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Recensione The Plucky Squire

di: Marco Licandro

È tempo di platform, come lo dimostra l’ondata di eccellenti titoli giunti ultimamente sulle nostre console. Uno di questi, che sin dall’annuncio ha certamente attirato la vostra attenzione, è The Plucky Squire, innovativo e originale platform/puzzle adventure che offre al giocatore un’esperienza unica ed un’interfaccia da fiaba. Vediamolo insieme.

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Sin dai primi trailers tutti hanno capito che questo titolo non sarebbe passato inosservato. La capacità di offrire un classico platform in due dimensioni saltando, letteralmente, in un 3D al di fuori di un libro, e viceversa all’interno di oggetti tridimensionali come se lo schema ci fosse stampato sopra, è senz’altro qualcosa che ha sorpreso piacevolmente l’intera industria videoludica.

La trama parla di un certo mago Humgrump, che da sempre ha cercato di riscattarsi dimostrando di essere il migliore, ma che ha costantemente fallito nelle sue imprese, ostacolato dal fighissimo mago dj Moonbeard ed i suoi eletti Jot, Violet, e Thrash. Quando, ormai afflitto ed esasperato, Humgrump scopre che il motivo della sua eterna sconfitta sia il fatto di trovarsi dentro di un libro, con una storia dove Jot è il famoso Plucky Squire protagonista, le cose cambiano. Da quel momento Humgrump metterà a punto un nuovo e temibile piano espellendo Jot dal libro, affinché non possa ostacolare più i suoi piani di conquista, e mettere finalmente mani al castello di Artia, comandato dalla bellissima regina Chroma.

Ok, aspettate, forse le cose andrebbero viste con una diversa chiave di lettura, visto che Humgrump sembra essere un antagonista, mentre Jot ed i suoi amici sono a tutti gli effetti i protagonisti buoni della vicenda, nonché coloro che controlleremo nel corso dell’avventura.

No, non l’ho fatto per depistarvi, quanto per introdurvi a ciò che il gioco offre in quanto narrazione e possibilità. Nonostante un gameplay abbastanza comune, il titolo riuscirà a raccontare una storia dove il giocatore sarà protagonista dello svolgimento, giocando e cambiando con le parole, nonché con il mondo all’interno e al di fuori del libro, per rendere il tutto sempre cangiante ed inaspettato. Vediamo come.

Il potere delle parole

L’impostazione base del titolo è quella di un platform in due dimensioni con visuale dall’alto. Il nostro protagonista avrà a disposizione un set di attacchi sbloccabili attraverso una valuta di gioco, utilizzando la spada per farsi spazio tra i numerosi nemici. Sarà possibile anche rotolare per schivare gli attacchi nemici, nonché saltare, afferrare piccoli oggetti, o spingerne altri.

Essendo i livelli un mix tra azione arcade e puzzle, la struttura comune sarà quella di avere vaste aree (sempre grandi quanto il libro aperto) dove alcune porte si apriranno solo allo sconfiggere tutti i nemici presenti, mentre altre avranno anche pulsanti, ponti retraibili, o strutture rotte o che creano impedimento, bloccandoci nell’area senza possibilità di avanzare. In questi casi, vi saranno descrizioni scritte sul libro, e il nostro Plucky Squire Jot potrà colpire alcune determinate parole, per poi afferrarle e sostituirle ad altre. Ed ecco come un ponte rotto può diventare subito integro se sostituita la parola “rotto” con un’altra presente nello schema che cambi la sua definizione.

Questo tipo di puzzle si aggiunge ad altre azioni meta che Jot conquisterà nel corso dell’avventura, quando dei portali gli permetteranno di uscire a piacimento dal libro e finire sulla scrivania, interagendo con il libro voltando le pagine o inclinandole affinché alcuni elementi all’interno reagiscano alle azioni del giocatore.

Un occhio al passato

Jot, Violet e Thrash sono un trio inseparabile, ognuno con le proprie capacità. Jot sfrutta la forza fisica per farsi strada. È capace di utilizzare la spada, ma quando l’occasione si presenta sarà in grado anche di scoccare freccie con un arco, nonché fare a botte a mani nude. Violet è una maga che non crede in sé stessa, ma dopo aver studiato diligentemente, si renderà utile in battaglie corpo a corpo ed altre dove potrà combattere con altri maghi a colpi di sfere colorate. Thrash viene invece da un’educazione metal, visto che il suo intero villaggio abbraccia la musica metal e ne fa di essa uno stile di vita. Il suo ritmo sta nelle bacchette, e permettono anche a lui di unirsi alle battaglie sfoggiando il suo senso del ritmo per parare i colpi dell’avversario e rimandare indietro i suoi stessi attacchi.

