Recensioni

Recensione Tin Hearts

di: Simone Cantini

Coincidenze ed affinità impreviste non sono certo poi così rare nel mondo dell’intrattenimento, con studi di sviluppo capaci di dare vita a prodotto assai vicini tra loro in maniera (più o meno) inconsapevole. Come mia personale memoria di tale assunto posso portare alla luce quanto avveniva, qualche decennio fa, relativamente ai lungometraggi di animazione, con Dreamworks e Pixar protagonisti di lanci di pellicole sospettosamente ricche di punti di contatto: Alla Ricerca di Nemo contro Shark Tales, oppure Z La Formica vs A Bug Life sono testimoni, ancora oggi attuali, di tali analogie. E proprio in questi giorni una simile situazione mi è capitata recensendo due titoli che, per quanto distanti tra loro in fatto di provenienza e stile, hanno finito per rivelare più di un’analogia lato ludico. Se di Humanity vi già abbondantemente parlato nella giornata di ieri, oggi tocca a Tin Hearts riportare in auge quel mix di meccaniche a metà strada tra puzzle e platform che fecero la fortuna di Lemmings e seguiti vari.

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Costruttore di sogni

Albert Butterworth è un abile costruttore di giocattoli, anzi, forse il miglior artigiano del settore che si possa trovare nell’Inghilterra vittoriana, capace di dare vita ad oggetti in grado di suscitare la meraviglia di grandi e piccini. Una vita tranquilla quella dell’uomo, capace di alternare la soddisfazione del proprio lavoro agli affetti della famiglia, composta dalla moglie Helen e dalla giovane figlia Rose. Un’esistenza, la sua, fortemente appagata, al punto da resistere a più riprese alle lusinghe della gilda dei costruttori di giocattoli, sempre pronta a muovere insistenti avance affinchè il suo genio possa sposare la causa in questione. Eppure, a dispetto di questo stato di placida serenità, le cose finiranno presto per precipitare, in seguito ad evento in capace di sconvolgere in modo irreparabile il felice susseguirsi dei giorni. Una storia, quella di Tin Hearts, che muove i propri passi all’interno di una cornice familiare semplice e a tratti sin troppo normale, nel suo proporre la quotidianità di Albert e dei suoi familiari, i cui sviluppi ci verranno raccontati proprio per mezzo dei giocattoli oggetto della sua arte, che prenderanno vita grazie all’intervento dello spirito che saremo chiamati ad impersonare. Un racconto intimo e doloroso, stemperato dalla giocosità delle ambientazioni e dei suoi comprimari meccanici che, nel corso delle 6-7 ore necessarie a giungere al termine, non mancherà di regalarci dei forti sussulti emotivi, fino a giungere allo straziante finale, pur mantenendo saldamente al centro della scena il riuscito gameplay della produzione firmata Rogue Sun.

In marcia!

