Recensioni

Visage

di: Simone Cantini

Ci sono momenti, nella storia videoludica, capaci di ritagliarsi il proprio spazio con veemenza, finendo per cristallizzarsi nella memoria degli utenti e dare vita ad esperienze uniche e, a volte, rivoluzionarie. Un esempio piuttosto recente di quanto appena scritto non può che essere il famoso teaser interattivo reso disponibile da Sony qualche anno fa, quel P.T. oramai divenuto leggenda, anche se non solo per motivi squisitamente positivi. Alla sorpresa per la genialità nascosta in quel lungo corridoio, un insieme di idee capaci di reggere senza intoppi un qualsiasi videogioco, seguì l’esaltazione nello scoprire l’esistenza di Silent Hills, il seguito che mai fu della saga Konami che avrebbe visto il coinvolgimento di Hideo Kojima, Guillermo Del Toro e Norman Reedus, “riciclatisi” poi in Death Stranding. Al netto di un qualcosa che mai finì per concretizzarsi, il seme era stato gettato, e numerosi sono stati i titoli che hanno cercato di catturare lo spirto di quella particolare demo, spesso fallendo miseramente. Poi è arrivato Visage.

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Frammenti di vite spezzate

Un uomo sta tranquillamente fischiettando immerso nell’ombra, mentre in sottofondo si odono dei lamenti sommessi che si fanno via via sempre più forti. La scena si allarga, la luce inizia a prendere poco a poco il sopravvento, e vediamo la figura armeggiare con una pistola, mentre attorno a lui spuntano 3 figure incappucciate e legate: una donna, un ragazzo ed una bambina. I pianti strozzati si fanno sempre più forti, mentre l’uomo si avvicina ai prigionieri e li uccide seraficamente uno ad uno, prima di togliersi lui stesso la vita. Buio. Silenzio. Riapriamo gli occhi e ci ritroviamo in una stanza, così stranamente familiare, con una sola porta come via di uscita. La apriamo e quello che ci troviamo davanti è un piccolo corridoio che conduce al salotto di una casa, la casa che sarà il teatro degli orrori messi in scena dai ragazzi di SadSquare Studios, gli autori di questo Visage. Nei panni dell’uomo intravisto in apertura inizieremo ad esplorare l’abitazione, minacciati da presenze oscure in grado di minare la nostra sanità mentale, nel tentativo di venire a capo del mistero che aleggia all’interno delle mura, rivivendo sulla nostra pelle la sorte di alcuni degli sfortunati inquilini precedenti. Strizzando l’occhio in modo palese alla creatura di Kojima, ma anche alla saga che avrebbe dovuto portare a nuova vita (soprattutto al sottovalutatissimo quarto episodio, a cui è dedicato anche un esplicito omaggio), Visage è uno degli horror più convincenti e riusciti dell’ultimo periodo, capace di andare oltre i soliti ed oramai abusati cliché di genere, centellinando i jump scare e basando la propria potenza emotiva su di una atmosfera magistralmente orchestrata. I quattro capitoli che compongono le oltre 10 ore dell’avventura, difatti, propongono ciascuno un’esperienza di gioco quanto mai variegata e differente, dotati come sono ognuno di un proprio particolare schema ludico, capace di sviscerare peculiari aspetti del survival horror, ma collocando il tutto in un quadro estremamente coerente, che ha nella casa (e nelle ambientazioni collaterali) il suo perfetto palcoscenico. Visage è un titolo difficile, sia nel suo approccio ludico che nella narrazione, mai troppo esplicita e ricca di suggestioni visive, ma anche ostico da tollerare per la propria spaventosa potenza espressiva, che senza ricorrere a beceri trucchetti è in grado di instillare nel giocatore un senso di terrore e pericolo ad ogni passo. I ragazzi di SadSqaure hanno dimostrato, nonostante la giovinezza del team, di conoscere bene la materia trattata, prendendo la base del citato P.T., come punto di partenza, attorno al quale cesellare un insieme di situazioni sicuramente eccellenti, ma che proprio per l’inesperienza del gruppo non risultano sempre perfettamente a fuoco.

