Recensione The Persistence
di: Simone CantiniSarebbe sin troppo facile e scontato iniziare questa recensione citando il celeberrimo slogan che accompagnava il primo Alien cinematografico, pertanto mi limiterò a scrivere sono in missione per conto di Dio… e nessuno può fermarli! Ok, lo ammetto, in The Persistence non indosseremo i monocromatici panni di Jack ed Elwood, né ci cimenteremo in folli coreografie musicali. Più banalmente ci limiteremo a cercare di sopravvivere all’interno di una letale nave spaziale alla deriva, in un riuscitissimo survival horror esclusivo per PSVR. Oh, in qualche modo dovevo pur far partire l’articolo, evitando di essere troppo prevedibile…
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Uno, nessuno, centomila
Nello spazio nessuno potrà sentirti urlare (ecco, ci sono cascato lo stesso!), ma è anche davvero improbabile che qualcosa possa andare almeno per una volta nel verso giusto. E non poteva esimersi da questo assunto anche la nave da cui prende il nome il gioco in questione, ovvero la Persistence, che nel corso della sua missione di colonizzazione delle stelle si ritrova intrappolata all’interno di una distorsione spazio temporale. Inutile dire come l’anomalia abbia decimato l’equipaggio, nonché manomesso i macchinari incaricati di stampare i cloni (al cui interno avrebbero dovuto essere caricate le coscienze dei membri della spedizione), modificandone il comportamento e dando così il via ad una produzione massiva di letali creature. Starà a noi, ne temporanei panni della dottoressa Zimri Eder, cercare di riavviare i sistemi di navigazione della Persistence, così da poter ritornare sani e salvi a casa. Queste sono le premesse, invero non certo originali, dalle quali ha inizio il survival horror/rogulike dei ragazzi di Firesprite, team che vede al suo interno veterani della scena videoludica mondiale, tra i quali spiccano alcuni membri del fu Studio Liverpool. Mossi da un dichiarato amore nei confronti della realtà virtuale, i ragazzi d’oltremanica sono riusciti nell’intento di dare vita ad un’esperienza esclusiva per PSVR di assoluto spessore che, pur basando il dipanarsi dell’azione su premesse narrative già sentite, riesce a presentare un gameplay assolutamente intrigante e ben congeniato, in grado di rendere The Persistence un gioco vero a tutti gli effetti, e non la solita tech demo dalla durata e dalle velleità striminzite.
Il gioco del silenzio
Devo dire che in occasione del primo annuncio di The Persistence la scelta di proporre un ambiente di gioco creato proceduralmente mi aveva fatto storcere la bocca, sia perché ritenevo che il tutto avrebbe finito per compromettere lo sviluppo della trama, sia per il timore di veder sfruttata questa tecnologia come mero espediente per nascondere una consistenza ludica imbarazzante. Bene, se nel primo caso devo dire che le paure si sono in parte avverate, per i motivi di cui parlavo sopra, è sull’altro versante che la cantonata è stata quanto mai evidente. Ma andiamo con ordine. Il gameplay di The Persistence ci vedrà impegnati ad attraversare le stanze ed i cunicoli della nave spaziale nei panni di uno dei cloni creati dall’unica macchina che non ha risentito degli effetti dell’anomalia, nel tentativo di raggiungere di volta in volta i vari obiettivi previsti dal gioco, ovviamente cercando di sopravvivere alle letali minacce di cui l’ambiente è disseminato. Ovviamente, non essendo dei letali marine spaziali, un approccio quanto mai guardingo e furtivo è quanto mai consigliato, anche se la mappa è disseminata di macchinari tramite i quali è possibile creare al volo armi corpo a corpo, da fuoco e granate. Per farlo dovremo raccogliere dei particolari token reperibili nelle varie location, situazione che almeno nelle prime ore, ci esporrà brutalmente agli attacchi degli avversari. Ecco quindi che un approccio più stealth, magari sfruttando