso di Unreal Tounrament, che tanti lan-party ha animato quando ancora ero un giocatore PC. La storia cucita attorno al longevo arena shooter di casa Epic mette in scena una narrazione non certo originalissima in quanto a tematiche, oltre che un po’ troppo dilatata in fatto di durata, ma che dimostra l’abilità degli studi scelti da Miller in quanto a capacità di piegare i vari brand ad esigenze puramente televisive. Che poi è quello che succede anche nello spassoso corto dedicato a New World e all’adrenalinica e ben più complessa del previsto puntata incentrata sugli scontri che caratterizzano Crossfire.
Libertà creative
A spiazzare del tutto, però, è l’episodio incentrato sulla sfera mangiapalline più famosa del mondo videoludico, quel Pac-Man a cui lo stesso Miller, in occasione dell’incontro avuto durante Lucca Comics and Games 2024, aveva chiesto di prestare molta attenzione. Spiazzante e brutale, l’episodio in questione ci fornisce un’interessante visione alternativa del classico Namco, che colpisce nel segno per l’originalità della messa in scena e, soprattutto, l’efferata violenza che lo caratterizza. Un cortocircuito stilistico davvero niente male, capace di dare vita all’excursus sicuramente più personale ed intrigante di questo primo pacchetto.
Laddove è davvero difficile trovare pecche nel parziale assaggio di Secret Level è in merito alla sua pura realizzazione tecnica, visto il modo incredibile in cui i vari studi di animazione coinvolti nel progetto sono riusciti a trasferire sullo schermo anni ed anni di codificato immaginario. A prescindere dallo stile utilizzato, c’è solo da togliersi il cappello al cospetto della qualità generale, sia che si parli del simil cel-shading di Sifu, oppure del tecno-fantasy spinto di Pac-Man, o degli spazzi di incredibile fotorealismo che permeano D&D, Armored Core e, soprattutto, Crossfire. Certo, permane qualche lieve imperfezione per quanto concerne alcune animazioni, che tradiscono la natura digitale dell’operazione, ma che spariscono in un lampo una volta che ci lasciamo coinvolgere dalla turbinante e puntuale regia generale, ricca di trovate visive azzeccate ed in grado di garantire sempre un ritmo impeccabile. E in tal senso, l’incipit dell’episodio dedicato a Titus è una vera orgia visiva, adrenalinica e serrata come non mai.
A dispetto di quelle che potevano essere le lecite perplessità legate al progetto, il debutto di Secret Level non può che lasciare soddisfatti, al netto di qualche marginale criticità. L’operazione di adattamento dei vari brand è risultata essere rispettosa e precisa laddove serviva, senza però trascurare delle non certo trascurabili libertà creative che, se concretizzate come nel caso di Pac-Man, non possono che essere benvenute. A questo punto non resta che attendere il rilascio della seconda metà di quella che, mi auguro, non sia altro che la prima di numerose stagioni: il mondo del gaming ha ancora tanto altro da dare, perché limitarsi a soli 16 episodi?