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Recensione Un salto nel passato con Jak & Daxter Trilogy

Una trilogia a generazione. Sembra essere questo lo slogan che, sin dai tempi di PS1, ha accompagnato felicemente i talentuosi Naughty Dog. È da ricondurre alla prima macchina Sony, infatti, la nascita delle avventure del peramele digitale più famoso della storia, ovverosia quel Crash Bandicoot capace di diventare in poco tempo la mascotte ufficiale della neonata console nipponica. E che dire, spostandoci bruscamente ai giorni nostri, del trittico di spericolate imprese che hanno portato alla ribalta l’avventuroso Nathan Drake? Eccezione a questa che pare proprio una ferrea regola non poteva essere ritrovata nella line up di PS2, macchina su cui il team americano portò alla luce lo strampalato duo formato da Jak & Daxter. E sono proprio loro i protagonisti di questa nuova (almeno sulla carta) trilogia, tirata a lucido per poter essere goduta ancora una volta anche su PS3.

di: Simone Cantini

Una trilogia a generazione. Sembra essere questo lo slogan che, sin dai tempi di PS1, ha accompagnato felicemente i talentuosi Naughty Dog. È da ricondurre alla prima macchina Sony, infatti, la nascita delle avventure del peramele digitale più famoso della storia, ovverosia quel Crash Bandicoot capace di diventare in poco tempo la mascotte ufficiale della neonata console nipponica. E che dire, spostandoci bruscamente ai giorni nostri, del trittico di spericolate imprese che hanno portato alla ribalta l’avventuroso Nathan Drake? Eccezione a questa che pare proprio una ferrea regola non poteva essere ritrovata nella line up di PS2, macchina su cui il team americano portò alla luce lo strampalato duo formato da Jak & Daxter. E sono proprio loro i protagonisti di questa nuova (almeno sulla carta) trilogia, tirata a lucido per poter essere goduta ancora una volta anche su PS3.

Una magia senza tempo

Jak & Daxter: The Precursor’s Legacy, il primo titolo contenuto in questa raccolta, segnò il debutto su hardware a 128 bit dei cagnacci americani. Debutto che, cavalcando in pieno uno dei periodi più floridi per i platform in 3 dimensioni, si presenta come un classico derivato del genere portato alla ribalta dal mai dimenticato Mario 64. Preparatevi, dunque, ad immergervi in un mondo in 3D completamente esplorabile, fatto di ampi spazi in cui poter saltare ed arrampicarsi, il tutto nel tentativo di venire a capo di un plot che si rivelerà ben presto solo un semplice pretesto utile a farvi percorrere in lungo e in largo i meravigliosi livelli imbastiti dai Naughty Dog. Saranno sufficienti pochi minuti, difatti, per cancellare ogni traccia del perché l’umanoide Daxter si sia tramutato in un bizzarro animaletto peloso e del motivo che vi spingerà a recuperare un cospicuo numero di batterie. Tutto passerà rapidamente in secondo piano non appena prenderete il controllo dell’apparentemente muto Jak ed inizierete ad esplorare in lungo e in largo ambienti tridimensionali che, seppur paghino il dazio di una modellazione invero poco elaborata (figlia del primo esperimento su di un hardware assai ostico da domare), rivelano una cura artistica e stilistica ancora oggi invidiabile. Questo concentrato di linee di codice, nonostante ci venga oggi riproposto nello splendore dell’alta definizione, sente tutto il peso dei 12 anni che si porta appresso, anni che a dispetto della cura estetica, sono impietosi nel rimarcare un comparto tecnico ad oggi tutt’altro che miracoloso. Fortunatamente a non venire intaccata è la magia e l’atmosfera che permeano il debutto di Jak & Daxter che, unite ad un gameplay solido e (soprattutto divertente), rendono il titolo godibilissimo ancora oggi. Se dovessimo fare un paragone con i lavori attuali dei Naugthy Dog, The Precursor Legacy potrebbe essere tranquillamente equiparato all’esordio di Nathan Drake.

