Recensione Thymesia
di: Simone CantiniRoguelite o soulslike, un dualismo che negli ultimi tempi si sta sempre facendo più serrato all’interno del mondo dei videogiochi, soprattutto se parliamo di produzioni dal budget ridotto. È innegabile, difatti, come i titoli indipendenti, o non certo in grado di beneficiare di ingenti quantità di denaro, stiano sempre più investendo in queste due tipologie ludiche. Si tratta di una scelta consapevole, che mira, per i motivi intrinsechi dei generi in questione, a garantire un discreto appeal sul lungo termine, oltre a dilatare in maniera consistente la longevità. Ed è proprio alla declinazione portata in auge da From Software che prende spunto Thymesia, opera prima degli asiatici OverBorder Studio, che era stata capace di attirare sin dall’annuncio le attenzioni dei fan, proprio per i suoi smaccati richiami ad uno dei lavori più amati della software house giapponese.
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No, non siamo a Yharnam
Quando dimostri di ispirarsi in modo evidente a Bloodborne, sia per tematiche che per direzione artistica, è quanto mai impensabile che la crescente platea degli amanti dei soulslike non finisca per dedicarti ogni attenzione possibile. E nonostante la giovane età del team di sviluppo, che proprio con Thymesia ha dato vita al suo primo lavoro, un simile paragone non ha affatto spaventato i ragazzi taiwanesi, che sono andati dritti per la loro strada, pur consci degli inevitabili pericoli. Il gioco ci calerà nei panni di Corvus, un misterioso combattente immune al letale morbo che ha devastato il remoto reame di Ermes, che spetterà a lui riportare all’antico splendore, non appena avrà ripreso il controllo dei propri ricordi. Il gioco, difatti, ci porterà ad esplorare le memorie perdute di Corvus, nel tentativo di ricostruire la ricetta con cui distillare l’antidoto per la letale pestilenza che ha tramutato le terre del regno in una landa desolata, in cui mutanti ed esseri umani impazziti sono pronti ad uccidere chiunque osi attraversarle. Aiutati dall’alchimista Aisemy, pertanto, saremo chiamati a ripercorrere i passi del guerriero, ricostruendo un tassello alla volta questo ingarbugliato (seppur non troppo) mosaico. Una storia, quella narrata da Thymesia, che per quanto assai derivativa e non certo memorabile, riesce comunque ad intrattenere, mettendo sul piatto tutti gli elementi utili a stuzzicare, seppur senza travolgere, l’attenzione del giocatore. Impossibile, in tal senso, non dare vita allo scomodo paragone di cui parlavo in apertura di paragrafo, che non può non portarci a rivedere nelle scelte del team un chiaro richiamo a Bloodborne ed alla sua piaga di sangue. Il titolo From Software, inoltre, riecheggia potente anche nella Collina dei Filosofi, hub centrale di Thymesia, in cui Aisemy andrà a ricoprire il ruolo che fu dell’Automa del Sogno del Cacciatore, aiutandoci ad accedere alle varie aree di gioco. Un confronto per ovvie ragioni sicuramente impari, ma che non ha impedito ai ragazzi di OverBorder di dare in pasto al giocatore un set di elementi in grado di rendere Thymesia un soulslike comunque degno di attenzione.
La difesa non paga
Se è vero che, a livello puramente stilistico e contenutistico, era davvero impossibile competere con chi ha dato vita al genere dei soulslike, bisogna riconoscere al team la capacità di essere riuscito a sviluppare un combat system sicuramente originale, capace di consentire a Thymesia di emergere un poco dal fitto mare di emuli che stanno sempre più saturando il mercato di genere. Per essere brutali e schematici, potremo accomunare in parte le capacità belliche di Corvus a quelle del Lupo protagonista di Sekiro: l’assenza di una barra della stamina, oltre alla meccanica esasperata del parry, rendono gli scontri molto simili a quelli del titolo uscito sotto Activision, ma fortunatamente il tutto è meno derivativo di quanto si potrebbe pensare, grazie al peculiare sistema di danni che gestisce il tutto. Corvus potrà contare su due distinte armi, una sciabola ed un artiglio retrattile: la prima servirà per infliggere rapidamente dei danni, che l’avversario potrà curare nel tempo, nel tentativo di far scoprire la barra dei punti vitali della minaccia di turno. Questi potranno essere intaccati direttamente per mezzo del secondo strumento di offesa in possesso del nostro guerriero, sebbene il suo impiego sia molto più lento e ci esponga più facilmente agli attacchi. Il quadro che ne emerge, pertanto, è quello di un combat system estremamente dinamico, in cui la passività non premierà mai il giocatore, che sarà quindi spinto a muoversi con convinzione verso un approccio decisamente più action. Questo, comunque, non impedisce agli scontri di Thymesia di sfruttare anche finestre difensive, che per mezzo di un uso sin troppo punitivo delle parate perfette, ci permetteranno di ritorcere i fendenti avversari contro i nemici stessi. Personalmente non ho mai apprezzato questo tipo di approccio, soprattutto quando diventa una parte praticamente obbligatoria del flow degli scontri, ed è legata ad una precisione maniacale per quanto riguarda le tempistiche di