Recensione Until Dawn: Rush of Blood
di: Simone CantiniGli on rail shooter li ho sempre visto come i cugini sfigati del videogaming, quelli sbeffeggiati e ritenuti i parenti minori ma che, quando poi si tratta di divertirsi davvero, tutti invitano alle feste. Di sicuro privi di quello spessore della profondità esclusive dei titoli più “seri”, questi frenetici calderoni di puro gameplay si sono rivelati, grazie ad Until Dawn: Rush of Blood, un ottimo e fertile terreno per la realtà virtuale. Pur con qualche limite strutturale, difatti, lo spin-off targato Supermassive è uno dei titoli attualmente più divertenti della line up del PlayStation VR.
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Viaggio allucinante
Abbandonate le meccaniche che hanno fatto la fortuna del suo fratello maggiore, ma recuperandone in pieno le atmosfere macabre e brutali, Until Dawn: Rush of Blood è un’esperienza decisamente più lineare. A bordo di un carrello delle montagne russe ci troveremo a vivere un allucinante incubo in movimento, chissà se frutto della nostra fantasia alterata da un inquietante medico, oppure una reale discesa nelle viscere dell’orrore. Sotto questo punto di vista l’aspetto narrativo dell’avventura è quanto mai abbozzato e non raggiunge di certo il pathos ed il coinvolgimento proprio dell’opera a cui si ispira. Quel che conta, però, come in ogni buon clone di House of the Dead che si rispetti, è il gameplay e sotto questo punto di vista il nuovo lavoro del team non delude. Imbracciato un DualShock, o meglio ancora una coppia di Move, saremo chiamati ad affrontare sette livelli letteralmente ricolmi di avversari ed oggetti da distruggere. Per farlo potremo contare su due pistole dai proiettili infiniti, che potremo però potenziare o sostituire in maniera temporanea recuperando i vari power up di cui gli stage sono disseminati. L’azione è sempre frenetica e spinge forte sul pedale della confusione e dell’abbondanza di bersagli mobili ed immobili, così come sull’uso accentuato di jumpscare, forse talvolta un po’ troppo prevedibili, ma dall’efficacia notevolmente accresciuta dalle potenzialità del visore. A movimentare ulteriormente le cose ci pensano anche sporadici ostacoli che sarà necessario evitare abbassandoci e spostandoci fisicamente, a cui si uniscono alcune stuzzicanti boss battle in grado di sparigliare leggermente le carte in tavola. L’esperienza in sé, seppur in linea con i canoni del genere, è risultata forse un po’ troppo breve, ma considerando il prezzo budget a cui Until Dawn: Rush of Blood viene proposto, la presenza di alcuni bivi all’interno dei livelli, di quattro livelli di difficoltà e delle immancabili classifiche online, le occasioni per tornare a bordo di quel fatiscente carrello non mancano di certo.
Atmosfera vincente
Graficamente parlando siamo lontani dai livelli apprezzati nell’episodio cardine di questa giovane saga, ciò nonostante l’impatto estetico di Until Dawn: Rush of Blood è comunque gradevole ed ha soprattutto nelle varie figure demoniache i suoi picchi realizzativi. Stilisticamente parlando siamo, invece, su ottimi livelli, a patto che piaccia un orrore decisamente fisico e materiale, piuttosto che le sottigliezze psicologiche. Di ottimo livello anche il comparto audio, forte di un doppiaggio ben recitato e di una tridimensionalità efficace, elemento indispensabile per capire da quale parte arriveranno le prossime minacce.
Non sarà il titolo più complesso della line up iniziale di PlayStation VR, né quello maggiormente innovativo, ma di sicuro Until Dawn: Rusho of Blood si è rivelato uno dei più divertenti, quello da tirare fuori ogni volta che si ha voglia di sfogarsi senza pensieri. Lontano dal voler innovare e rinnovare il genere, la produzione Supermassive punta tutto su atmosfera e gameplay, riuscendo a portare a casa un risultato decisamente positivo. Certo, il grosso deriva dall’immersività garantita dal visore, ma già solo questo (unito al prezzo di vendita più che contenuto) è sufficiente per convincervi ad accogliere Until Dawn: Rush of Blood all’interno della vostra collezione.