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Recensione Titan Quest

di: Simone Cantini

Quando ancora possedevo un PC aggiornato, non erano rare le volte in cui mi ritrovavo ad intrattenermi con del software che, sulla macchina precedente, mi aveva fatto dannare in quanto a performance. E non nego l’estrema soddisfazione che mi assaliva non appena mi accorgevo, sogghignando appagato, di quanto il tutto scorresse finalmente liscio come l’olio, anche se con un impatto grafico non certo all’altezza delle tribolazioni contemporanee. Ed è con questi ricordi ben stampati in mente che ho avviato, ignaro di quanto mi stesse aspettando al varco, il porting di quella produzione che risponde al nome di Titan Quest, in pratica la fedele copia carbone di quanto approdato su personal computer nel lontano 2006. Imprecazioni prestazionali incluse. Non si può dire che la trasposizione non sia stata fedele…

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Per gli dei dell’Olimpo!

Sarò doppiamente onesto: non ho giocato l’originale Titan Quest nei suoi anni migliori né, dopo aver trascorso un po’ di ore in compagnia della mia guerriera greca (ma se preferite potete dar vita ad un ellenico muscoloso), ho avvertito l’interesse di sviscerare a dovere la trama che funge da cornice all’avventura. Brevemente mi limiterò a dirvi che ci muoveremo in un mondo in cui le relazioni tra divinità ed esseri umani si sono interrotte, in seguito ad un’antica minaccia che ha riversato nei vari territori una moltitudine di entità ostili. Inutile dire come spetti a noi riportare il tutto agli antichi splendori. In definitiva, una volta eliminati tutti questi orpelli narrativi, non faremo altro che spostarci da un luogo all’altro, in perfetto stile Diablo, falciando innumerevoli orde di creature, accumulando esperienza e saccheggiando un quantitativo spropositato di oggetti, che dopo pochi secondi finiranno per scontrarsi con un inventario dalla capacità risibile. Il che, vista la natura dungeon crawler di Titan Quest, rappresenta un limite non da poco. Il divertimento di queste produzioni, difatti, risiede anche nella possibilità di ammassare equipaggiamenti su equipaggiamenti, da rivendere a caro prezzo o magari da migliorare grazie a dei potenziamenti. Nel nostro caso, ahinoi, ci ritroveremo sin troppo spesso ad ignorare gran parte dell’abbondanza che recupereremo dai forzieri e dai corpi dei nemici, sia perché non avremo mai spazio a sufficienza per immagazzinare il bottino, sia perché il sistema di raccolta degli stessi è quanto di più scomodo ci possa essere, al punto che anche solo decidere liberamente quale item recuperare sarà un’impresa degna di un vero titano.

Perle ai proci… ehm, porci

Vabè, poco male direte voi, tanto a fare la voce grossa ci penserà il gameplay nudo e crudo, giusto? Sbagliato. A dispetto dell’ampio spettro di personalizzazioni previste per il nostro avatar, che ci permetteranno di acquisire due degli otto rami di abilità, dotati ognuno di peculiari caratteristiche, una volta in gioco il tutto finirà per scadere nella semplicità più disarmante. Almeno a parole, ben inteso. Non sarebbe un male che, come vuole la tradizione, ci si debba limitare ad indirizzare il personaggio nella direzione prescelta, per poi premere il bottone di attacco. Ed infatti, proprio come in Diablo e compagnia belligerante, è questo che faremo, solo che i comandi hanno dimostrato di non voler assecondare a 360° la nostra volontà, finendo con il rendere sin troppo spesso ostico gestire gli scontri. Fastidioso il modo in cui il gioco, in maniera arbitraria, indirizza automaticamente il nostro alter ego verso un avversario, così come stizzisce la rigidità con cui lo stesso cambia bersaglio. Presente anche un pronunciato input lag dei comandi, situazione che non fa che peggiorare il quadro generale, già privo di mordente nonostante il setting comunque non certo privo di fascino (ed il successo di Kratos è là a dimostrarlo).

Tutto da rifare

Trattandosi di un porting di una produzione data 2006, almeno sarebbe stato lecito (come detto in apertura) aspettarsi prestazioni decisamente impeccabili da parte di Titan Quest, ma anche in questo caso le aspettative devono crudelmente scendere a patti con la bruta realtà. Il lavoro di conversione, difatti, è oggettivamente imbarazzante, a causa di un funesto mix di bug grafici e tecnici, texture caricate con ritardi abissali, effetti particellari che downgradano in maniera inspiegabile e, soprattutto, uno scrolling che è stato in grado di causarmi più fastidio agli occhi di quanto possa fare una sessione di otto ore con il PlayStation VR. Insomma, i valori tecnici messi in campo abbracciano la mediocrità più assoluta, al punto che viene davvero impossibile non chiedersi come un simile progetto possa avere avuto il via libera. A risollevare le sorti di Titan Quest non ci pensa neppure la modalità multigiocatore, a causa di una scelta di design quanto mai sballata: qualora decidessimo di unirci alla partita di un altro giocatore, difatti, non saremo trasportati automaticamente all’interno del party, bensì ripartiremo dal salvataggio della nostra partita e dovremo, con estremo fastidio, andare a cercare autonomamente il nostro compare di scorribande. Senza contare che, se abbandoneremo la sessione, non riprenderemo dal punto in cui avevamo precedentemente interrotto la nostra avventura, bensì dall’ultimo checkpoint visitato in cooperativa. Semplicemente assurdo.

Titan Quest è l’esempio più lampante di come non si debba realizzare un porting di una vecchia gloria. Brutto da vedere, minato da una realizzazione tecnica approssimativa ed insufficiente, l’operazione revival non ha di certo sortito gli effetti desiderati. Ad un gameplay potenzialmente interessante, per quanto ripetitivo, si accompagnano scelte di design discutibili ed una realizzazione indecente sotto tutti i punti di vista. Anzi, forse un aspetto si salva: si può disinstallare il tutto senza troppi patimenti.