Evoluzione della specie

Erano gli anni che videro l’affermazione del concetto di free roaming, un genere sdoganato ampiamente dalla fortunata saga di Gran Theft Auto. Proprio per questo, nel tentativo di coniugare due generi in apparenza difficili da amalgamare, il team americano decise di dare alla sua creatura un’impronta fortemente sandbox: era il 2003 e Jak II: Renegade, fece la sua comparsa sulle scene. Il dinamico duo, adesso, aveva salutato definitivamente la struttura fortemente classica che aveva segnato la loro ascesa, in favore di un’esperienza di gioco in cui ogni ambiente diveniva (quasi) immediatamente esplorabile, in pieno stile Rockstar. Fulcro della scena diviene la città Haven City, una sorta di quartier generale vivente da cui è possibile, oltre che accedere ai vari livelli che andranno a dipanare la matassa degli eventi narrati, sbloccare tutta una serie di varie sub-quest. Sebbene in teoria l’idea fosse geniale, va riconosciuto come il risultato finale non sia all’altezza delle aspettative. L’azione adesso risulta frammentata e discontinua e le molteplici missioni aggiuntive non riescono nell’intento di variare efficacemente il gameplay. Inoltre il muoversi in lungo e in largo per Haven City, sia a piedi che a bordo di bizzarri veicoli, risulta alla lunga tedioso e poco pratico. Fortunatamente, a rendere giustizia alla saga, ci pensano gli ambienti esterni, ovvero i livelli di gioco principali che, seppur vedano ridimensionata la loro complessità, traggono vantaggio dei 2 anni spesi nella programmazione. Jak II, difatti, può contare su di un impatto grafico capace di staccare di molti punti la produzione precedente, grazie ad una modellazione assai più curata e rifinita, a cui si unisce una caratterizzazione dei vari personaggi più definita e marcata. Forse non sarà l’episodio migliore della trilogia, ma rappresenta un tassello fondamentale all’interno della saga, vero punto di svolta capace di gettare le solide basi su cui si è eretto il capitolo conclusivo di questa storia.

Un calderone di divertimento

A guardarlo con occhi più giovani sembra impossibile che tra Rengadee Jak III ballasse un solo anno di differenza. A dimostrazione di come sapessero fare tesoro dei propri errori, difatti, nell’episodio finale della trilogia i Naughty Dog sono riusciti a limare ogni aspetto traballante dei loro precedenti lavori, finendo con il presentare ai giocatori un variopinto affresco costellato di una miriade di cose differenti (e divertenti) da affrontare. Oltre che a dare una degna conclusione al tutto. Sempre sorretto da una struttura free roaming, Jak III riesce stavolta nell’intento di presentare una gigantesca mappa ben strutturata e gestibile, divertentissima da percorrere grazie all’introduzione di alcuni veicoli dotati di un sistema di guida che, per quanto forzatamente arcade, a conti fatti è assai godibile. La presenza di questi ultimi, inoltre, ha permesso ai programmatori di inserire tutta una serie di attività corsistiche collaterali, capaci di spezzare efficacemente il collaudatissimo incedere action/platoform ereditato dai 2 precedenti episodi. Come già accaduto per Jak II, il lifting in alta definizione ben si sposa con la bontà estetica di questo terzo episodio, che viene efficacemente rivitalizzato dalla rinnovata veste. L’impatto visivo, sia che si parli delle lande deserte che circondano la città di Spargus, sia che ci si ritrovi a saltellare in ambienti urbani o boschivi, rappresenta la vetta della trilogia targata Naughty Dog, una trilogia capace di divertire a 360° oggi come 12 anni fa.

Operazione commerciale, mossa magnanima, inutile restyling, chiamatela pure come volete questa (ennesima) trilogia rimasterizzata. Da videogiocatori sappiate solo che, al di là di ogni speculazione, i 3 giochi contenuti nel bluray rappresentano una delle vette della softeca PS2 che, chiunque non abbia avuto il piacere di godere nell’era dei 128 bit, farebbe bene a non lasciarsi sfuggire. Poi se non vi piacciono i platform è un altro discorso…