Recensione The Last of Us Part II
di: Luca SaatiForse Naughty Dog deve aver stretto un patto con il diavolo che deve avergli promesso tutto il talento di questo mondo a patto che chiuda ogni generazione di console con un capolavoro. Preferiamo tagliare la testa al toro e dirvelo subito: The Last of Us Part II, così come il suo predecessore, è un capolavoro e chiude questa generazione di console facendole raggiungere il suo apice.
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Il prezzo della vendetta
Sono passati quattro anni dal finale del primo The Last of Us. Ellie e Joel adesso vivono a Jackson, cittadina che abbiamo intravisto nel primo capitolo, e che grazie alla guida di Tommy, fratello di Joel, e di sua moglie sta portando un barlume di civiltà in questo mondo. Jackson con i suoi edifici e il suo saloon ricorda una cittadina del far west, qui i sopravvissuti vivono una vita tranquilla: c’è chi gestisce un bar, chi si occupa dei cavalli, chi dell’allevamento degli animali e chi della coltivazione di piante e frutta. C’è però anche chi corre rischi tutti i giorni per assicurarsi la tranquillità di Jackson, tenendo gli infetti a debita distanza. Ovviamente Ellie con il suo background non può limitarsi a stare nelle mura di Jackson, e così eccola che si avventura insieme a Dina all’esterno, ricordandoci in un attimo quanto sia ancora pericoloso il mondo là fuori a causa degli infetti. Ben presto però ci si rende conto che il vero pericolo nel mondo di The Last of Us non sono gli infetti, ma gli esseri umani. Dopo un tragico evento in quel di Jackson, Ellie parte per un viaggio verso Seattle spinta solo dal desiderio di vendetta. Arrivata a Seattle, Ellie si ritrova una situazione tutt’altro che facile visto che in città incombe una guerra tra due schieramenti: da una parte abbiamo il Washington Liberation Front, meglio noto come WLF o lupi, una forza paramilitare che cerca di ricostruire a modo suo il mondo; dall’altra i Serafiti, chiamati in modo dispregiativo iene dai militari, una setta che segue il culto della madre che rifiuta tutto ciò che apparteneva al vecchio mondo.
Se alla base del primo The Last of Us c’era un fine nobile quale era la ricerca di una cura, The Last of Us: Part II stravolge le carte in tavola e mette in risalto il peggio dell’umanità e lo fa partendo proprio da Ellie che si lascia completamente pervadere da un istinto primordiale come la rabbia. Ellie diventa ossessionata dalla vendetta, si lascia accecare da quel desiderio, è disposta a tutto pur di raggiungere al suo scopo arrivando al punto da farci provare un senso di repulsione nei suoi confronti. A un certo punto ci è sembrato che il controller iniziasse a diventare pesante, anche la semplice pressione di un tasto per attaccare un nemico è diventato un atto così difficile da volerci rifiutare di compiere quell’azione, cosa mai avvenuta in un videogioco.
The Last of Us Part II fa ciò che poche altre opere sono riuscite a fare in ambito videoludico: sfruttare l’epidemia zombi per raccontare la decadenza dell’umanità. E lo fa immergendo il giocatore in un mondo brutale e spietato dove non esiste né il bene e né il male, ma solo sfumature di grigio. Nelle 30 ore che abbiamo impiegato per raggiungere i titoli di coda si fa la conoscenza di diversi personaggi, ognuno con la propria storia e le proprie motivazioni e ci si rende conto che tutti, Ellie inclusa, hanno in comune una cosa: l’essere sopravvissuti. Sopravvivere in un mondo del gioco significa raggiungere compromessi con la propria umanità, si può arrivare addirittura a perderla perché in un mondo così cattivo l’essere buoni equivale a morire.
