Recensione The Last Oricru
di: Simone CantiniFare il passo più lungo della gamba è prassi assai comune nella nostra quotidianità, un modo di agire mai premeditato, quasi inconscio, figlio di una eccessiva fiducia nelle proprie capacità, o magari di un semplice e banale errore di calcolo. E se accade nella vita di tutti i giorni, sia che si tenti, invano, di superare una pozzanghera con un balzo, oppure credere si possa battere in velocità una valanga (questa da dove mi è uscita fuori?!), non deve stupire se un tale eccesso di entusiasmo riesce a contaminare anche il mondo delle produzioni videoludiche. Evento non così raro, soprattutto se parliamo di debutti sulla scena. Come nel caso di The Last Oricru, titolo d’esordio di GoldKnights, che ha scelto di affacciarsi sul mercato con non poche ambizioni racchiuse nel proprio zainetto dei sogni. E sì, maledetto me, si tratta ancora una volta dell’ennesimo soulslike da recensire!
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Plasmare il mondo a colpi di risate
Per quanto new entry del panorama videoludico, almeno sul fronte narrativo, il collettivo di stanza a Praga sembra avere le idee molto chiare, visto il modo sicuramente interessante con cui è riuscito a costruire la cornice narrativa di The Last Oricru. Forte di suggestioni capaci di mescolare con efficacia elementi fantasy e sci-fi, il mondo di Wardenia sarà il teatro delle avventure di Silver, un umano in possesso di una misteriosa cintura, in grado di sottrarlo in eterno all’abbraccio della morte, in un ciclo infinito di cadute e resurrezioni. Una dote in grado di porlo al centro della guerra che intercorre tra le tre fazioni che abitano questo remoto pianeta, ovvero gli umanoidi Naburu, gli animaleschi Ratkins (ovvero la versione made in GoldKnights degli Skaven di Games Workshop) e i Broken Army. Un conflitto spietato e sanguinario, in cui non esistono buoni e malvagi a tutto tondo, ma che vedrà ciascuna delle forze in gioco perennemente in bilico tra luci ed ombre. E sarà proprio il nostro spavaldo Silver, nel tentativo di recuperare i propri ricordi perduti, che finirà per plasmare il destino di questo mondo remoto. Non è un mistero, difatti, che l’ambizione del team ceco fosse quella di realizzare la propria versione, a livello puramente narrativo, dell’epopea vissuta nella trilogia di Mass Effect, attraverso un gameplay in cui le scelte del protagonista avrebbero finito per avere un impatto di primaria importanza. Ed in tal senso, possiamo dire come gli obiettivi siano stati in parte centrati, almeno per quanto riguarda la reale influenza che le nostre decisioni avranno sull’evoluzione degli eventi: gli snodi narrativi che ci vedranno giudici e boia, difatti, condurranno a palpabili variazioni sia di trama che di avvenimenti puramente ludici, così da garantire una discreta dose di rigiocabilità. Certo, non si raggiungono mai le vette sperimentate nella saga BioWare, ma pur nella sua semplicità di fondo, l’intreccio narrativo costruito dal team funziona ed intrattiene, anche se permangono alcune marcate perplessità in fatto di mood generale. Il tutto per colpa dei dialoghi spesso inutilmente prolissi e ridondanti, capaci di allungare artificiosamente il brodo e snocciolarci dettagli a tratti sin troppo superflui. La stessa caratterizzazione di Silver, poi, non fa nulla per migliorare la situazione, sia per il livello di scrittura delle sue battute (in più di un’occasione completamente fuori contesto e cariche di una comicità che mal si amalgama alle vicende), sia per la qualità del doppiaggio, che lo rende beffardo oltre misura, così da renderlo malamente coeso con ciò che sta vivendo.