attuazione. Fortunatamente il suo peso nell’economia di gioco è avvertibile in modo più marcato nelle prime parti dell’avventura, ma già il primo boss, con il suo spingere il player a sfruttare tale meccanica in modo quasi esasperato, potrebbe portare i meno pazienti a gettare la spugna (confesso di esserci andato mooolto vicino). Non mancano, comunque, altre modalità di approccio agli scontri, che hanno nelle Armi Pestilenziali un ulteriore boost per quanto riguarda la varietà. Queste potranno essere letteralmente strappate dai nemici, colpendoli con un colpo di artiglio caricato: suddivise in svariate tipologie (asce, alabarde, coltelli e molto altro), queste potranno essere impiegate in modo analogo ai classici incantesimi, spendendo gli appositi punti dedicati. Ciascuna Arma Pestilenziale, inoltre, ci permetterà di beneficiare di effetti unici, che potranno spaziare dal classico boost difensivo, alla possibilità di bloccare la rigenerazione delle ferite avversarie. Sarà anche possibile farle salire di livello, aumentandone così l’efficacia, raccogliendo particolari cristalli ottenuti rigiocando i livelli o uccidendo più volte determinati nemici. Da un certo punto dell’avventura, inoltre, sarà possibile equipaggiarne sino a due, così da fornire un pizzico di varietà all’arsenale di Corvus, il cui equipaggiamento non potrà essere modificato in alcun modo. La crescita del nostro personaggio, pertanto, sarà legata allo sviluppo delle sue sparute statistiche di base, a cui si accompagnano dei talenti in grado di aumentare l’efficacia di determinate mosse, fornire bonus passivi, oppure sbloccare azioni alternative. Per quanto non certo soverchiante come quantità e possibilità offerte, vale la pena sottolineare come la crescita non sia mai rigida, dato che in qualsiasi momento potremo riallocare a piacimenti i punti ottenuti, così da modificare la nostra build a seconda delle situazioni. In tal senso, comunque, è bene evidenziare come il tutto non risulti molto bilanciato, con setup specifici in grado di portare le meccaniche quasi ad un punto di rottura, situazione che unita ad un tasso di difficoltà comunque non certo proibitivo, portano Thymesia a risultare un po’ troppo banale in quanto a sfida offerta. La stessa longevità generale, inoltre, non fa gridare al miracolo, dato che per portare a termine l’avventura, missioni secondarie comprese, non ci vorranno più di una decina di ore: un quantitativo non certo esorbitante, ma comunque giustificato da un prezzo di vendita davvero contenuto.
Ve l’ho già detto, non è Yharnam!
Laddove Thymesia riesce a stupire piacevolmente, pur con tutti i suoi limiti di piccola produzione, è per quanto concerne il level design che, seppur non presentando chissà quali guizzi creativi, riesce a veicolare a dovere l’atmosfera della sua lore. Naturalmente, come già detto, non ci troviamo al cospetto di location particolarmente originali, ma il lavoro svolto in fase di caratterizzazione e cura per il dettaglio si lascia davvero apprezzare, anche se non manca qualche piccola caduta di stile legata ad un paio di sezioni. Comunque sia, i luoghi che ci troveremo ad attraversare saranno conditi da un level design apprezzabile, che a dispetto della contenuta estensione delle varie mappe di gioco, riesce a creare intrecci esplorativi interessanti. Buone anche le prestazioni tecniche e la grafica generale, anche in questo caso se teniamo conto del prezzo di vendita, del budget a disposizione del team e delle sue dimensioni ridotte: la grafica generale è molto piacevole, con un design di ambienti e nemici apprezzabile. Ovviamente su tutto spicca la caratterizzazione di Corvus, che può contare su di un’estetica intrigante e di un set di animazioni pregevoli e precise, oltre che ben amalgamate tra di loro. Discreta anche la fluidità dell’engine che, ad eccezione di qualche sporadica e sorvolabile incertezza, ha sempre accompagnato a dovere l’azione. Poco da dire sul fronte sonoro, invece, dato che la soundtrack decisamente anonima non è coadiuvata da alcun tipo di doppiaggio, ma solo da effetti sonori nella norma e da una localizzazione in italiano di tutti i testi.
Così come detto solo pochi giorni fa per Steelrising, anche per Thymesia uscire indenne dallo scontro con il colosso che risponde al nome di Elden Ring era decisamente impossibile. Ciò nonostante, date anche le dimensioni del progetto e del suo prezzo di commercializzazione, il debutto sulla scena videoludica dei ragazzi di OverBorder Studio può considerarsi apprezzabile. Per quanto assai derivativo in fatto a tematiche e meccaniche base, la volontà di sparigliare le carte per quanto concerne il combat system si lascia apprezzare con piacere, anche se come già indicato, almeno a livello personale, esasperare l’utilizzo del parry mi non ha fatto impazzire. Il quadro generale, per quanto piacevole e divertente, non è risultato comunque scevero di qualche ingenuità, prima tra tutte la possibilità di rompere agilmente il gioco con un paio di build specifiche. Il giovane team, comunque, ha dimostrato di saper mettere sul piatto alcune idee interessanti, che speriamo possano esprimersi ancora meglio nel prossimo lavoro.