TV Recensione

City Hunter

di: Andy Reevieny

In questo 2024 in corso, con sempre meno certezze e più nefandezze a livello globale, tra le poche sicurezze incrollabili che mi rimangono c’è l’opera che possiamo definire senza tema di smentita principale nella carriera del mangaka, Sensei Tsukasa Hōjō.

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Private eye – Shitī Hantā

Di ciò si tratta, City Hunter appunto, e non del pur stranoto a livello internazionale Occhi di gatto (Cat’s eye o  キャッツ・アイ?Kyattsu Ai in originale che di si voglia) sempre del nostro fumettista di riferimento, anche se oltre all’autore hanno svariati punti in comune su cui mi soffermerò in seguito. Tralasciamo pure il predecessore live action con Jackie Chan protagonista, che di City Hunter aveva giusto il titolo, e volendo manco quello. Chi ha tempo e voglia se lo recuperi pure non aspettandosi altro che un’oretta e passa di action col protagonista che fa il circense da par suo, qualche tentativo di gag e poco più.

Dicevamo che dal 25 aprile 2024 è disponibile su Netflix la trasposizione in live action di City Hunter il cui titolo originale nipponico peraltro è una volta tanto mantenuto letteralmente. La sinossi del film è facilmente riassumibile, specie se si ha dimestichezza con l’opera originaria, con il duo principale composto dal protagonista della serie, l’investigatore privato Ryo Saeba qui interpretato da Ryohei Suzuki e il suo socio-amico fraterno Hideyuki Makimura (Masanobu Ando) cui succede la “sorella” di quest’ultimo Kaori (Misato Morita), per risolvere un caso che li vede coinvolti tutti e tre  con la polizia impegnata a sua volta nelle indagini che riguardano il traffico di una sostanza illegale, la più potente e dagli effetti collaterali più incredibili droga in circolazione: angel dust.

Sweeper

Ho introdotto il nostro come detective, investigatore privato, ma appunto sweeper è il termine più appropriato, quello che viene usato anzitutto nel manga, eventualmente anche in parte dell’anime, e significa letteralmente spazzino, perchè Ryo Saeba è questo che fa: ripulisce le strade di Tokyo prevalentemente, dove è ambientata la storia, dai criminali.

Dunque si tratta almeno all’inizio di un killer a pagamento, di un sicario, sul lavoro infallibile, inesorabile, con una preparazione ed un addestramento militari che in manga e anime vengono disvelati nella storia quando si tratta del passato. Il film si concentra però anzitutto sul presente, e sul rapporto Ryo, Makimura e poi Kaori che, si spera di non spoilerare, ma è colei che lavorando e vivendo col nostro protagonista, è anche quella che deve tenere a bada il suo lato più autentico, cioè di inguaribile zuzzurellone, donnaiolo incallito con tanto di continue incontenibili erezioni alla sola presenza delle fanciulle che puntualmente sono sue clienti, e non solo.

XYZ

Questo è il messaggio in codice che chi vuole contattare Saeba deve scrivere sulla bacheca della stazione di Shinjuku a Tokyo. Il fatto che la storia originaria sia ambientata negli anni ottanta del novecento quando Hojo realizzò l’opera, è indifferente per il nostro film che invece si ambienta nel presente con tutto ciò che implica in termini anzitutto tecnologici, di diffusione di social media, in particolar modo nella cultura di massa nipponica, da sempre all’avanguardia. Si vedono qui insomma smartphone ma anche la iconica Mini Minor rossa, per dire.

Ritroviamo  il mondo del cosplay che serve come espediente narrativo, scene di sangue per non parlare di quelle più sessualmente esplicite ridotte proprio al minimo e castigatissime, di certo non al limite dell’hentai come capita sovente anzitutto col cartaceo di City Hunter, per non parlare del summenzionato trio di sorelle Occhi di Gatto che, non ci giriamo intorno, hanno insieme a Lamù e in generale le opere di quell’altro genio che risponde al nome di Rumiko Takahashi, creato l’immaginario collettivo erotico legato al femminile, con personaggi letteralmente uno più bello dell’altra creati ad arte.

City Hunter  conta su un un cast in parte, proprio a livello di phisique du role, a partire dai protagonisti, e questa è ormai una costante quando si lasciano queste produzioni in mano ai nipponici. Azione ed fx non sempre  all’altezza, seppur gli stunt siano in media soddisfacenti, non siamo certo dalle parti nemmeno lontanamente di titoli alla John Wick per intenderci, a mio avviso neanche di recenti trasposizioni come il Jigen su Prime Video, per restare sulla falsariga.

Alla base della storia c’è l’amicizia fraterna fra Ryo e Makimura, cui il nostro eroe fa una promessa solenne che cerca di mantenere a un prezzo altissimo, compito improbo perfino per un infallibile come lui. Tutto è sempre giocato tra il demenziale e la tragicità che domina soprattutto l’inizio della storia per essere poi nel tempo fortemente mitigata a favore della prima. Il film di per sè, pur con tutto l’affetto, può risultare insoddisfacente, ma a mio avviso merita che almeno gli sia data una possibilità perchè butta il cuore oltre l’ostacolo e cerca di condensare il rapporto speciale, martellante, tra Kaori e Ryo che è il fulcro della storia, prima della risoluzione dei vari casi che si presentano ai nostri.

Menzione d’onore all’utilizzo di brani ormai cult della colonna sonora dell’anime come Get wild che si sente anche nei trailer. Io mentre scrivevo ho ascoltato in loop la splendida Atsuku Naretara, per dire, ed è sempre come la prima volta.