Vorrei ma non posso
Tra alti e bassi, comunque, la sceneggiatura di The Last Oricru si porta a casa la tanto agognata sufficienza, ma le buone intenzioni dimostrate hanno finito per essere fatalmente affossate da un altro aspetto, di importanza e portata ben maggiori: parlo delle meccaniche di combattimento. Ok, oramai non deve stupire la scelta di un approccio soulslike, legato quindi a checkpoint in grado di attivare il respawn di avversari (oltre che indispensabile per il canonico level up basato sulle statistiche ormai standard), alla presenza di un corposo set di elementi equipaggiabili, oltre che dal rodato e familiare combat system, basato sulla trimurti attacco normale/pesante/parry, a cui si aggiunge la schivata. Niente che non si sia già visto altrove, in definitiva, ma che in questo caso risulta afflitto da una legnosità esasperante del moveset, che fa il paio con uno sporadico input lag dei comandi inseriti. A rendere il quadretto ancor meno idilliaco, ci pensano delle hitbox tutt’altro che perfette, oltre ad un feedback dei colpi praticamente impalpabile e delle movenze nemiche in grado di renderci, spesso, inermi bersagli dei fendenti avversari. A mitigare il tutto ci pensano alcune interessanti intuizioni, come la presenza di magie e skill peculiari abbinate ai vari armamenti, oltre ad una difficoltà generale tutto sommato contenuta, situazione che rende più approcciabili gli scontri. Purtroppo, però, a complicare il tutto ci pensa un level design a tratti caotico, che ci costringerà a girovagare a vuoto anche solo per capire come aprire una semplice porta, e risulterà anche piagato da ostacoli insormontabili, mascherati da nemici in grado di oneshottarci senza pietà. Il che è un vero peccato, dato che comunque, se analizziamo l’essenza dell’esperienza, quanto proposto da GoldKnights avrebbe potuto divertire davvero. E personalmente, pur riconoscendone i difetti, la voglia di andare avanti è risultata sempre presente nel corso della prova, ma sicuramente sulla mia disponibilità d’animo ha influito il non aver speso denaro sonante per il codice di gioco.
Tecnica imperfetta
Sarebbe ingiusto sostenere che l’impatto tecnico/grafico di The Last Oricru sia in grado di rendere giustizia agli hardware attuali, ma sarebbe parimenti poco onesto indicare come tutto quello che si muove sullo schermo sia disastroso. Come sempre, e mai come in questo caso, la verità sta nel mezzo, anche se più pendente in direzione del “non ci siamo”, piuttosto che verso un giudizio sicuramente positivo. A spiccare in negativo, sono in primis le legnose animazioni chiamate a gestire le movenze dei vari personaggi, mal amalgamate tra di loro e non certo bellissime da vedere. Gli stessi scenari peccano per qualità generale, anche se va riconosciuto come non manchino situazioni decisamente più suggestive ed in grado di appagare la vista del giocatore. Diciamo che almeno a livello puramente stilistico, il debutto di GoldKnights ha il suo perché, proprio in virtù della caratterizzazione del mondo di gioco. Tra alti e bassi vivono anche le performance dell’engine, invero non troppo stabili, ma nemmeno poi così drammatiche come le origini del fenomeno soulslike ci avevano costretto a vivere. Rivedibile il level design generale, con porzioni che rendono davvero ostico il capire dove occorre andare, e che ricorrono in maniera subdola ai citati muri invisibili, capaci anche di oneshottare senza pietà il player. Non male il doppiaggio generale, sebbene la caratterizzazione di Silver rasenti davvero il fastidio più assoluto, con il suo tono forzatamente scanzonato che mal si amalgama a situazioni e decisioni che siamo chiamati a vivere tramite di lui. Senza infamia e senza lode la soundtrack, anche se non mancano brani che denotano una cura sicuramente pregevole.
Passo più lungo della gamba? Alla fine dell’analisi, sebbene a livello puramente personale mi sia tutto sommato divertito in compagnia di The Last Oricru, viene davvero difficile promuovere l’opera prima di GoldKnights, fiaccata come è da evidenti problemi di design, oltre che squisitamente realizzativi. Il titolo poggia sicuramente su dei piastri alquanto ambiziosi, dati i punti di riferimento non proprio banali a cui si ispira, ma finisce per pagare pegno al cospetto di alcune storture produttive davvero difficili da mandare giù a fine 2022. Il che è un vero peccato, dato che il potenziale per dare vita ad un titolo degno di ambire ad altri risultati c’era tutto. E chissà che la batosta non serva da lezione al team, che magari riuscirà a mantenere salda la rotta in occasione del prossimo gioco.