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Recensione Tomb Raider I-III Remastered

di: Luca Saati

L’importanza che ha avuto Lara Croft nell’industria videoludica tra il finire degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 ha dell’incredibile. Chi non ha vissuto quel periodo non lo comprenderà mai pienamente, ma quando si parla di Lara Croft si parla dell’eroina dei videogiochi più famosa al mondo (Guinness World Record nel 2006), una stella nell’ormai scomparsa Walk of Gameuna strada a suo nome nella cittadina di Derby (sede dell’allora Core Design), e più in generale un personaggio che ha varcato agilmente i confini dell’immaginario videoludico tra film, citazioni nelle canzoni, fumetti, insomma un’icona femminile della cultura pop. Negli ultimi anni la bella archeologa ha fatto molta fatica a stare al passo con i tempi e la speranza è che la tendenza possa cambiare con il nuovo capitolo in sviluppo presso Crystal Dynamics. Per ingannare l’attesa ecco arrivare Tomb Raider I-III Remastered, raccolta pensata sia per i nostalgici che per i più giovani che non conoscono le origini di questa icona videoludica.

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La storia che si ripete

Tomb Raider I-III Remastered include i tre capitoli datati 1996, 1997 e 1998 più le rispettive espansioni. Nel primo Tomb Raider vede Lara Croft ingaggiata per un antico artefatto che risale alla mitica civilità di Atlantide in un emozionante viaggio che la porta a esplorare luoghi come il Perù, Gregia e Egitto. A questi livelli vanno aggiunti anche i quattro inclusi nell’espansione Unfinished Business. Tomb Raider II vede l’archeologa alla ricerca di un mitico pugnale cinese esplorando la Cina, Venezia, il Mar Mediterraneo e il Tibet. C’è anche una mini avventura di cinque livelli offerti dall’espansione Gold Mask. Infine c’è Tomb Raider III che porta Lara sulle tracce di quattro misteriosi artefatti provenienti da un meteorite precipitato in Antartide molto tempo prima esplorando luoghi come l’India, Londra, Nevada e Polinesia. Ci sono anche i sei livelli extra dell’espansione The Lost Artifact. Contenutisticamente non ci si può proprio lamentare con un pacchetto che nella sua totalità può tenere impegnati per almeno una cinquantina di ore se si procede a passo spedito. In più ci sono oltre 200 obiettivi/trofei per gli appassionati del completismo.

Sul resto ci sarebbe invece un po’ da discutere con un’opera di restaurazione con alti e molti bassi. Il punto forte è sicuramente l’aspetto grafico che mette in mostra un grande passo avanti rispetto ai classici a partire dai modelli poligonali di Lara Croft e degli altri personaggi, oltre ad ambienti più naturali e dettagliati, l’introduzione degli sprite 3D e un sistema d’illuminazione più naturale. Il salto grafico e decisamente migliore di quanto mi aspettassi ed è facilmente visibile quando si passa dalla grafica vecchia a quella nuova con la semplice pressione di un tasto, in qualsiasi momento, anche nelle cutscene. Sequenze cinematiche che, nonostante il lavoro di ammodernamento, accusano molto il peso degli anni rappresentando uno dei punti deboli dell’opera di rimasterizzazione. In generale comunque è incredibile come Aspyr sia riuscita a offrire un salto grafico così importante pur restando fedele al feeling e all’estetica della trilogia originale.

Per questo motivo mi risulta incomprensibile perché il team di sviluppo non abbia fatto uno sforzo così grande nel rendere questa trilogia al passo con i tempi anche in termini di giocabilità. Nelle impostazioni è possibile scegliere tra il sistema di controllo classico chiamato Tank e i controlli moderni. Sul primo inutile spendere molte parole se non per dire che al giorno d’oggi utilizzarlo è un qualcosa di impensabile, ma capisco che includerli sia un atto d’amore verso i fan storici della saga.

I controlli moderni, almeno sulla carta, sono pensati per rendere l’esperienza di gioco al passo coi tempi, ma l’esecuzione lascia molto a desiderare. Gli sviluppatori hanno dichiarato che questo sistema di controllo si ispira ai capitoli Legend, Anniversary e Underworld usciti tra il 2006 e 2008, ma non erano così legnosi. Questo perché il team di sviluppo non si è sforzato di prendere da quei giochi anche il comparto animazioni e quindi il controllo del personaggio non è poi così tanto comodo come ci si aspetterebbe. Il platform soffre di input lag o addirittura ignora i pulsanti premuti. Durante i combattimenti ci sono problemi con la mira e se si preme il tasto della schivata la telecamera, come nell’originale, si sposta per stare sempre alle spalle di Lara creando non poche complicazioni nel caso stia mirando da tutt’altra parte. Sarebbe bastato lasciare il controllo totale della telecamera nella mani del giocatore per evitare questo problema, e invece il gioco deve fare di testa sua. Per non parlare poi della telecamera che si incastra negli spazi ristretti. Insomma la telecamera in diverse occasioni diventa un vero e proprio incubo generando molta frustazione.

Sul fronte quality of life sono state introdotti alcuni elementi come la barra di salute dei boss, ma altri elementi come un tutorial sono stati proprio ignorati di conseguenza i controlli non vengono neanche spiegati e non esiste un salvataggio automatico, così come non esiste un’opzione per fare un salvataggio o un caricamento rapido dovendo quindi passare per vari menù per un’operazione che dovrebbe essere a portata di mano.

Gradita invece l’aggiunta della modalità fotografica attivabile mediante la pressione simultanea delle due levette analogiche che permette di modificare vari aspetti a partire dall’angolazione della camera fino alla posa della protagonista.

Commento finale

Tomb Raider I-III Remastered è il perfetto manuale di come si deve e non si deve realizzare una rimasterizzazione di un grande classico. Se sul fronte visivo non si può che spendere elogi per il lavoro svolto da Aspyr, d’altra parte sul fronte della giocabilità non è stato fatto molto per rendere la trilogia originale di questa storica saga al passo con i tempi. Per come è stata concepita, questa è una raccolta solo per i nostalgici, mentre i giocatori più giovani difficilmente riusciranno a godersela.