Recensione The Swapper
Lo vedo mentre scivola giù, dapprima lentamente, poi aumentando sempre più la sua velocità fino a sparire lontano, inghiottito dalle silenti tenebre siderali. Sento una live fitta al cuore, quasi come se una parte della mia anima venisse strappata con forza, ma è solo un breve, per quanto intenso, istante. Poi tutto torna alla normalità e dimentico di essere stato io stesso, fino a solo pochi secondi fa, il guscio destinato a vagare senza vita per il cosmo. Ma non c’è più tempo per pensare adesso: riprendo a vagare per i corridoi metallici, la mente annebbiata da quelle voci che si fanno sempre più insistenti, nell’attesa dell’istante in cui sarò costretto a sacrificare nuovamente il mio corpo.
di: Simone CantiniLo vedo mentre scivola giù, dapprima lentamente, poi aumentando sempre più la sua velocità fino a sparire lontano, inghiottito dalle silenti tenebre siderali. Sento una live fitta al cuore, quasi come se una parte della mia anima venisse strappata con forza, ma è solo un breve, per quanto intenso, istante. Poi tutto torna alla normalità e dimentico di essere stato io stesso, fino a solo pochi secondi fa, il guscio destinato a vagare senza vita per il cosmo. Ma non c’è più tempo per pensare adesso: riprendo a vagare per i corridoi metallici, la mente annebbiata da quelle voci che si fanno sempre più insistenti, nell’attesa dell’istante in cui sarò costretto a sacrificare nuovamente il mio corpo.
A game of clones
Può quello che altro non è che un puzzle game nascondere al suo interno una trama tutt’altro che banale, non priva di interessanti spunti filosofici? Dopo aver giocato con curiosità ed interesse il titolo di Curve Studios la risposta può soltanto essere affermativa. Abbandonati all’interno di una misteriosa stazione spaziale, in apparenza disabitata, finiremo ben presto per incrociare la nostra silenziosa esplorazione con una misteriosa razza aliena composta da rocce senzienti, chiamatiWatchers, ai quali si affiancherà ben presto un altro essere umano, che si rivelerà fondamentale per riuscire a raggiungere la tanto sospirata libertà. Sia essa spirituale che fisica. Oltre a queste due entità, però, il nocciolo della vicenda ruoterà attorno ai due dispositivi con cui entreremo in contatto dopo pochi minuti di gioco: uno ci consentirà di creare sino a quattro cloni della nostra persona, mentre l’altro (lo Swapper del titolo) ci permetterà di trasferire liberamente la nostra coscienza all’interno delle nostre copie che, spesso, una volta abbandonate finiranno per perire nelle maniere più disparate. Ed è proprio attorno a questa meccanica di traslazione dell’anima che verteranno le velleità ludiche del titolo e gli sviluppi della trama che, per quanto narrata unicamente tramite dialoghi e testi, distaccandosi dall’estetica roboante dei blockbuster, finirà per sollevare più di uno spunto di riflessione in merito al reale significato della propria esistenza.
Ghost in the shell
L’ambiente di The Swapper è costituito da numerose stanze che fungono da puzzle autonomi nell’economia del gioco: all’interno di esse sarà necessario recuperare alcuni frammenti che serviranno per sbloccare le aree più avanzate, ma raggiungerli non sarà affatto semplice come si può pensare. Per farlo, saremo, difatti, chiamati a risolvere alcuni enigmi ambientali, sfruttando la possibilità di clonarsi e trasferirsi. Dovremo quindi gestire interruttori sensibili alla pressione, piattaforme mobili e baratri. Oltre a questi ostacoli il nostro incedere sarà complicato da differenti fonti luminose, che potranno impedire la creazione dei cloni o il nostro trasferimento e che richiederanno, ovviamente, un ulteriore sforzo intellettivo per essere aggirate. Il problema delle copie è costituito dal fatto che replicheranno in tutto e per tutto le movenze dell’entità guida, dunque sarà necessario coordinare i vari spostamenti per far sì che tutte le varie azioni portino alla soluzione desiderata. Talvolta, però, le quattro copie si riveleranno poche per giungere alla soluzione, quindi non dovremo esitare nel sacrificarle (ovviamente una volta esaurito il loro compito) per poterne ripristinare il numero a disposizione: ed è a questo punto che il dubbio sulla natura di chi avremo condannato a morte verrà fuori con prepotenza e ci accompagnerà inesorabilmente fino alle battute finali. Prima però sarà necessario venire a capo delle “trappole” ideate dai ragazzi di Curve Studios che, alla fine della prova, si sono rivelate tutte molto ingegnose e, seppur non inficiate da una difficoltà proibitiva, hanno rappresenta una sfida dalla progressione decisamente ben calibrata.
Alone in the dark
Da brava produzione indipendente anche The Swapper, non potendo contare su complessi artifici grafici, ha scelto di premere a fondo sul pedale dell’atmosfera: la penombra in cui è immersa la stazione spaziale, squarciata quando serve dalle luci di bordo, riesce a trasmettere un senso di claustrofobia e solitudine che ben si sposa con le tematiche trattate. I lunghi silenzi, interrotti unicamente da rumori ambientali e brevi ma intense campiture musicali, acuiscono in maniera magistrale la sensazione di smarrimento del giocatore. La grafica, pur non abbagliando gli occhi, si è rivelata funzionale e ben amalgamata con il contesto.
Breve ma intensa, così può essere sinteticamente definita l’esperienza vissuta assieme a The Swapper. In una manciata scarsa di ore (circa 5 per la precisione),Curve Studios è riuscita a condensare elementi spiccatamente puzzle e una narrazione intelligente. Vagare e vedersi morire mentre ci addentriamo sempre più nella conoscenza dei Watchers si è rivelata una sorpresa quanto mai piacevole, capace di interessare le sinapsi anche in frangenti che esulano dal semplice godimento ludico.