
Recensione Underdogs
di: Simone CantiniPer un figlio degli anni ’70 come il sottoscritto, cresciuto a pane ed anime robotici della vecchia guardia, sarebbe idiota negare di non aver mai sognato di guidare un gigantesco robottone di metallo, anche solo per gridare a squarciagola Alabarda Spaziale senza timore di essere preso per pazzo. Viene logico, dunque, capire come possa aver apprezzato Underdogs che, sebbene in salsa puramente virtuale e con qualche ridimensionamento del caso, mi ha permesso in parte di sopperire a simili puerili fantasie. Anche se il mech pilotato nell’arena di New Brakka non aveva certo la stazza di un Mazinger o di un Daitarn 3, prendere a pugni ammassi latta è stato comunque molto soddisfacente, anche se qualche piccolo intoppo non è mancato.

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Morte cerebrale
Per quanto si tratti di un brawler con elementi roguelike, Underdogs non lesina di presentare al giocatore una storyline tutto sommato convincente ed interessante, per quanto molto basilare nella sua costruzione. Protagonisti della vicenda saranno i fratelli Rigg e King, che in un’Inghilterra futuristica si troveranno a cercare rifugio tra le fatiscenti mura di New Brakka. Il motivo sarà da ritrovare in un tentativo di hacking fallito da parte di King, che lo ha portato ad essere infettato da un virus digitale che, se non debellato a dovere, lo porterà a perdere del tutto la propria coscienza. L’unica speranza, quindi, sarà cercare aiuto in questo agglomerato urbano dove vige la legge del più forte, solo che per essere accettati e potersi addentrare al suo interno, si dovrà dimostrare di essere degni. E quale modo se non quello di partecipare a letali combattimenti a bordo di mech? Caso vuole che la coppia abbia in dotazione proprio un esoscheletro meccanico, chiamato Gorilla, che sarà la loro chiave di accesso ad una provvidenziale cura.

Presentata per mezzo di una serie di schermate molto ben confezionate, che richiamano alla mente il mondo dei comics americani, la sceneggiatura di Underdogs non stupisce certo per complessità, ma riesce comunque a tratteggiare un mondo di gioco intrigante e ben caratterizzato. Non è certo il punto focale dell’esperienza, ma nonostante la natura procedurale del titolo firmato One Hamsa, le vicende scorrono via con piacere e si finisce per rimanere affascinati da questo rugginoso mondo in chiave cyberpunk. Ovviamente, data la casualità che caratterizza il gameplay, è difficile stimare una durata effettiva della campagna, ma fortunatamente Underdogs non si limita solo allo story mode principale. Ma per il resto ci arriveremo dopo l’analisi del gameplay.

Una carezza in un pugno
L’ossatura ludica di Underdogs si divide in due distinti tronconi, che separano in maniera molto netta ciò che avviene dentro e fuori le arene di lotta. Nel primo caso ci troveremo a controllare il nostro Gorilla, che potrà sferrare attacchi con le due braccia, oltre a sfruttare le stesse per muoversi, proprio come se fosse un gorilla (nomen omen). Il combat system ed il sistema di locomozione replicano in maniera perfetta le movenze delle braccia del player che, pertanto, sarà chiamato a compiere fisicamente tutte le azioni di lotta ed evasione richieste per sopravvivere agli scontri. Il gioco è tarato per reagire in maniera proporzionale alla velocità e all’arco dei colpi mimati: swing ampio e veloce corrisponderà dunque ad un pugno molto più potente, rendendo i combattimenti molto fisici e realistici, oltre che davvero sfiancanti (nel senso più buono e letterale del termine). Tra pericoli ambientali, un discreto bestiario, un arsenale di tutto rispetto ed una buonissima resa dei feedback, il combat system di Underdogs riesce a trasmettere tutta la pesantezza del nostro alleato metallico, oltre a garantire un grado di immedesimazione davvero palpabile e convincente.

