Recensione Until Dawn
Ammetto che il mio rapporto con Until Dawn è stato costellato di alti e bassi: confesso che quando Supermassive Games annunciò il suo progetto, un horror sviluppato appositamente per Move (sono uno dei 10 fessi che lo hanno preso al day one), l’hype iniziò a serpeggiare forte dentro di me. I mesi di silenzio che seguirono raffreddarono gli entusiasmi e quando, infine, venne svelato che il progetto si era spostato su PS4 e aveva perso le sue connotazioni legate al motion controller, l’interesse scemò in mera curiosità. Tutto si affievolì ulteriormente quando si apprese che il gioco sarebbe stata un’avventura alla Quantic Dreams: l’ultimo colpo che spazzò via le speranze di vedere concretizzata l’ipotesi di survival. Poi l’ho, infine, giocato e non posso perdonarmi di aver sottovalutato così superficialmente il lavoro di Supermassive Games.
di: Simone CantiniAmmetto che il mio rapporto con Until Dawn è stato costellato di alti e bassi: confesso che quando Supermassive Games annunciò il suo progetto, un horror sviluppato appositamente per Move (sono uno dei 10 fessi che lo hanno preso al day one), l’hype iniziò a serpeggiare forte dentro di me. I mesi di silenzio che seguirono raffreddarono gli entusiasmi e quando, infine, venne svelato che il progetto si era spostato su PS4 e aveva perso le sue connotazioni legate al motion controller, l’interesse scemò in mera curiosità. Tutto si affievolì ulteriormente quando si apprese che il gioco sarebbe stata un’avventura alla Quantic Dreams: l’ultimo colpo che spazzò via le speranze di vedere concretizzata l’ipotesi di survival. Poi l’ho, infine, giocato e non posso perdonarmi di aver sottovalutato così superficialmente il lavoro di Supermassive Games.
Vacanze di sangue
Data la sua particolare natura sarebbe quasi un crimine entrare nel dettaglio della trama di Until Dawn e, visto che non voglio incorrere nelle ire di tutti coloro che lo giocheranno, mi limiterò a illustrare lo stretto necessario: un anno è passato da quando le gemelle Beth ed Hanna hanno perso la vita sulle montagna di Blackwood, il tutto in seguito ad uno sciocco scherzo che ha finito per il tramutarsi in tragedia. Il cupo ricordo di ciò che hanno causato aleggia ancora nel cuore degli otto amici che hanno assistito, loro malgrado, alla tragica scomparsa. Tra di loro troviamo Josh, il fratello delle due ragazze, che per onorare la loro memoria ha deciso di riunire la compagnia nella casa di montagna che fu teatro della triste vicenda: un’occasione per cementare ancor di più il legame di amicizia che unisce i ragazzi, ma anche una forte spinta a cercare di lasciarsi alle spalle una volta per tutte il passato. Peccato che, come in ogni teen movie che si rispetti, le cose non possono certo andare per il verso giusto e quella che avrebbe dovuto essere una semplice, per quanto strana, vacanza si tramuta ben presto in un gioco mortale. La trama messa in piedi dal duo formato dal regista Graham Reznick (I Can See You in the Dark e The Viewer) e dall’icona indie Larry Fessenden (Habit, Wendigo, No Telling e The Last Winter) funziona bene e si è rivelata ben scritta e diretta, seppur non priva dei cliché tanto cari al genere a cui non fa mistero di appartenere e di una fase finale caratterizzata da una decisione francamente poco logica. L’incipit, volutamente lento e volto soprattutto ad introdurre meccaniche di gioco e personaggi, finisce con l’impennarsi bruscamente dopo circa un’ora, catapultando gli otto ragazzi in una disperata lotta per la sopravvivenza in cui ogni scelta, anche la più banale, può realmente segnare la differenza tra vivere o morire. A rendere il tutto più immersivo ed empatico ci pensa anche il cast di attori che ha dato vita ai character virtuali che popolano il mondo di Until Dawn: Hayden Panettiere (Heroes), Brett Dalton(Agents of S.H.I.E.L.D.) e Rami Malek (Una Notte al Museo), sono solo alcuni dei nomi che hanno collaborato con Supermassive Games.