Nonostante una longevità ben sopra la media per questo tipo di videogiochi (il primo capitolo durava circa la metà), la storia di The Last of Us Part II ha un ritmo della narrazione semplicemente perfetto, cosa non così scontata per un gioco longevo. È veloce e furioso come la sua protagonista lasciando senza fiato il giocatore che può tornare a respirare solo in quei momenti di riflessione e di introspezione dei personaggi, e in quei flashback che colmano il buco di quattro anni tra la storia del primo e di questo secondo capitolo. Ad essere sinceri se non fosse per quel timer presente nel file di salvataggio, neanche ci saremmo resi conto di aver fatto 30 ore di gioco in così pochi giorni. Il tempo è praticamente volato ed è successo perché The Last of Us Part II è un mix di emozioni uniche: ti fa piangere per gioia e per tristezza, ti fa arrabbiare, spaventare, riflettere e infine ti fa innamorare (o provare odio a seconda dei casi) dei suoi personaggi. A voler essere pignoli un difetto lo abbiamo trovato in un comparto narrativo sontuoso: la parte finale. Non ci riferiamo al finale che abbiamo trovato semplicemente perfetto, ma alle ultime due ore del gioco che ci han dato l’impressione di voler allungare inutilmente un brodo delizioso. Che poi sia chiaro, ad avercene di videogiochi che allungano il brodo come lo fa The Last of Us Part II.
Capitolo a parte lo meriterebbe la narrativa ambientale che riesce a raccontare tanto di questo mondo con delle semplici immagini. Basta fermarsi un attimo, esplorare ciò che sta attorno per capire tanto del mondo di The Last of Us Part II. E non ci riferiamo solo ai collezionabili e alle lettere sparse un po’ ovunque che sicuramente arricchiscono il background, ma soprattutto all’architettura degli ambienti in rovina, un disegno di un bambino sui muri, o un corpo senza vita che si trova lì da chissà quanto tempo. The Last of Us Part II lascia parlare le immagini e dimostra come le parole talvolta non servono per raccontare una storia.
Manuale di sopravvivenza
Il gameplay di The Last of Us Part II rappresenta la naturale evoluzione di quanto di buono si era già visto nel primo capitolo. Non c’è niente di stravolgente o rivoluzionario, ad eccezione di una IA incredibile di cui vi parleremo più avanti, ma tutto risulta più raffinato e amalgamato così bene da sembrare a tratti anche più facile da giocare nonostante abbiamo affrontato l’intero playthrough a livello Difficile.
Alla base abbiamo sempre quel mix di action, stealth, survival ed esplorazione. Ciò che stupisce è come il gioco passi da un momento all’altro in modo fluido senza stacchi o interruzioni. Non c’è un modo giusto o sbagliato di giocare The Last of Us Part II, c’è solo il modo che preferite. C’è chi preferirà un approccio più diretto, chi invece uno più furtivo per risparmiare qualche proiettile, o chi addirittura preferirà evitare del tutto gli scontri aggirando i nemici e lasciandoseli alle spalle. In alcuni momenti c’è addirittura la possibilità di distrarre i nemici scatenando su di loro un piccolo gruppo di infetti.
Ellie colma la sua minore forza fisica con una maggiore agilità che le permette di effettuare un salto per raggiungere punti sopraelevati, di infilarsi nei cunicoli più stretti e di schivare gli attacchi con un’apposita mossa attivabile con il tasto L1. Ellie si rivela quindi una predatrice letale quanto lo era Joel nel primo episodio con un parco mosse ancora più variegato. In più la protagonista è in grado di strisciare a terra per nascondersi nell’erba alta o sotto un camion. Naughty Dog ha comunque pensato bene di non rendere le cose troppo facili poiché nascondersi nell’erba non equivale a essere invisibile come succede in praticamente tutti i videogiochi attuali e basta che un nemico si avvicini più del dovuto per scoprirci. Sul fronte gunplay Naughty Dog ha apportato qualche miglioria restituendo una maggiore precisione lasciando intatto quel feeling del primo episodio che dava la sensazione di utilizzare davvero una persona come tante non addestrate all’uso di un’arma da fuoco. Ad aver giovato in particolar modo è la combinazione arco e frecce che risulta molto più semplice e veloce da usare rispetto al primo capitolo.