Suddivisa in quattro atti, per un totale di oltre 40 livelli differenti, la storia che fungerà da cornice in Tin Hearts si svilupperà all’interno di stage circoscritti, in cui saremo chiamati a far giungere sano salvo sino all’uscita un piccolo plotone di soldatini meccanici. Per riuscire nell’impresa, nei panni di questo etereo deus ex machina, avremo il potere di intervenire sull’ambiente circostante, sfruttando gli strumenti di lavoro di Albert, così da costruire un vero e proprio percorso verso la salvezza. Inizialmente avremo a disposizione dei semplici blocchi di legno triangolari, con i quali potremo deviare l’incedere dei soldati, inarrestabili nella loro marcia, così da evitare ostacoli e cadute accidentali. Man mano che ci inoltreremo nel gioco, però, la situazione andrà a complicarsi non poco, sia a causa di una progressiva estensione dell’area di gioco, sia per l’introduzione di nuove e folli possibilità: cannoni, navi volanti, trenini e molte altre strane apparecchiature, andranno ad arricchire le possibilità di gameplay, grazie ad inedite e svariate possibilità di approccio. Per fare un esempio molto semplice, nella maggior parte di casi ci ritroveremo a dare vita a complesse reazioni causa/effetto, così da dare vita a dinamiche che possono riportare alla mente i bizzarri marchingegni visti nei cartoon di Tom & Jerry, o dei Looney Tunes oppure, per rimanere in ambito videoludico, nella vetusta serie The Incredibile Machine. Ecco che, ad esempio, dovremo prendere il diretto controllo di un soldatino, da far volare per mezzo di un palloncino sino ad un tavolo vicino, per poi attivare un cannone con il quale spingere un interruttore posto fuori portata, allo scopo di aprire un passaggio per il resto della truppa. Moltiplicate simili interazioni all’interno di livelli in grado di richiedere anche una decina di minuti per poter essere superati, e vi rendere presto contro di come i ragazzi di Rogue Sun siano stati in grado di dare vita ad enigmi mai banali, oltre che a tratti dannatamente complessi da sviscerare e comprendere, il tutto per la gioia degli amanti dei puzzle game più spinti. Ad aiutarci nell’impresa, tutt’altro che agevole, ci penseranno vari accorgimenti, come la possibilità di accelerare, bloccare o arrestare il tempo, così da sperimentare a dovere la bontà delle nostre intuizioni, che potranno contare anche su 5 aiuti per livello (invero non sempre puntuali) qualora dovessimo rimanere bloccati senza riserve.

La VR può attendere

Se sul fronte ludico Tin Hearts dimostra di sapersi difendere a dovere, lo stesso non si può dire a 360° anche per il comparto tecnico che, pur senza troppi sussulti negativi, non risulta esente da qualche leggero difetto. Se in merito alla messa in scena e alla caratterizzazione dei piccoli personaggi non ci possiamo lamentare, grazie ad un colpo d’occhio e ad un dettaglio più che buono, qualche dubbio solleva la realizzazione dei modelli umani della famiglia Butterworth, non certo così accattivanti. Rivedibile anche il frame rate, non sempre impeccabile e vittima di qualche sussulto di troppo: davvero strano vista la complessiva staticità dell’azione ludica. Da perfezionare anche la gestione della telecamera che, soprattutto in occasione del controllo diretto del soldatino e di alcune apparecchiature, risulta non sempre puntale e di facile lettura. Sorprende anche il rinvio all’estate del supporto a PSVR2, dato che il tutto sembra essere nato proprio per dare il meglio in ottica virtuale, pertanto mi riservo di esprimere a tempo debito il giudizio relativo all’implementazione del nuovo headset Sony. Molto buono, invece, il comparto sonoro, forte di una soundtrack delicata ed azzeccata ad opera di Matthew Chastney, che non mancherà di sottolineare a dovere i momenti salienti della narrazione, a cui si accompagna un convincente voice over in lingua inglese (presenti i sottotitoli nella nostra lingua).

Non lasciate ingannare dall’apparente atmosfera fiabesca che si respira non appena avviato Tin Hearts, dato che il lavoro sviluppato dai ragazzi di Rogue Sun (team fondato tra ex veterani di Lionhead), sotto questa sua patina scanzonata, nasconde un puzzle game ostico ed impegnativo, accompagnato da una narrazione non tutta rose e fiori come si potrebbe supporre, e che non mancherà di colpire al cuore chi avrà la pazienza di giungere al suo epilogo. Grazie ad un mix di meccaniche intuitive e semplici nella loro essenza, ma capaci di offrire una sfida tutt’altro che banale, il lavoro dello studio saprà dare del filo da torcere ai patiti di puzzle game, che si troveranno costretti a spremere bene le proprie meningi per poter mettere in salvo gli adorabili soldatini meccanici oggetto delle nostre attenzioni. Il tutto senza tralasciare una longevità che, data la natura della produzione, non è certo da disprezzare. Peccato per l’assenza al lancio della compatibilità con PSVR2