Recensione Vane
di: Simone CantiniQuando mi capita tra le mani un gioco dal titolo simile, confesso che è davvero dura resistere alla suadente tentazione di abbandonarsi ai più biechi e scontati doppi sensi, pertanto perdonatemi se le mie parole finiranno per risultare tristemente vane. Ecco, e una è andata. Sì, perché parlare di Vane senza cadere nel tranello è un bel bordello, tanto per fare pure rima. E non pensiate che faccia così perché mi diverto a prendervi in giro: in realtà le motivazioni sono da ritrovare proprio nella natura stessa della produzione Friend & Foe, che sembra propri non voler fare nulla per tenere fede alla nostrana e abborracciata traduzione del proprio titolo.
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Per andare dove devo andare, dove devo andare?
C’è davvero poco da dire in merito alla storia che Vane prova a raccontare, ed il perché di questa sinteticità si nasconde dietro al fatto che la produzione fa di tutto affinché non si capisca mai dove vuole andare a parare. Va bene essere fumosi, criptici, ermetici e tutti gli altri aggettivi volti a lasciare perplesso l’utente, ma davvero mi viene ostico provare a tirare le fila del bambino (o bambina), capace di tramutarsi in uccello, che ci ritroviamo a controllare lungo le 3 ore scarse di questa avventura. Ed è con mille domande in testa che si arriva ai titoli di coda, solo per ricominciare da capo, senza aver capito chi siano i misteriosi figuri incappucciati responsabili del nostro destino, quale sia il significato dell’oro, oppure per quale ragione riusciamo a plasmare l’ambiente che ci circonda. E così, a metà strada tra un Journey ben più oscuro ed una geografia che ricorda tanto le opere di Ueda, ci trasciniamo a tentoni in un mondo ignoto, senza sapere mai davvero quale sia il nostro obiettivo e, cosa ancor più scoraggiante, dove questo si possa trovare. Sì, perché il problema principale di Vane risiede proprio nella sua marcata imperscrutabilità, nel suo lasciare tristemente a sé stesso il player, senza fornirgli il minimo appiglio in merito alla progressione. E così, tra vicoli ciechi beffardamente piazzati in ogni dove, un sistema di controllo da panico (soprattutto nelle fasi di volo), ed una lentezza del nostro/a protagonista a tratti esasperante, Vane finisce per frustrare più che divertire, rendendo vano (eccolo!) il fine ultimo di qualsiasi videogioco che si rispetti. Cercare la soluzione ai vari enigmi, oppure anche più banalmente esplorare l’ambiente, finiscono ben presto per risultare un peso più che un sollievo, portandoci a desiderare anzitempo la fine della nostra sconclusionata avventura. Il ritmo, difatti, è sempre altalenante, con una porzione finale in salsa Katamari che sembra voler fare di tutto per dissuadere il giocatore dall’intrattenersi con il lavoro del team, al punto tale da rendere quasi apprezzabili le macchinose fasi di volo, fiaccate da una risposta dei comandi esasperante in fatto di precisione. Vane ci lancia sperduti in un mondo che non ci è amico, in cui vagare alla cieca, nel tentativo di imbroccare lo script in grado di far progredire le vicende, rappresenta l’unica chiave di lettura dell’opera Friend & Foe.
Speranza vana
La volontà di avvicinarsi ad un determinato modo di intendere il gaming, è evidente anche se si esamina la direzione artistica di Vane, invero decisamente piacevole e, per quanto derivativa, molto ispirata. La scelta di puntare su di un’estetica low poly è risultata, almeno sulla carta, vincente, grazie ad un insieme di ambienti evocativi e dal fascino misterioso. Purtroppo, però, anche queste impressioni positive hanno finito per essere vanificate (aridaje!) da una realizzazione tecnica non certo eccellente: compenetrazioni incomprensibili, personaggi che affondano nello scenario rimanendo incastrati, glitch vari ed una telecamera che sembra voler fare di tutto per ostacolare la visuale, finiscono con il rendere a tratti quasi ingiocabile il titolo. Lo stesso frame rate, nonostante la complessità non certo elevata della scena, ha finito per risultare alquanto traballante in determinati frangenti, nonostante il test sia stato condotto su PS4 Pro. Insomma, è palese come un lavoro di polishing generale avrebbe senza dubbio giovato al titolo, ma evidentemente il ritardo accumulato rispetto all’annuncio iniziale (Vane è stato annunciato la prima volta nel 2014), ha costretto il team ad affrettare il lancio. Le cose migliorano, fortunatamente, per quanto concerne il comparto audio, sorretto da una particolare colonna sonora che, in contrasto con le produzioni analoghe, sceglie di abbandonare le partiture orchestrali in favore di una soundtrack che abbraccia suoni acidi ed elettronici, capaci di accompagnare in modo decisamente originale le nostre azioni.
Vane ci prova, ma invano (è l’ultima, giuro!), a riportare in auge le atmosfere tanto care ad ICO e Journey, ma ha finito per infrangersi maldestramente contro tali, gigantesche, aspettative. Il gioco è difatti lento, privo di mordente, oltre che scarsamente divertente e piagato da una realizzazione tecnica non certo ottimale, elementi che finiscono per affondare senza pietà le buone idee messe assieme da Friend & Foe, team composto da veterani occidentali che hanno scelto di rendere Tokyo il loro quartier generale. Capisco la voglia di sentirsi vicini, sia concettualmente che fisicamente, al maestro Ueda, ma non è semplicemente sedendosi di fianco al più bravo della classe che si finisce per divenire studenti modello.