Il level design è studiato meticolosamente, la verticalità degli ambienti può essere sia un vantaggio per Ellie che uno svantaggio visto che anche i nemici possono posizionarsi in punti sopraelevati per ottenere un vantaggio tattico. Basta un attimo ed ecco che un piano per architettato può andare in frantumi costringendo a cambiare in corsa eliminando prima il nemico che ci tiene sotto tiro e poi scappare, nasconderci e riorganizzarci per affrontare gli avversari ormai allarmati. La naturalezza con cui il gameplay di The Last of Us Part II si adatta al giocatore e a ciò che avviene su schermo è a tratti disarmante ed è proprio per questo motivo che sembra più facile del suo predecessore. Proprio per questo vi consigliamo sin da subito di optare per il livello di difficoltà difficile visto che a intermedio o facile si rischia di perdere quella componente survival che caratterizza l’avventura di Ellie. Già al livello difficile le risorse in giro si fanno più scarse e talvolta sarete costretti a ponderare attentamente cosa creare in un dato momento per ottenere il giusto vantaggio in battaglia nei numerosi scontri. In tal caso a soffrirne un po’ di più saranno quei giocatori che preferiscono un approccio più aggressivo mentre chi, come il sottoscritto, è un cultore dello stealth si ritroverà a tratti a non poter raccogliere le munizioni a causa dell’inventario pieno.
Umanità
Ciò che è davvero avanti in The Last of Us Part II è l’intelligenza artificiale. Innanzitutto possiamo finalmente notare che il solito difetto dell’IA dei compagni che ha caratterizzato gli ultimi lavori di Naughty Dog è stato risolto: gli alleati non risulteranno più invisibili ai nemici nelle fasi stealth, anzi saranno una parte attiva di questi momenti. Per fortuna si comportano sempre bene e raramente capiterà loro di rovinarvi un piano, anzi risulteranno sempre collaborativi. L’IA dei nemici rappresenta il vero punto di svolta del gioco ed è quel qualcosa che sa già di next-gen e setta un nuovo standard in ambito videoludico. Ogni nemico ha la sua personalità e il suo nome e interagisce con i compagni in maniera credibile. Sono tutti quei piccoli dettagli a fare la differenza e a rendere gli scontri più credibili, basti vedere come si chiamano per nome, come impostano tattiche d’accerchiamento, come reagiscono quando un compagno viene ucciso sotto i propri occhi, quando trovano un cadavere, o un cane piange sul cadavere del proprio padrone. Anche gli amici a quattro zampe risultano sempre credibili, possiedono anche loro un nome e vanno alla ricerca di tracce di Ellie seguendo la scia che lascia al suo passaggio. I cani rappresentano quindi una grossa minaccia visto che possono scovare la protagonista anche se ben nascosta. Quanto descritto finora riguarda principalmente il comportamento dei Lupi, perché per le Iene ci sono alcune differenze sia nel modo di combattere che di comunicare. Se i Lupi prediligono infatti un approccio più diretto grazie al loro equipaggiamento militare, le Iene comunicano tra loro con dei fischi e combattono principalmente con arco e frecce o con armi corpo a corpo.
Per quanto riguarda gli infetti c’è poco da dire sul fronte IA visto che seguono le classiche routine dei non morti, tuttavia abbiamo notato come Naughty Dog abbia cercato di dare maggiore spessore al secondo stadio della mutazione: gli stalker. Quest’ultimi infatti nel precedente episodio non godevano della stessa caratterizzazione riservata ai runner, clicker e bloater, mentre adesso sono dei predatori veloci e silenziosi che aspettano in un angolino un passo falso per tentare un’imboscata. Non manca comunque qualche sorpresa tra gli infetti come gli shambler, una nuova mutazione dovuta alla particolare umidità di Seattle. Questa creatura ha l’aspetto di un bloater più piccolo e attacca con un letale gas acido chiunque si avvicini. Le altre sorprese non ve le anticipiamo, ma Naughty Dog ha fatto un lavoro encomiabile anche con gli infetti regalando momenti di grande tensione come un horror e sequenze da far invidia anche al migliore dei Resident Evil.
A ognuno la sua Ellie
Gli scenari di gioco possono vantare non solo dimensioni molto più generose rispetto al primo episodio ma anche una maggiore profondità. C’è addirittura una zona sandbox con tanto di mappa da consultare in cui svolgere qualche piccolo compito secondario. Un vero peccato che questo momento sandbox si limiti solo a un momento preciso del gioco e non si ripeta anche in una fase più avanzata visto che esplorare Seattle si rivela un vero piacere non tanto per la raccolta di armi, accessori e materiali, ma per quel senso di scoperta che questa sequenza porta con sé. Non che a The Last of us Part II manchino momenti di questo tipo anche nelle scene più lineari, ma senza ombra di dubbio qualche sequenza extra dal respiro più ampio avrebbe giovato non poco all’esperienza di gioco.