Questi tipi di mini-giochi, che fungono da boss fight, strizzano l’occhio ai giochi di una volta, imitando notevolmente Punch-Out, Puzzle Bobble, e Rhythm Heaven, variando il gameplay in maniera efficace e fornendo varietà al già eccellente gameplay. Vi sono fasi di gioco dove il titolo si trasformerà in un mix tra le serie GO viste su telefono, dove dovremo muoverci su caselle, e le meccaniche di Crypt of the Necromancer, muovendoci a ritmo di musica. Esilaranti.

Un salto non del tutto convincente

Se le battaglie, i salti tra 2D e 3D, ed i puzzle non fossero sufficienti, il titolo è cosparso da collezionabili, come i glitchbirds, piccoli pennuti smarriti dispersi per il gioco e abbastanza nascosti, ed altrettanto celati papiri che sbloccano bozzetti originali di sviluppo, per la gioia dei nostri occhi. L’impatto visuale è a tutti gli effetti l’impronta del gioco nonché anche la sua carta vincente. Così come un Cult of the Lamb è così unico grazie alla sua arte, lo stesso accade con The Plucky Squire e le sue bellissime illustrazioni.

Se proprio vogliamo trovare un difetto, sia il gameplay che la bellezza artistica vengono a meno nel momento in cui il gioco diventa tridimensionale, quando il gameplay si sposta sulla scrivania di Sam, il bambino che vive nella stanza e che possiede il libro. Nonostante lo stile Toy Story che ci permette di navigare una scrivania piena di penne, forbici, libri, e giocattoli, l’esperienza non è così divertente come quando ci troveremo in un ambiente bidimensionale, ragion per cui non vedremo l’ora di tornarvici il prima possibile. In particolare dato che una delle meccaniche viste durante le fasi tridimensionali saranno quelle stealth, dove dovremo muoverci cautamente accanto ad una IA poco prevedibile e non proprio ben fatta, che causerà svariate volte il dover riniziare quel punto fino ad evitare proprio lo stealth e correre direttamente all’obiettivo.

La serie di checkpoint invisibili sparsi per il gioco permettono di poter ripetere senza troppo stress le varie fasi di gioco, anche quelle lievemente frustranti come quelle appena citate, rendendo il tutto scorrevole e senza troppi drammi. Sono arrivato ai titoli di coda dopo approssimatamente 7 ore di gioco, che potrebbero aumentare se tornassi indietro a cercare la metà di collezionabili che mi son perso (nonostante li avessi cercati a fondo), e probabilmente ancora di più se il gioco non mi avesse praticamente detto cosa fare per tutta la durata del titolo. Non vi è modo di capire da soli il da farsi, salvo rari casi, visto che avremo costantemente qualcuno che ci dirà dove andare o cosa fare, e nel caso dei puzzle potremo persino chiedere suggerimenti che si aggiorneranno man mano che proseguiremo con lo stesso.

Avendo la possibilità di scegliere la difficoltà ad inizio gioco, con quella storia che permette di saltare del tutto i puzzle, ci si potrebbe aspettare di avere meno aiuti costanti in difficoltà normale, così da poterci godere il titolo e scoprire da soli cosa fare, ma questa sembra essere tarata verso il basso, risultando in un’esperienza molto semplificata, sembrando più una narrazione lineare che un platform che richiede impegno. Nonostante tutto, le battaglie contro i boss sono simpatiche e piacevoli, e non tutti riusciranno a superarle al primo tentativo.

Traiamo le somme

The Plucky Squire conquista, partendo dal suo stile visivo, passando per l’unicità del gameplay, nonché la bellezza della narrazione e simpatia dei personaggi. È quasi impossibile resistere al fascino che questo titolo emana, risultando in una decina d’ore di divertimento e qualche grattata di capo quando i puzzle iniziano a farsi più complessi, senza mai però diventare troppo difficili. L’unica pecca sta nelle fasi tridimensionali, dove il titolo non eccelle particolarmente, ma il mix tra i due stili e gameplay riesce comunque ad intrattenere e stupire, risultando in un racconto magicamente narrato e che non vedrete l’ora di vedere come va a finire.