Recensione Undead Citadel
di: Simone CantiniDopo essersi affacciato sul palcoscenico VR sugli altri visori disponibili, Undead Citadel approda finalmente su PSVR2, portando con sé un carico di spade, sangue e… qualche compromesso. Il titolo di Dark Curry si presenta come un action in prima persona fortemente incentrato sul combattimento corpo a corpo, con un impianto narrativo che fa da cornice a un gameplay brutale e fisico. Ma è davvero il nuovo punto di riferimento per i combattimenti all’arma bianca in VR? Beh, non proprio.
Rifugio letale
Appena avviato Undead Citadel, il mio consiglio spassionato è quello di prendere parte alla campagna principale, che oltre a permetterci di familiarizzare con il gameplay della produzione, funge anche da ideale palestra per la modalità Orda. Sul fronte della struttura narrativa, non ci troviamo certo al cospetto di chissà quale volo pindarico: verremo calati nei panni di un avventuriero che, sperduto tra i boschi nel corso di una violenta tempesta, troverà rifugio all’interno della cittadella del titolo.
Ovviamente, visto il materiale (un tempo) umano con cui si troverà ad interagire, sarebbe stato meglio cercare un riparo di fortuna altrove, visto come la città in oggetto sia oramai ridotta in macerie, oltre che popolata da un corposo numero di letali non morti. Un semplice e prevedibile pretesto che, al di là della simpaticamente sboccata caratterizzazione del nostro alter ego, non si lancia in virtuosismi narrativi degni di nota, presentando una progressione lineare e priva di scossoni. Ma in fondo va bene così…
Terminato lo story mode, Undead Citadel non finisce di intrattenere i giocatori, dato che sarà possibile accedere alla citata modalità Orda, all’interno della quale ci troveremo a fronteggiare le consuete ondate di creature ostili, con l’obiettivo di sopravvivere il più a lungo possibile. Per quanto non certo originale come feature, la proposta funziona nella sua ossatura, e riesce a garantire quel benvenuto boost in quanto a longevità.
Fendenti e frustrazioni
Il cuore pulsante di Undead Citadel è da ritrovare nel suo sistema di combattimento, completamente basto sulla fisica, oltre che su di un nutrito arsenale di armi bianche: spade, asce, martelli andranno a costituire un arsenale che supererà i 75 pezzi, ognuno dotato delle proprie caratteristiche uniche ed in grado di fornire il giusto feeling di utilizzo. Come in altri titoli analoghi, tutto sarà gestito attraverso la replica 1:1 dei movimenti delle nostre braccia, che verranno traslati in maniera puntuale e convincente sullo schermo.
Purtroppo, al di là della bontà e dell’immersività garantita dal combat system ben strutturato, che ci chiederà di schivare e colpire senza sosta, a rendere il tutto meno avvincente ci pensano alcuni piccoli problemi: le hitbox ballerine e le compenetrazioni poligonali che si verificano durante gli scontri finiscono con lo spezzare il senso di immedesimazione, così la fisica che gestisce le collisioni con alcuni elementi dello scenario (maledetti tavolini!).
Al di là di tutto, pur con i suoi evidenti problemucci, Undead Citadel diverte nel suo complesso, pur senza strafare: la campagna è molto lineare e prevedibile, così come non troppo entusiasmanti sono gli elementari enigmi che saremo chiamati a risolvere, quasi sempre legati al setacciamento di casupole sin troppo simili tra di loro, ma la somma di tutti gli elementi riesce comunque a divertire. Certo, le vette respirate in Behemoth sono lontane…
Tecnica e atmosfera
Graficamente, Undead Citadel su PSVR2 si difende bene. Le ambientazioni medievali sono cupe e affascinanti, con un buon uso dell’illuminazione e texture sufficientemente dettagliate. Molto buono il design delle creature, che convincono a dovere e riescono a corroborare in maniera efficace il generoso colpo d’occhio generale, che può beneficiare di un’implementazione dell’illuminazione alquanto convincente. Il comparto sonoro svolge molto bene il proprio compito, con effetti convincenti e una colonna sonora che accompagna l’azione senza rubare la scena.
Undead Citadel arriva su PSVR2 con il giusto carico di ambizione e atmosfera, proponendo un’esperienza VR che, pur non rivoluzionando il genere, riesce a intrattenere grazie a un combat system fisico e coinvolgente, un arsenale variegato e una direzione artistica solida. Tuttavia, le imperfezioni tecniche, la linearità della campagna e una certa ripetitività nelle meccaniche impediscono al titolo di Dark Curry di imporsi come riferimento assoluto nel panorama VR. È un gioco che sa divertire, soprattutto se affrontato con lo spirito giusto e un pizzico di pazienza. Non è il nuovo standard per gli action VR, ma è un passo interessante per chi cerca un’avventura immersiva e brutale, senza troppe pretese.