Librogame 3.0
Il battito delle ali di una farfalla può provocare un uragano dall’altra parte del globo, così si può sintetizzare il concetto che è alla base dell’effetto che prende il nome dall’insetto in questione. Ed Until Dawn dichiara di appoggiarsi ad un simile teorema sin dalle battute iniziali di gioco. Ogni nostra decisione influenzerà l’evolversi della storia: vivere o morire dipenderà unicamente dal nostro modo di agire. Ed è proprio questo sistema di scelte ad essere il vero punto di forza dell’intera vicenda che, a differenza di quanto visto nei lavori di Quantic Dreams, può vantare una coerenza di scrittura quasi impeccabile. L’intero arco narrativo, a dispetto delle produzioni di Cage e soci, non sarà difatti composto da micro aree in cui le decisioni prese avranno un impatto solo nell’immediato futuro: una semplice frase detta nelle fasi iniziali di gioco, difatti, potrà avere un effetto devastante anche nelle ultime fasi dell’avventura, a dimostrazione di come l’effetto farfalla a cui si fa riferimento sia stato davvero implementato con intelligenza nella struttura ludica. Tale sistema avrà anche influenza sulle dinamiche che si svilupperanno tra gli otto personaggi. La maniera in cui li faremo interagire (volta volta saremo chiamati a gestire un singolo elemento) andrà ad impattare sul modo in cui si comporteranno in seguito: essere amichevoli con una determinata persona potrebbe compromettere la relazione con un’altra che, magari, in un certo momento dell’avventura rifiuterà di aiutarci, segnando così il nostro destino. Ok, ma come si gioca ad Until Dawn? Il titolo di Supermassive è senza dubbio il concretizzarsi del concetto di film interattivo, una sorta di evoluzione ultima di un percorso iniziato negli anni novanta con produzioni del calibro di Phantasmagoria e Under a Killing Moon. La struttura ludica è volutamente ridotta ai minimi termini: la maggior parte delle azioni è gestita da quick time event, in cui dovremo premere il pulsante corretto, oppure tenere ben fermo il pad, mentre le scelte sono compiute tramite l’uso dello stick destro. Non mancano comunque anche fasi più giocate, prevalentemente esplorative, in cui il tutto riporta alla mente il primo Resident Evil, sia per regia che per controlli (non sempre impeccabili in questo senso, purtroppo). Ovvio che messa giù così l’esperienza può non sembrare entusiasmante e di sicuro se cercate la frenesia di un Bayonetta, Until Dawn finirà per annoiarvi dopo pochi istanti. Pensate di osservare un lungo film della durata di circa otto ore, ma del quale è possibile realmente plasmare lo svolgimento e l’epilogo: riuscirete a salvare tutti quanti? Oppure sarete gli artefici della loro morte? Può apparire pretenzioso, ma è davvero possibile fare tutto questo. Tale caratteristica, inoltre, rende il tutto estremamente rigiocabile, dati i molteplici sviluppi previsti. Come se non bastasse non mancano anche dei collezionabili che fanno chiarezza sui retroscena della vicenda e che vi sfido a recuperare tutti alla prima run.
Il rumore della paura
L’aspetto tecnico di Until Dawn paga aver visto iniziare il suo sviluppo una generazione fa. Realizzato tramite l’engine grafico utilizzato da Guerrilla Games per Killzone, l’impatto grafico si attesta comunque su livelli più che buoni, pur non potendo rivaleggiare con le vette viste in questa generazione. Grazie alla ristrettezza degli ambienti di gioco, difatti, sarebbe stato lecito aspettarsi una qualcosa in più, ciò nonostante il tutto può contare comunque su alcuni elementi di spicco: tra questi merita un plauso la recitazione facciale dei personaggi che ha nella figura del dottor Hill,lo psichiatra che funge da raccordo tra i 10 capitoli, la sua massima espressione. Di primo ordine la colonna sonora realizzata dal veterano Jason Graves (The Order 1886, Dead Space, Tomb Raider), capace di trasmettere un senso di tensione costante, senza però risultare opprimente ed invasiva. Ottimo anche il doppiaggio nella nostra lingua (è comunque possibile selezionare il voice over originale), seppur soffra di una equalizzazione non ottimale che, in alcuni frangenti, risulta male amalgamato con il contesto. Se siete tra i fortunati in possesso di una PlayStation Camera (come il solito fesso che scrive), vi farà piacere sapere che il titolo la utilizzerà per registrare le vostre reazioni in occasione dei vari jumpscare: idea simpatica. Presente, inoltre, la possibilità di giocare tramite i sensori di movimento del DualShock, che però vi consiglio caldamente di ignorare.
Mi piacciono le esperienze alternative che non sposano alla perfezione la definizione di videogame. Ed Until Dawn è una di queste. La creatura di Supermassive Games, ad oggi, rappresenta il perfetto anello di congiunzione tra cinema ed il media videoludico. Di sicuro farà storcere la bocca ai puristi, ma sono innegabili la cura, la bontà e l’onestà con cui lo studio è riuscito a confezionare questa esperienza che, se vi lascerete avvolgere dalle nevose atmosfere di Blackwood, potrà farvi scoprire un aspetto sicuramente inedito del nostro passatempo preferito. Magari non adatto a tutti i palati, ma non per questo meno gustoso.