Recensione Wanderer
di: Marco LicandroOddboy ed M-Theory portano su Playstation VR una avventura grafica vecchio stile, ricca di ambientazioni ed elementi puzzle degni di una escape room, trasportandoci in vari luoghi e diverse epoche così da risolvere il mistero che pervade questa interessante avventura.
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Un destino alterato
Come reagireste se un giorno vi dicessero che il mondo che pensate di conoscere non è che una variante di quello che originariamente doveva essere? Ossia state vivendo una versione modificata degli eventi per via di qualcuno che li ha manomessi tornando indietro nel tempo? Suona ancora complicato? Certo, perché lo è. Fatto sta che al nostro protagonista non sembrerà strano trovarsi in una città post-apocalittica sommersa dall’acqua, né tanto meno troverà sorprendente la notizia che i primi uomini sulla luna siano stati i russi. Ma quando troverà un misterioso orologio senziente capace di sballottarci attraverso l’arco temporale, beh, le cose cambieranno.
Punta e Afferra
Come le vecchie avventure anni 90 in due dimensioni, chiedendoci di scoprire l’ambiente circostante e cliccare su ogni possibile pixel così da scoprire ogni oggetto ed interazione disponibili, Wanderer fa lo stesso ma in VR. Dopo una sezione iniziale che fungerà da tutorial, nonostante sia essa abbastanza avventurosa, le cose si faranno più pacate nel momento in cui l’ambiente di gioco si ridurrà ad un appartamento, al buio, con le sole luci provenienti dalle finestre. Qui il gioco da il meglio di sé, spronando il giocatore ad esplorare le varie stanze, aprire ogni cassetto, toccare ogni bottone, e parlare con l’orologio senziente che si scoprirà avere svariate utilità, il tutto per avere un senso generale della situazione e capire quindi come andare avanti. L’ammontare di oggetti a disposizione sembrerà distrarre il giocatore, anziché aiutarlo, visto che svariati saranno disponibili sin dall’inizio, ma solo più avanti nell’avventura il nostro cervello farà il click necessario per capirne il corretto utilizzo. Vi saranno svariati punti morti dove dovremo andare a tentativi, passando le ore senza sapere esattamente come procedere, ma in nostro aiuto verranno gli indizi, sorprendentemente sparsi ovunque e per niente ovvi, che ai nostri occhi otterranno senso solo una volta colto lo scopo della missione attuale.
Dobbiamo tornare indietro
L’orologio senziente di cui abbiamo accennato prima sarà nostro compagno fedele, e ci permetterà di spostarci nel tempo in determinati eventi, tenere alcuni oggetti per noi come una sorta di inventario temporale, nonché aiutarci fisicamente o grazie agli indizi che ci verranno forniti. Sotto questo aspetto c’è un’unica pecca per noi italiani: la sola presenza della lingua inglese, senza sottotitoli. Purtroppo, la mancanza di un doppiaggio o una traduzione azzererà probabilmente le chance di molti di provarlo, visto anche l’importanza essenziale della narrazione, nonché gli indizi parlati per aiutarci a capire il da farsi. Andando avanti con la storia, troveremo alcuni oggetti temporali che, introdotti nel nostro compagno ad ingranaggi, ci trasporterà in luoghi completamente opposti ma soprattutto in archi temporali distinti, creando quella sensazione di novità e stupore mentre dal bagliore bianco, presente durante il viaggio, inizia a crearsi un nuovo paesaggio dinnanzi ai nostri occhi, seguito da secondi di esplorazione visiva, spronandoci a guardarci intorno muovendoci su noi stessi, così da avere un certo contesto mentale sul luogo in cui siamo, il tempo, e cosa stia succedendo in questo determinato momento temporale.
