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Recensione Waltz of the Wizard

di: Simone Cantini

Sicuramente, a meno di non esservi affacciati solo oggi sullo sfolgorante panorama videoludico, ricorderete tutti The Dark Sorcerer, la spettacolare tech demo sviluppata da Quantic Dream che servì come primo assaggio della potenza computazionale di PS4. Un filmato mai concretizzato in un gioco vero e proprio, ma che per tanti motivi mi è tornato alla mente quando mi sono approcciato a Waltz of the Wizard, con cui ha qualche leggerissima analogia, più che altro puramente concettuale. Il titolo sviluppato dagli islandesi ragazzi di Aldin, pur con i bravi distinguo del caso, rappresentò al momento del suo debutto sul mercato una sorta di ideale tech demo della potenza della realtà virtuale, grazie ad una serie di intuizioni tanto semplici quanto spettacolari. Un sense of wonder che, nonostante siano trascorsi un po’ di anni da quel lancio, ho ritrovato in parte anche oggi grazie a PSVR2, per quanto lo scorrere del tempo abbia finito per appannare sensibilmente lo splendore originario di questo magico (in tutti i sensi) concept.

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A volte ritornano

Tutto aveva avuto inizio nel lontano 2016, sotto forma di demo gratuita per gli allora dispositivi VR, destando subito l’interesse della platea grazie alla qualità dell’immersione garantita da questo piccolo simulatore di stregone. Nei panni, letteralmente parlando, di un novello Merlino digitale, gli sviluppatori di Aldin ci accompagnavano all’interno di un’esperienza sandbox, in cui si era liberi di sperimentare vari incantesimi, da realizzare mescolando con estrema naturalezza gli ingredienti a nostra disposizione. Niente di sconvolgente, se pensiamo oggi ai progressi compiuti dalla realtà virtuale, ma l’immediatezza con cui era possibile interagire con l’ambiente circostante, valeva da sola il prezzo del biglietto. Un successo che, qualche anno dopo, vide gli sviluppatori costretti ad espandere il tutto, grazie all’aggiornamento Natural Magic, che oltre ad introdurre nuove stregonerie, vide l’aggiunta di un intero labirinto da esplorare, con tanto di storia dedicata. Ed è proprio questo pacchetto full optional che ha da qualche giorno fatto la sua comparsa su PSVR2, assieme ad una manciata di nuove feature rese possibili dalle capacità dell’hardware Sony. A rimanere immutato è stato il flow di gioco, che oggi come allora presenterà quello che possiamo considerare come il tutorial di Waltz of the Wizard, in cui apprenderemo i rudimenti dell’arte magica, combinando gli ingredienti necessari a realizzare i vari incantesimi, ed esplorando le sale della nostra magione. Un vero e proprio e prologo giocabile, completabile nell’arco di un paio di ore, che servirà principalmente a prendere dimestichezza con i controlli, sia fisici che vocali, indispensabili per attraversare i vari livelli della Observer Fortress, il complesso di piani che caratterizzano lo story mode, che potremo anche affrontare in modalità endless, solo per il piacere di dare libero sfogo al nostro estro magico.

L’importanza delle parole

L’esperienza ludica di Waltz of the Wizard, al di là del suo essere nella sua incarnazione cardine una sorta di dungeon crawler, ruoterà tutta attorno alla possibilità di lanciare vari incantesimi, che potremo scatenare utilizzando la nostra voce. Il prologo, difatti, ci permetterà di mettere le mani su di un peculiare anello, tramite il quale sarà possibile recitare realmente i vari comandi, in lingua inglese, che daranno vita agli effetti più disparati. Vogliamo scatenare una palla di fuoco? Basterà gridare create fireball per vedere le nostre mani incendiarsi, così da permetterci di lanciare contro le varie minacce globi di fuoco come se non ci fosse un domani. Preferiamo affidarci al freddo acciaio, ma rimanendo ben distanti dai nemici? Non dovremo fare altro che invocare la presenza di una balestra, ed il gioco è fatto. Si tratta solo di un piccolo esempio di quello che il gioco ha da offrire, dato che tra gesture, comandi vocali ed eye tracking, sono centinaia le possibilità di interazione effettiva garantite da Waltz of the Wizard. Ed in tal senso la naturalezza con cui è possibile interagire con l’ambiente, oltre a dare vita ai vari incantamenti, è davvero apprezzabile, anche se la pronuncia (in caso delle interazioni vocali) dovrà essere il più previsa possibile, pena la non corretta esecuzione del comando. Interessante, per quanto in fin dei conti marginale, la possibilità di intraprendere l’avventura all’interno della Observer Fortress in compagnia di un secondo giocatore, che sarà in grado di controllare direttamente sullo schermo della TV uno spirito amico, il quale potrà dare una mano contro le varie minacce. Un comparto multiplayer asimmetrico non certo epocale, ma comunque piacevole da trovare nel pacchetto.

Un po’ di polvere sotto il tappeto

A livello tecnico, nonostante gli anni che si porta sul groppone, Waltz of the Wizard si difende abbastanza bene ancora oggi, soprattutto per quanto concerne l’effettistica generale ed alcuni elementi scenici. I quasi 7 anni che ci separano dal debutto, visti anche i progressi fatti registrare dal software virtuale, si avvertono principalmente in relazione ai modelli dei personaggi secondari e del bestiario, invero un po’ grezzi, così come nella rappresentazione scenica dei livelli della Observer Fortress, che sono risultati sin troppo essenziali e spartani. I limiti di quella che era fondamentalmente una tech demo, corretta in corso d’opera grazie all’espansione Natural Magic, emergono alla lunga, data la fisiologica ripetitività scaturita dai livelli che caratterizzano il suddetto story mode. È inevitabile, difatti, che lo stupore maggiore offerto dalla produzione si esaurisca prevalentemente all’interno del prologo, quando scopriamo poco alla volta quelli che sono i gimmick alla base del titolo, comunque in grado di valere da soli il prezzo del biglietto, tra l’altro decisamente contenuto vista la corposità dell’esperienza complessiva.

Il tempo non è stato troppo clemente con Waltz of the Wizard, dato che giungere su PSVR2 a quasi 7 anni dal suo debutto come demo (invero un’eternità in ambito videoludico), non può che mettere in evidenza i limiti di una produzione nata sotto ben altre ambizioni. La presenza del pacchetto Natural Magic, introdotta a suo tempo per espandere l’offerta originale, ha comunque il pregio di espandere in maniera interessante il concept di base, nonostante la fisiologica ripetitività del flow di gioco. Sarebbe comunque ingiusto penalizzare troppo un’esperienza sicuramente assai immersiva, oltre che ricca di spunti davvero interessanti, soprattutto se calati all’interno di un contesto virtuale. Un titolo indubbiamente da provare e gustarsi, consapevoli però di come le sua fondamenta poggino su basi VR in parte datate.