
Recensione Ultros
di: Luca SaatiIl genere metroidvania sta vivendo una seconda giovinezza, con decine di titoli che ogni anno cercano di lasciare il segno tra mappe interconnesse, backtracking e abilità da sbloccare. In un panorama così affollato, distinguersi non è semplice — ma ULTROS ci riesce con una forza visiva e concettuale che lo rende un’esperienza unica.
Merito soprattutto del suo comparto artistico, curato da El Huervo (pseudonimo di Niklas Åkerblad), già noto agli appassionati per l’inconfondibile stile psichedelico di Hotline Miami. Ma sarebbe riduttivo attribuire il fascino del gioco alla sola estetica: ULTROS va ben oltre il semplice metroidvania, proponendo un sistema di gioco e una narrazione che si intrecciano attorno a una struttura a loop temporale.

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Loop temporale
In ULTROS vestiamo i panni di Ouji, misteriosa esploratrice spaziale che si risveglia a bordo della The Sarcophagus, una nave aliena in orbita attorno a un essere antico e cosmico noto come Ultros. Questo essere, seppur imprigionato, pervade ogni cosa: la sua presenza è una costante disturbante, visiva e sensoriale, che accompagna ogni passo del giocatore.
Nel corso delle sue circa 12 ore di gioco, ULTROS affronta temi profondi come la reincarnazione, il ciclo della vita e della morte, e lo fa attraverso una struttura a loop temporali che il giocatore deve affrontare, esplorare e infine comprendere. Ogni ciclo non è solo un’occasione di gameplay, ma un’opportunità per interrogarsi sul significato dell’esistenza e del cambiamento.
Ben presto si intuisce che lo scopo non è sopravvivere o fuggire, bensì rompere il ciclo — oppure accettarlo e modificarne il corso attraverso la comprensione, l’esperienza, e persino la cura del mondo stesso.
Nel suo viaggio, Ouji incrocia le strade di personaggi enigmatici, mossi da motivazioni credibili e connessi a doppio filo al destino della Sarcophagus. Queste figure, più che semplici NPC, arricchiscono il substrato narrativo del gioco e ne ampliano la portata emotiva e simbolica.
La narrazione non si ferma ai dialoghi o agli eventi principali: è ambientale, viscerale, sensoriale. ULTROS invita a osservare e interagire con il mondo: piantare semi, far crescere piante, decifrare simboli alieni, leggere documenti dimenticati, assistere a visioni oniriche. Ogni elemento racconta, suggerisce, allude. È un invito alla scoperta, alla partecipazione attiva nel tessuto narrativo.
ULTROS affascina perché non si limita a raccontare una storia, ma ti coinvolge nel suo processo narrativo, tra cicli di morte e rinascita, coltivazione e distruzione, alienazione e connessione.
Metroidvania roguelite
ULTROS rielabora il genere metroidvania contaminandolo con elementi tipici dei roguelite, e lo fa in modo tutt’altro che superficiale. Il ciclo narrativo su cui si fonda l’intera esperienza ha ripercussioni dirette anche sul gameplay, rendendo ogni run non solo una sfida tecnica, ma anche un atto di esplorazione e trasformazione.
Alla base troviamo il classico mix tra platforming e action 2D, con un sistema di combattimento funzionale nella sua semplicità, che però non tocca le vette di profondità di un hack’n’slash, con attacchi leggeri e pesanti, parate, schivate, e un sistema di combo da concatenare con il giusto tempismo. Fin qui nulla di nuovo, ma ULTROS rivela presto una meccanica tanto originale quanto disturbante: i nemici, una volta sconfitti, possono essere consumati.
Consumare la loro carne permette di recuperare salute, mentre gli organi interni – diversi a seconda delle combo eseguite – possono essere raccolti e spesi per sbloccare abilità e potenziamenti. Una dinamica che unisce estetica, gameplay e narrazione, spingendo il giocatore a riflettere su ogni gesto, ogni uccisione, ogni evoluzione.