Apri Raccogli Spingi Tira
Mentre nelle vecchie pixel-arts dovevamo scegliere il comando esatto da effettuare sugli oggetti — dato che “usa” sembrava una parola tabù per l’epoca (così vaga!) — in VR non dovremmo preoccuparci di questo, visto che il movimento stesso sarà sufficiente per qualsiasi tipo di interazione. Potremo afferrare oggetti ed utilizzarli, nonché aprire o chiudere porte, ante e cassetti, o anche scatole, spostare oggetti e scagliarli, digitare codici, scrivere a macchina, tagliare fili, disinnescare bombe (?). Insomma l’ammontare di azioni disponibili sarà dettata dalla situazione e dagli utensili a disposizione. L’unica pecca sono proprio gli oggetti e la loro interazione con essi, che il team non sembra essere stato in grado di gestire al meglio. Dopo aver giocato svariati giochi in VR, sappiamo come l’utilizzo degli oggetti sia sempre più reale e tangibile, ma questo non accade in Wanderer, per via di interazioni strane o non intuitive. Sono riuscito a morire durante il tutorial, nonostante il da farsi fosse più che chiaro, in quanto non riuscivo a centrare l’unico e solo modo di utilizzare una spranga per aprire una cassa di legno, cosa che si è rivelata una impresa alquanto ostica e bizzarra. Il titolo infatti è programmato per far partire le interazioni con gli oggetti solo se queste si posizionano così da programma, ma questo significa che, spesso, la sensazione sia quella di avere oggetti privi di fisicità, e sarà necessario agitarli fino a trovare la giusta interazione. Questo non succede sempre, in quanto altre volte, ad esempio, la nostra mano si piegherà se troppo vicina al muro o al pannello che avremo di fronte, e gli oggetti potrebbero sbattere per le pareti o rimanere incastrati nell’arco di una porta, ma la sensazione generale è che la fisica sugli oggetti sia abbastanza rudimentale, cosa che è un peccato visto che il 90% del titolo si basa sul loro utilizzo.
Vari livelli di comfort
Essendo un gioco in VR è importante parlare di comodità, in quanto se soffrite o avete almeno una volta sofferto di motion sickness, ossia nausea e vertigini da gioco, non siete i soli. Wanderer offre diverse modalità di navigazione, permettendo quella fluida in locomotion per i puristi (nonché gente dallo stomaco forte), andando al classico teletrasporto, meno immersivo ma sicuramente un’ottima scelta per evitare di dovere interrompere il gioco per via di un malessere. Personalmente ho provato entrambi e alla fine ho preferito il teletrasporto, più che altro perché il costante avanti e indietro, e guardare ogni singolo dettaglio in luoghi abbastanza chiusi, dopo un po’ mi ha portato a dover fare una pausa, mentre questo non accade quando utilizzo questo metodo più statico. In entrambi i casi non vi è comunque nessuna spiegazione del perché il gioco metta dei muri invisibili in fronte al giocatore, che si troverà a domandarsi se stia facendo qualcosa male o effettivamente il gioco abbia deciso che quella determinata zona sia off-limits, sullo stile di “guardare e non toccare”. Questo porta un po’ di frustrazione vista anche la natura esploratrice del titolo, che premia il giocatore con svariati power-up da trovare e utilizzare per aggiornare il nostro orologio, visto che i muri limitano e al contempo nascondono le reali dimensioni dell’area, confondendoci e portandoci a supporre che alcune zone non siano esplorabili quando invece lo sono, e via dicendo.
In conclusione
Wanderer è sicuramente un titolo divertente e ben fatto, con una componente narrativa importante e ben dettagliata, ed una cura nei puzzle presenti e negli indizi offerti (con il contagocce) degna di nota. Tuttavia, come anche ammesso dagli sviluppatori, il titolo non presenta momentaneamente una qualsivoglia forma di sottotitolo, benché meno traduzione, rendendo il gioco meno accessibile al pubblico italiano. La componente visiva incanta e meraviglia con i suoi ambienti curati e maestosi, leggermente meno incantevole quella tecnica, per via di alcune pecche sulla fisica di gioco e sull’esplorazione, ma che rimane pur sempre valida. Consigliato per i futuri viaggiatori nel tempo in cerca di una puzzle adventure quasi vecchio stile.