Legata all’esplorazione troviamo la componente crafting che scava ancora più a fondo e non si limita alla sola creazione di molotov, trappole e bombe fumogene. Sparsi per lo scenario possiamo trovare i materiali utili per migliorare le armi all’apposito tavolo con tanto di animazioni curate sin nei dettagli più piccoli. Da precisare che in una sola run risulta impossibile potenziare al 100% tutte le armi costringendo il giocatore a fare una scelta in base al proprio stile di gioco. Anche le abilità di Ellie sono migliorabili grazie a una serie di manuali che sbloccano nuovi rami in cui investire altri materiali. Come per le armi anche le abilità di Ellie sono impossibili da potenziare in una sola run, di conseguenza si dovranno fare anche in questo caso delle scelte ben ponderate.
Un mondo in rovina
C’è solo una parola per descrivere il comparto tecnico e grafico di The Last of Us Part II: sontuoso. L’impatto visivo lascia semplicemente a bocca aperta e si intuisce che i ragazzi di Naughty Dog hanno fatto di tutto per spremere al massimo la potenza di PS4 e PS4 Pro. Tutto ha dell’incredibile a partire dagli scenari in rovina invasi ormai dalla vegetazione, l’illuminazione, i riflessi, gli effetti particellari e soprattutto le animazioni. Ellie è sempre cosciente di quello che ha attorno a sé e lo dimostra con quei piccoli gesti come quando si appoggia alla parete o scaraventa un nemico su un muro. Straordinaria anche la qualità delle espressioni facciali con un performance capture che raggiunge nuove vette di eccellenza e risalta la grande bravura degli attori. E che dire poi della regia degna dei migliori capolavori di hollywood e con un passaggio da sequenze giocate a cinematiche che avviene con grandissima naturalezza.
Ma sono anche i piccoli dettagli a fare la differenza in The Last of Us Part II e che rendono sempre più credibile questo mondo: la polvere che si alza al passaggio di Ellie, la neve che cade dagli alberi a Jackson, le gocce di pioggia che scivolano dagli abiti, gli arti dei nemici smembrati e le grida di dolore, la fisica della corda, o il movimento dello zaino sulla spalla. L’opera di Naughty Dog è piena di tutti queste minuzie, alcune probabilmente neanche le noterete, ma è anche questo che ci fa comprendere la scala di questo progetto e la passione con cui gli sviluppatori ci hanno lavorato.
Ma a stupire è anche il suono ambientale che riesce a simulare in modo perfetto la spazialità dei rumori e riesce a rendere ulteriormente profondo il gameplay. La componente sonora non è da meno con un doppiaggio in italiano di ottimo livello, un accompagnamento sonoro in grado di instillare la giusta tensione e le meravigliose musiche sempre curate dall’artista Gustavo Santaolalla.
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Commento finale
The Last of Us Part II entra di diritto nell’olimpo dei videogiochi, uno spazio riservato a pochissimi titoli che hanno cambiato la storia dei videogiochi. Naughty Dog non si è accontentata di essere ricordata ‘solo’ per il primo capitolo, ma si è rimessa in gioco superando sé stessa. Trovare difetti in un’opera così sontuosa sarebbe da pignoli, ed effettivamente lo siamo stati, ma se ci siamo spinti a scavare così a fondo è solo perché ci siamo trovati dinanzi a qualcosa di unico che amalgama in modo perfetto un gameplay tanto classico nelle sue meccaniche quanto rivoluzionario nella gestione dell’intelligenza artificiale e lo affianca con un comparto tecnico e narrativo di livello assoluto. La storia potrà piacere o meno, e non ci stupiremmo se qualcuno dovesse preferire quella dell’originale The Last of Us, ma la narrativa in questa Part II raggiunge vette di eccellenza osando come pochissime opere d’intrattenimento sono riuscite a fare finora. È il racconto di un’umanità in decadenza, è il racconto di un mondo violento privo di eroi e cattivi, privo di bene o male, ma popolato solo da dei sopravvissuti. The Last of Us Part II è quel videogioco che ti rapisce e ti trascina, è quell’opera che ti entra dentro nel profondo e alla fine ti lascia andare liberandoti da tutte le emozioni e facendoti sentire con quel senso di vuoto che accompagna la fine di un lungo, lunghissimo viaggio.