Ma ULTROS non è solo distruzione. Uno degli aspetti più inaspettati – e riusciti – è la meccanica di giardinaggio: durante l’esplorazione è possibile trovare semi e piante speciali da piantare in punti precisi della mappa. Le loro crescite influenzano il mondo di gioco, creando piattaforme, aprendo scorciatoie, purificando aree corrotte, o fornendo risorse organiche utili per il potenziamento. È un modo delicato, quasi meditativo, di relazionarsi con l’ambiente: curare il mondo anziché solo dominarlo.
I cicli temporali si riflettono anche nella struttura ludica. In determinati momenti, il tempo si resetta: Ouji conserva solo alcune abilità chiave (come il doppio salto), mentre altre si perdono, costringendo a riadattarsi. L’albero delle abilità viene gestito tramite santuari dove è possibile salvare e scegliere potenziamenti, modulabili in combinazioni diverse a ogni ciclo. Non si arriva mai a una personalizzazione in stile RPG classico, ma ogni ciclo rappresenta una mutazione biologica e spirituale della protagonista.
E il mondo reagisce di conseguenza: ciò che il giocatore coltiva, distrugge o attiva nei cicli precedenti cambia radicalmente i cicli successivi. Nuove interazioni, percorsi alternativi, ambienti trasformati. Ogni loop diventa un’occasione per andare più a fondo, svelare un nuovo segreto, comprendere un frammento in più di questo universo surreale — e forse, anche di sé stessi.
Peccato solo che un sistema così brillante sia minato da una gestione della mappa a tratti ambigua: non sempre è chiaro quali passaggi siano accessibili o bloccati, e questo può causare qualche frustrazione nell’esplorazione.
Sci-fi psichedelico
Il comparto artistico di ULTROS colpisce sin dai primissimi minuti, imponendosi come una delle sue componenti più riconoscibili e memorabili. Uno stile visivo fortemente distintivo che, nella sua eccentricità, si rivela perfettamente coerente con l’essenza stessa del gioco: un mondo alieno, vivo, pulsante, inquieto.
Non si tratta solo dei colori psichedelici — che chi ha familiarità con Hotline Miami riconoscerà al volo — ma dell’intero ecosistema grafico: ambienti surreali, forme di vita stravaganti, architetture organiche e mutanti, creature che sembrano uscite da un sogno (o da un incubo). Tutto è vibrante, mutante, straniante — un caleidoscopio visivo che accompagna e amplifica il senso di disorientamento, scoperta e trasformazione che permea l’opera.
E poi c’è la colonna sonora, composta principalmente da Oscar “Ratvader” Rydelius, che fonde strumenti classici a sonorità esotiche, con forti richiami alla musica tradizionale sudamericana. Le tracce si muovono tra momenti di quiete contemplativa e improvvisi squarci di tensione: a volte eteree, altre ipnotiche, in certi casi disturbanti, come se rispondessero in tempo reale alle vibrazioni emotive del viaggio.
In definitiva, ULTROS è una delizia per gli occhi e per le orecchie: un’opera dove arte visiva e sonora procedono all’unisono, accompagnando il giocatore in un viaggio fantascientifico psichedelico, alienante, ma anche profondamente umano.
Senso della vita
Grazie al suo gameplay stratificato e a un mondo in continua evoluzione, ULTROS si impone come un’opera dall’identità fortissima, sorretta da una direzione artistica visionaria e da una colonna sonora in perfetta sintonia con il tono dell’avventura, regalando al giocatore uno dei viaggi più originali che il genere abbia mai offerto.
ULTROS non è il classico metroidvania, né un semplice esercizio di stile: è un’opera che osa, che mescola generi e visioni, e che trasforma ogni loop in un’occasione per riflettere sul cambiamento, sulla morte e sulla rinascita — non solo del personaggio, ma anche del giocatore.