Recensioni

Recensione The Nioh Collection

di: Simone Cantini

Quando uscì nel lontano 2017, a ben 13 anni dal giorno del primo annuncio ufficiale, in pochi erano pronti a scommettere sulla bontà di Nioh, seguendo il purtroppo quasi sempre attendibile teorema che vuole un titolo dallo sviluppo travagliato trasformarsi in un colossale fallimento. Eppure, la rilettura dei soulslike in salsa Team Ninja, dimostrò con pochi fendenti di essere ben più di un semplice lavoro di copia/incolla, mettendo in mostra una propria, precisa identità, sorretta da un gameplay frenetico e stratificato, come vuole la tradizione dello studio nipponico. Da queste premesse, pertanto, era più che lecito attendersi un inevitabile seguito, che solo pochi mesi è riuscito a confermare, ancora una volta, come la neonata serie sia in grado di svettare a testa alta nell’affollato panorama di emuli del genere rinfrescato da From Software. Ed ora che PS5 è qui (nonostante i problemi di distribuzione), quale migliore occasione di The Nioh Collection per testare in salsa quasi next gen le due fatiche firmate Team Ninja.

Per visualizzare i video di terze parti è necessario
accettare i cookie con finalità di marketing.

Sangue e demoni

Trattandosi di una semplice raccolta di remaster, che include oltre alle avventure originali tutti i DLC sino ad oggi rilasciati per entrambi i capitoli, trovo quanto mai superfluo approfondire gli aspetti di trama e gameplay degli elementi contenuti in The Nioh Collection: se volete sapere cosa ne penso di entrambi, e farvi un’idea precisa di ciò che troverete nel pacchetto, qualora non ne aveste mai sentito parlare, non posso che rimandarvi alle mie due recensioni (le trovate qua e qua). Tanto per farla breve, ed aiutare i più pigri nella lettura, posso solo dire che i giochi in questione sono dei soulslike eccellenti sotto tutti i punti di vista, che uniscono alle consuete meccaniche a base di morti ripetute e difficoltà oltre la media, un gameplay estremamente frenetico, che fa dei combattimenti all’arma bianca il suo punto di forza maggiore. Tutto è calato in un due distinti momenti della storia nipponica, e ci metterà dinanzi ad orde di umani e yokai (i demoni tipici della cultura folklorica giapponese), non risparmiandoci una manciata di boss bastardi al punto giusto. Trovandomi, però, a parlare di una semplice versione rimasterizzata per current gen di produzioni già note, trovo più logico soffermarmi ad evidenziare quelle che sono le migliorie che troverete nel pacchetto, e capire se il tutto si configura come un acquisto consigliato, oppure non è altro che l’ennesimo prodotto assemblato al risparmio, buono solo a sfruttare l’entusiasmo figlio della nuova console Sony.

Questione di velocità

Non è certo un mistero che chi vi scrive non ha mai visto di buon occhio i remaster, che ho sempre considerato mere operazioni commerciali, buone solo ad incamerare quattrini senza che vi fosse un reale sforzo produttivo alle spalle. Se pensiamo alle generazioni passate, difatti, simili situazioni si sono quasi sempre limitate ad un aumento puro e semplice della risoluzione, senza che nulla del materiale originale venisse toccato: se questo poteva avere un perché nel passaggio dalla bassa all’alta definizione, visti gli ovvi benefici visivi, con l’aumento esponenziale della risoluzione trovo questi vantaggi quanto mai minimali, dato che parlando di 4K, serve almeno uno schermo dal polliciaggio adeguato per scovare qualche differenza sostanziale. E sotto questo punto di vista The Nioh Collection non tradisce, ahimè, le mie basse aspettative, presentandoci un comparto estetico che si limita a ripulire leggermente quello che la Modalità Film delle due produzioni originali era stata in grado di proporci a suo tempo. I benefici, pertanto, sono tutti legati alla fluidità dell’azione, legata alle tre distinte opzioni grafiche selezionabili dal menu di gioco: la prima proporrà una risoluzione in 4K, con un frame rate che, salvo qualche leggero calo, punta quasi sempre ai 60 frame al secondo; segue una modalità in Full HD, che perde qualche lieve dettaglio in favore di una fluidità più costante (ma parliamo di briciole); l’ultima opzione, invece, è diretta ai possessori di schermi in grado di supportare i 120 frame al secondo che, sacrificando ancor di più lato visivo, restituiscono una velocità di azione ancora più marcata. Ad ognuno la propria scelta, pertanto, ma visti i comportamenti nel trittico di frangenti, ritengo la prima scelta quella più equilibrata e soddisfacente, pur se come le altre non presenta il benché minimo beneficio estetico che sarebbe lecito attendersi da un hardware next gen: niente, difatti, è stato ricostruito o modificato, che si parli di texture, animazioni o illuminazione.

Sentire la lama

Se non fosse per il puro frame rate e la risoluzione maggiore, pertanto, sembrerebbe quasi come se stessimo giocando ad un titolo in pura retrocompatibilità. A mitigare questa sensazione ci pensa, pertanto, il DualSense, grazie allo sfruttamento del feedback aptico e dei trigger adattivi. Per quanto non certo invasiva, la prima feature riesce ad amplificare in modo evidente la brutalità dei colpi inflitti, oltre a sottolineare in modo convincente alcune piccole azioni contestuali. Più marcato il supporto ai grilletti, che sono riusciti a rendere più tangibile l’utilizzo delle armi a distanza, simulando la tensione della corda dell’arco, oppure la resistenza del grilletto delle bocche da fuoco. Sono piccolezze, sia chiaro, ma fa piacere che siano state implementate. Buono il lavoro svolto dal Tempest Engine, che è riuscito a riprodurre in maniera ancora più avvolgente ed immersiva le sonorità delle battaglie, anche se il banco di prova della soluzione audio Sony sarà da testare più approfonditamente con produzioni unicamente next gen. Completamente da rivedere, invece, la gestione del Cross Save, utile per recuperare i propri progressi di gioco: per importare i salvataggi, difatti, non sarà possibile accedere a quanto archiviato nel cloud o nella console, ma dovremo gioco forza scaricare anche la versione PS4 di entrambi i giochi, e caricare manualmente in uno spazio condiviso i vari file. E visto che parliamo di 50 gigabyte a gioco, non la trovo un’idea molto azzeccata. Rivedibile, per chi possiede i giochi originali, anche il modo in cui Koei Tecmo ha scelto di gestire l’upgrade alle versioni PS5, con Nioh 2 che si aggiornerà senza nessun costo (qualora decidiate di non acquistare la raccolta), mentre il primo capitolo risulta stranamente a pagamento. Dipenderà dal fatto che la versione rivista ha segnato l’introduzione del photo mode? Non credo proprio…

Il giudizio su The Nioh Collection è sicuramente duplice, a seconda che ci si approcci al lavoro Team Ninja da profani o da veterani della saga. Questi ultimi, difatti, hanno pochi motivi per procedere all’acquisto, soprattutto se hanno sviscerato in ogni sua forma entrambe le avventure ed i vari DLC, dato che ad attenderli troveranno solo un frame rate migliorato e l’implementazione del DualSense. Se invece è la prima volta che ci si approccia al massacro di yokai, The Nioh Collection rappresenta sicuramente un’ottima occasione, dato che permette di mettere le mani in un colpo solo su di una serie di contenuti in grado di intrattenere per oltre 200 ore. Anche se forse il prezzo di vendita avrebbe potuto essere più contenuto, visti gli sforzi produttivi non certo proibitivi che l’operazione in questione ha comportato.