Al termine di ogni scontro, è la natura gestionale/ruolistica della produzione a prendersi la scena, fornendoci ogni volta tre turni in cui potremo scegliere di volta in volta tra due opzioni differenti. Tra scorribande nei vicoli in cerca di fortuna, visite all’officina per riparare i danni subiti, negozi in cui spendere il denaro raccolto e molto altro ancora, Underdogs presenta una serie di opzioni che si andranno ad ampliare run dopo run. A queste attività collaterali, inoltre, sarà legato un sistema di reputazione che si andrà ad applicare ai vari NPC che saranno al centro delle varie scelte, così da andare a sbloccare ulteriori diramazioni e possibilità di scelta. Terminati i tre turni, sarà il momento di prepararci alla battaglia, andando a personalizzare il setup del nostro mech: potremo, a seconda dei pezzi a nostra disposizione, variare le armi equipaggiate sulle braccia, applicare potenziamenti specifici o migliorare quanto già in possesso. Fatto ciò dovremo anche scegliere uno dei due sponsor che, di volta in volta, saranno legati allo scontro che saremo chiamati ad affrontare: in cambio di qualche complicazione ulteriore durante la lotta, verremo ricompensati con pezzi supplementari una volta usciti dall’arena.

Con tutti i limiti del caso…
Strutturalmente tutto funziona a dovere, oltre a divertire, grazie anche ad un buonissimo equilibrio tra la gestione e l’azione, ma come ogni esperienza roguelike che si rispetto (purtroppo) il fattore caso potrebbe portare a partite davvero impari e sbilanciate. Soprattutto per quanto riguarda la riparazione del mech, difatti, mi sono capitate run in cui dopo essere uscito a pezzi dalla pugna, non mi è stata presentata in alcun modo la possibilità di aggiustare il mio compagno di battaglia. Il risultato è stato trovarsi ad affrontare l’incontro successivo senza alcuna possibilità di sopravvivenza, dato che è sempre stato sufficiente un colpo a mandarmi al tappeto. Superati questi limiti, però, Underdogs è risultato un titolo davvero divertente da giocare, anche grazie alla presenza di una modalità accessoria di tutto rispetto, capace di ampliare a dovere la longevità generale. Sto parlando della possibilità di affrontare sfide custom generate dalla community tramite l’editor interno, elemento che ci permetterà tanto di testare le creazioni degli altri utenti, quanto di dare vita alla battaglia dei nostri sogni. Ovviamente accompagnato il tutto con le immancabili classifiche online.

Dal punto di vista visivo, Underdogs si difende molto bene, presentando una messa in scena pulita ed accattivante, soprattutto per quanto concerne gli elementi bidimensionali. Ad eccezione di quanto avviene nell’arena, tutto è realizzato per mezzo delle citate schermate in stile comics, davvero molto accattivanti e realizzate in maniera impeccabile. Una volta a bordo del Gorilla, però, tutto cambia in favore della più classica interpretazione tridimensionale, che può vantare una modellazione convincente ed un’ottima fluidità generale. Di ottima fattura anche il comparto audio della produzione, che ad un voice over in inglese presente e ben recitato, accompagna una soundtrack tamarra di stampo urban/hip-hop che ben si sposa con la caratterizzazione generale. Molto buone anche le varie opzioni di accessibilità, che permettono di tarare l’esperienza in base alla propria sensibilità, così come convince l’utilizzo dei feedback aptici in forza a PSVR2.

Con Underdogs siamo al cospetto di un brawler impreziosito da piccoli elementi ruolistici davvero ben confezionato, oltre che dannatamente divertente da vivere e giocare in prima persona. Fiore all’occhiello della produzione è senza dubbio il combat system estremamente immersivo e convincente, per quanto assai sfiancate, che riesce a trasmettere pienamente la brutalità degli scontri che caratterizzano l’arena di Neo Brakka. Qualche riserva, invece, sussiste nei confronti dei momenti che inframmezzano le lotte, in cui l’alea tende ad avere un ruolo un po’ troppo predominante nel corso delle varie run. Considerando, però, anche la presenza di un editor di sfide e comunque di una longevità e rigiocabilità di tutto rispetto, Undedogs non può che essere una proposta altamente consigliata nell’attuale panorama virtuale.