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Recensione Yooka-Laylee

di: Simone Cantini

La Rare è morta (?), viva la Rare. Anche se ora sembrerebbe quasi più logico chiamarla Playtonic, questo difatti è il nome scelto dal gruppo di esuli della popolare compagnia britannica, sotto la cui ala creativa ha preso vita, dopo una campagna crowdfunding, Yooka-Laylee, l’erede spirituale della coppia Banjo-Kazooie che i fan di mezzo mondo aspettava con ansia. Uscito già da qualche mese per PS4 e Xbox One, il dinamico duo è da pochissimo sbarcato anche su Switch, e noi abbiamo colto la palla al balzo per proporvi finalmente le nostre impressioni in merito a questo atteso titolo.

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Non ci eravamo già visti prima?

Yooka-Laylee sembra quasi piombarci addosso direttamente dagli anni ’90, periodo di sicuro florido ed indimenticabile per gli amanti dei platform 3D, sia per motivi puramente storici che ludici. Questo suo sapore fortemente retrò è avvertibile sin dai primissimi istanti, quelli che servono ad introdurre l’esilissima trama che funge da blando incentivo all’azione: il perfido Capital B, aiutato dallo strambo Dr. Quack, ha deciso di sottomettere l’intera letteratura del mondo conosciuto, così da poterne trarre un personalissimo e smodato profitto. L’unico modo per impedire che questo accada è raccogliere tutte le Pagie (no, nessun errore) disseminate all’interno dei 5 Grandi Tomi, così da scongiurare ogni pericolo. Come già detto nulla di così funambolico, ma solo un piccolo pretesto buono a catapultarci in una complessa raccolta spalmata lungo 5 distinti mondi, a cui si aggiunge un hub centrale. Si tratta di una scelta non certo inedita per chi ha già qualche annetto alle spalle, declinata all’interno di un gameplay che farà di sicuro la gioia di tutti i nostalgici delle avventure targate (per l’appunto) Rare. Peccato che, nonostante i pregevoli e filologicamente corretti principi che muovono l’operato di Playtonic, sia impossibile non evidenziare come simili meccaniche, se non opportunamente attualizzate, finiscano per perdere malamente gran parte del loro passato successo.

Un mero collage

Yooka-Laylee cade, difatti, ben presto vittima del suo retaggio passato, prevalentemente a causa di alcune scelte stilistiche che, pur con tutta la buona volontà e l’affetto di questo mondo, è sinceramente impossibile accogliere con lo stesso entusiasmo dei bei tempi andati. Concettualmente non c’è nulla di sbagliato nel gameplay proposto da Playtonic, peccato che la maniera in cui questo ci viene presentato evidenzi alcune consistenze lacune in termini di ritmo e coesione. A pesare come un macigno, dato lo spirito collezionistico su cui il gioco si poggia, è in primis l’assenza di una mappa in grado di aiutare il giocatore ad orientarsi all’interno dei vari mondi: passi pure la volontà di non accompagnare (per fortuna!) il giocatore ad ogni passo, ed infatti in questo Yooka-Laylee è invero assai brutale, ma è evidente come il ritrovarsi a girare spesso senza meta all’interno di un mondo non certo ristretto in cerca di Pagie e Piume (ci arriveremo tra poco), finisca per spezzettare un po’ troppo la progressione del giocatore. Sì, perché al reperimento di questi due collezionabili è demandato lo sblocco e l’ampliamento delle porzioni esplorabili dei vari mondi. Se riguardo ai magici fogli c’è poco altro da dire, conviene spendere qualche parola sulle seconde, in pratica la valuta del gioco tramite la quale sarà possibile acquistare nuove mosse dal sinuoso commerciante Trowzer. Queste, man mano che avanzeremo nell’avventura, ci permetteranno di risolvere le varie sfide e gli enigmi presenti nei vari livelli, sempre interessanti e quasi mai scontate (al pari delle boss battle), ma che in assenza di un trait d’union che funga da ideale filo conduttore, appiono quasi buttati là tanto per fare numero. I mondi, difatti, finiscono quasi per essere meri contenitori, asettiche cornici differenti unicamente per estetica, tra l’altro di qualità altalenante in alcuni frangenti. E vista la quantità di oggetti da raccogliere, utili anche per sbloccare qualche minigioco arcade dal taglio ancora più retrò, spiace che l’esplorazione avvenga in modo così meccanico e didascalico.

Regia migliorata

A livello tecnico i ragazzi di Playtonic sembrano aver fatto tesoro delle critiche mosse loro in occasione della prima release di Yooka-Laylee, principalmente da imputare ad un’implementazione quasi criminale (visto il genere di appartenenza) della telecamera. Le cose, fortunatamente, sono ora tornate su binari decisamente più corretti, nonostante permangano ancora alcune percettibili incertezze, sintetizzate in modo perfetto da un porzione isometrica ambientata nel secondo mondo. I passi in avanti compiuti sono, comunque, decisamente notevoli ed ora è finalmente possibile giocare in tutta tranquillità con Yooka-Laylee. A questo punto mi auguro soltanto che una piccola taratura venga effettuata anche sui controlli, talvolta un po’ troppo schizofrenici come nel caso della gestione del rotolamento del nostro verde camaleonte. Sotto il profilo puramente tecnico, pur al netto di un piccolo downgrade che va principalmente ad impattare sul frame rate, ridotto a 30 frame al secondo su Switch, la versione per la macchina Nintendo si comporta decisamente bene, sia in modalità portatile che fissa. Il merito, comunque, è da ritrovare in un quadro scenico non certo complessissimo, come evidenziano la modellazione poligonale alquanto elementare degli ambienti e le texture non sempre al top. Fortuna che il tutto sia calato all’interno di una caratterizzazione fumettistica di buon livello, in grado di far passare rapidamente in secondo piano limiti che sarebbero apparsi molto più massicci in produzioni dal taglio più realistico. Old school, pertanto stavolta davvero piacevolissimo, l’accompagnamento sonoro, che strizza più di un orecchio alle produzioni della Rare che fu, così come calzante è stata la scelta far esprimere i personaggi attraverso un incomprensibile serie di borbottii.

Yooka-Laylee è un titolo fortemente ancorato agli anni ’90, con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti che, di sicuro, non mancheranno di dividere l’utenza tra nostalgici entusiasti e moderni insoddisfatti. L’idea ludica alla base dello spassoso duo, ben caratterizzato da un umorismo citazionistico e non certo restio ad abbattere la cosiddetta “quarta parete”, è strutturalmente corretta, ma finisce per cozzare in modo marcato con tutte le innovazioni che il medium videoludico si è portato appresso in questi ultimi anni. L’opera targata Playtonic è difatti un sentito ed accorato omaggio ad un modo di intendere i videogame che, ahinoi, oggi sembra quasi dimenticato, ma che non sarebbe certo stato un peccato mortale tentare di attualizzarlo un poco, pur rimanendo fedeli a tali giocosi principi. Un lavoro sincero, eredità concreta del lascito di Banjo-Kazooie/Tooie, ma che per come è presentato oggi finisce per apparire più giovanilistico che giovanile.