A spasso nell’incubo

Nel suo essere un survival horror in prima persona, Visage funziona molto bene, proponendo un approccio basato sull’esplorazione e la risoluzione di enigmi. Ovviamente la nostra non sarà una passeggiata, dato che oscure presenze si annidano nei vari ambienti di gioco, la cui comparsa è legata al nostro livello di sanità mentale. Prendendo in prestito quanto già visto in Amnesia, il nostro protagonista dovrà evitare di rimanere al buio troppo a lungo, pena l’aumento di fenomeni paranormali, a cui è collegata la comparsa dell’avversario di turno. Per ovviare a tale problema, pertanto, dovremo ricorrere a lampadine, candele e accendini, ma sarà anche necessario scendere a patti con un sistema di generazione delle manifestazioni extraterrene completamente randomico, elemento che riesce ad acuire sapientemente il senso di tensione e smarrimento. Dove è, allora, che Visage inizia a perdere qualche pezzo di questo terrificante mosaico? I limiti principali sono da riscontrare in una progressione non sempre chiarissima, che a causa di un’assenza di obiettivi ben determinati rende necessario un incessante backtracking, nella speranza di imbattersi nell’oggetto o nella situazione utile a proseguire lo sviluppo. Questo si riflette anche in parte degli enigmi, a tratti davvero aleatori e che appaiono poco coerenti in termini di causa/effetto, elemento che potrebbe portare i meno pazienti a gettare la spugna con largo anticipo. Questo è avvertibile soprattutto nel secondo capitolo (Dolores) e nella parte finale, davvero allucinante in quanto a risoluzione e ambientazione. Da rivedere anche la gestione dell’inventario, che prevede l’utilizzo di un oggetto per mano ma che risulta quanto ma scomodo da utilizzare: per fortuna i ritmi di gioco sono tutto sommato compassati e consentono di sopperire a questa macchinosità eccessiva.

Il rumore della paura

Sin dall’inizio della recensione non ho potuto fare a meno di spendere lodi nei confronti dell’atmosfera generale di Visage, ma questa non avrebbe goduto di tutto questo risalto se non fosse stata accompagnata da una direzione artistica di primissimo livello, che va a braccetto con una realizzazione tecnica anche essa davvero convincente. Ancora una volta l’Unreal Engine 4 dimostra tutta la propria solidità, se messo in mani capaci, restituendo una resa ambientale pulitissima e curata, nonché ricca di dettagli. Stupisce davvero constatare la perizia con cui un piccolo team è riuscito a dare vita ad un’ambientazione tanto complessa, in cui le architetture tipiche di una villetta americana si fondono con allucinazioni visive e scenari disturbanti, che si mescolano con estrema naturalezza durante il corso dell’avventura. Luce ed effetti ricoprono anche essi un ruolo di spicco nell’economia generale, così come ottimamente realizzati sono i vari modelli delle creature che scorgeremo durante il nostro vagare. La parte del leone, però, spetta all’impressionante comparto audio della produzione SadSquare, che ha nell’effettistica ambientale una delle vette espressive del genere: scricchiolii, lamenti, sussurri e quanto altro contribuiscono a rendere palpabile ed avvolgente la tensione, grazie anche alla natura non scriptata di simili manifestazioni. Il consiglio, se amate il brivido, è come sempre quello di giocare il tutto di notte e con un buon paio di cuffie, così da garantirvi un’immersione totale. Presente anche una localizzazione testuale in italiano, che pur sorvolando su qualche scivolone, si attesta su discreti livelli.

Pur al netto dei suoi evidenti errori di gioventù, Visage è sicuramente uno dei modelli che il genere horror dovrà prendere come modello negli anni a venire, vista la maniera esemplare con cui riesce a riscriverne e reinterpretarne parte dei fondamenti. L’avventura firmata SadSquare Studios, difatti, è estremamente convincente nella sua struttura e nelle sue velleità espressive, con una casa in grado di rubare la scena e di mutare costantemente sotto gli occhi del giocatore, dimostrando come la lezione di P.T. sia stata metabolizzata e, per certi aspetti, ampliata e superata. Visage è un manifesto di quanto di meglio l’horror videoludico ha saputo proporre nel corso degli anni, una lettera d’amore accorata a questa tipologia ludica in grado di terrorizzare come difficilmente è successo prima. Il troppo entusiasmo, però, ha finito per scontrarsi inevitabilmente con la gioventù del team di sviluppo, contrasto che si porta dietro una progressione sin troppo fumosa ed enigmi che finiscono per essere annacquati in maniera eccessiva da un backtracking a tratti davvero casuale, a cui si unisce una gestione dell’inventario quanto mai farraginosa. Visage è un titolo difficile, come recita apertamente ad inizio partita, ma per certi versi questa difficoltà risulta artefatta a causa dei limiti di cui sopra. Se saprete (e vorrete) domarlo, il titolo SadSquare saprà regalarvi un’esperienza di assoluto spessore, capace di insinuarsi dentro di voi come solo pochi giochi sono riusciti a fare. Ed il buio non sarà più lo stesso.