cunicoli, coperture ed una sorta di visione termica dalla durata esilissima, sarà quanto mai consigliato, considerando la nostra non certo irresistibile forza nel combattimento corpo a corpo. Anche perché morire ci vedrà costretti a ripartire da zero, nei panni di un nuovo clone, con solo il bottino recuperato nella precedente run ancora in nostro possesso (bye bye armi). È qua che l’anima roguelike di The Persistence viene fuori, visto che nell’hub principale potremo spendere le cellule staminali, raccolte dai corpi degli avversari e nella mappa di gioco, per potenziare permanentemente il nostro avatar. Oppure utilizzare gli schemi trovati per dare vita a cloni più potenti, oppure upgradare o modificare i perk della nostra armatura attuale. Le possibilità di personalizzazione sono molto elevate ed in grado di garantire un senso di progressione decisamente appagante e stimolante. Una volta sistemato il nostro nuovo corpo, sarà quindi il momento di riprendere l’esplorazione, trovandoci però al cospetto di un layout della mappa di gioco che cambierà ad ogni sortita (pur mantenendo attivi gli obiettivi sbloccati). L’algoritmo di creazione si è rivelato valido, anche se data la natura intrinseca dell’ambiente la sensazione di déjà vu inizia ad emergere già dopo poche partite. Ma si tratta di una piccola pecca che di certo non va ad inficiare l’esperienza generale.
Un lungo spavento
Sì, perché è innegabile come il vero punto di forza di The Persistence sia da ritrovare nella vincente accoppiata horror/PSVR, capaci di sposarsi ancora una volta alla perfezione e di restituirci un gioco dall’atmosfera quanto mai azzeccata e coinvolgente. Ed il tutto, per una volta, è affiancato da una longevità di tutto rispetto che, a meno di non essere degli infallibili e sfuggenti sopravvissuti, difficilmente vi vedrà impegnati per meno di 8-9 ore prima di farvi giungere ad uno dei tre finali previsti, ma non è da escludere che sopravvivere agli orrori della Persistence vi possa portare via un po’ di tempo in più. E data la durata corposa dell’esperienza, è davvero un piacere constatare come il team si sia sforzato per evitare i problemi di motion sickness, proponendo tre differenti sistemi di locomozione, in grado di adattarsi davvero a tutti gli stomaci. Personalmente, dopo una run di oltre due ore, l’unico fastidio avvertito era dovuto al caldo causato dall’avere il visore attorno alla testa. Simpatica aggiunta, inoltre, la possibilità di giocare The Persistence assieme ad altri amici, sfruttando una companion app (gratuita) per dispositivi mobili, tramite la quale si potrà aiutare od ostacolare il giocatore principale, distraendo o aizzando i nemici, analizzando l’ambiente ed altro ancora. Molto buona anche la presentazione visiva della produzione Firesprite, anche se bisogna riconoscere come il design di ambienti e creature sia quanto mai generico e privo di reali guizzi. Ottimo il comparto audio che, soprattutto in cuffia, sarà in grado di acuire il senso di tensione opprimenti di cui la Persistence è ammantata.
Lo avevo accolto con scetticismo, ma alla fine sono stato davvero felice di rivedere in positivo le mie aspettative in merito a The Persistence. Sì, perché pur basandosi su meccanismi che non mi hanno mai fatto impazzire (rogulike/procedurale) il lavoro dei ragazzi di Firesprite è riuscito nell’intento di dare vita ad un survival horror divertente e dalle meccaniche ludiche sicuramente intriganti. Inutile, inoltre, sottolineare come il boost emotivo garantito dal PSVR riesca ad accentuare in maniera magistrale il gameplay di base di questa esperienza che, almeno per una volta, sceglie consapevolmente di configurarsi come un gioco a tutti gli effetti, durata compresa. Inutile dire che, a meno di non essere inclini allo spavento facile, se possedete un PSVR non avete davvero alcun motivo sensato per lasciarvi sfuggire The Persistence.