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Broken Rage
di: Andrea CamprianiMentre finalmente la ennesima (71°) kermesse nella città dei fiori volge al termine, i titoli nuovi di interesse in sala aspettano ancora qualche giorno ad arrivare, dunque è il caso di dedicarsi agli altri interessi, salvo fare” zapping” tra i canali dell’ondemand. Figurati però se spunta fuori qualcosa di nuovo e ganzo.
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Prova a beat-terlo
Colpo di scemo: dal 13 febbraio 2025 è disponibile su Amazon Prime Video, l’ultima fatica del settantottenne Maestro Sensei Takeshi “Beat” Kitano che nuovamente scrive, dirige e interpreta, intitolata Broken Rage.
La sinossi del film è presto detta: uno yakuza (lo stesso Kitano, tanto per cambiare) viene “bevuto” come si dice in gergo dagli sbirri di turno (rispettivamente gli attori Tadanobu Asano e Nao Omori nei panni dei detective Inoue e Fukuda) e deve collaborare con la polizia infiltrandosi nella mala per loro. Fin qui direte, solita roba, trita e ritrita, oltretutto dura anche poco rispetto agli standard (106 minuti), e qui vi fermo subito, anzi ci pensa direttamente il film.
Beat-tute a raffica
Il bello viene adesso perchè Broken Rage è sostanzialmente diviso in parti con tanto di intermezzi didascalici (ndr al momento è disponibile solo in VO sub ma si seguono senza particolari problemi) e la prima è il vero e proprio yakuza movie col nostro Kitano per l’ennesima volta dopo capolavori e capodopera quali, tra gli altri, Hana-Bi, Brother, Zatoichi, Sonatine, la trilogia di Outrage… (da recuperare dal primo all’ultimo, appunto) tratta della malavita nipponica ben conscio anche della storia del genere come polar, thriller poliziesco… d’occidente, che rielabora.
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All’inizio dunque il nostro è l’ennesimo killer, sicario, spietato che fa almeno il doppio gioco, infallibile o quasi. Poi, come in un film ad episodi, quale in realtà è, il tutto degenera nel demenziale e il nostro si ricorda e ci ricorda di aver iniziato come comico, quando la stand-up comedy non era di moda manco nel sol levante.
Beat-toria toria
Broken Rage vola, tiene in tensione, non lesina scene cruente, intrattiene e diverte letteralmente con una durata perfetta, è l’ennesima riconferma, ove mai ce ne fosse bisogno, che Takeshi Kitano non ha da tempo più alcunchè da dimostrare, eppure continua imperterrito, strabattendosene come non mai di tutto e di più, e facendo il suo cinema, la sua arte.
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Da Takeshi’s Castle (il programma tv di culto storico della Gialappa’s Band Mai dire Banzai, con il quale esordirono nella allora Fininvest del Silvio Biscione; il personaggio col testone finto soprannominato Mashiro Tamigi da Giorgio Gherarducci, Carlo Taranto e Marco Santin è nient’altro che Beat Takeshi stesso super deformed), fino appunto ai film che lo vedono dall’inizio regista, sceneggiatore, attore e talvolta anche produttore di se stesso, non finiremo mai di fare inchini di gratitudine a questo geniaccio. Il miglior modo allora è non smettere mai di seguirlo, sperando non se ne accorga perchè non è proprio il caso di far arrabbiare Kitano San.