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Recensione The House of Da Vinci VR

di: Marco Licandro

 

Così come agli inizi dei primi smartphone — basati sull’interazione con il tocco — uscirono fuori giochi che diventarono dei must-have, quali Angry Birds, o Fruit Ninja, e con il tempo e l’evoluzione dell’hardware uscirono anche dei puzzle game geniali basati sulla fisica reale degli oggetti e sulle gestures, come fu per la serie The Room. The House of Da Vinci uscì successivamente, colmando quella richiesta che si era creata per il genere, offrendo puzzle con fisica reale in ambienti tridimensionali, e offrendo un tipo di gameplay soddisfacente e divertente da giocare. In questa edizione, The House of Da Vinci giunge in una nuova forma, utilizzando la realtà virtuale per garantirci una immersione totale ed elevare l’interazione con i puzzle portandoli di fronte a noi, ma non senza qualche alzata di sopracciglio.

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A casa di Leo

L’inizio del titolo ci lascia a bocca aperta. Senza preavviso ci ritroveremo su di un ponte nella Firenze del 1500, con bellissimi dettagli e una ricostruzione abbastanza fedele da farcela riconoscere all’istante. Quando proveremo però a muoverci nell’ambiente, scopriremo che lo spostamento è limitato solo al teletrasporto, che è un vero peccato vista la ricostruzione dell’ambiente, tanto che la delusione è veramente grande. 

Facciamo spallucce e andiamo avanti, seguendo il tutorial, verso i primi puzzle. Ancorando la posizione in punti specifici decisi dallo sviluppatore, avremo di fronte un macchinario che ci offrirà un semplice puzzle da risolvere. Dopo aver smanettato un po’ con i comandi, sfioriamo una leva, e assisteremo ad una esplosione. Dalla torre, una persona si sta librando in volo con delle ali meccaniche, per poi sparire sopra al tetto della villa, ed è entrando che le cose si fanno più serie.

Una volta cimentatoci con il gameplay vero e proprio, è chiaro quindi che il titolo è composto da stanze, o ambienti all’aperto, con alcuni punti di spostamento predeterminati, focalizzando l’attenzione sui puzzle fisici che avremo di fronte. Questi possono essere statue o meccanismi con pulsanti e ingranaggi, anche nascosti, e di tanto in tanto dovremo passare da un punto all’altro della stanza a seconda degli oggetti che ci verranno dati, per capire con quale puzzle questi andranno utilizzati.

Abbiamo già menzionato The Room, genere sul quale immaginiamo che gli sviluppatori si siano ispirati, e ci tocca menzionarlo nuovamente per via di trovate di gameplay già sperimentate in questa serie. Proseguendo con i puzzle, infatti, ci verranno dati dei guanti, dei quali uno controlla il tempo, mentre l’altro fornisce una visione alternativa, come fosse a raggi x, dell’ambiente. Quest’ultima interessante trovata è anch’essa “ispirata” a The Room, che a differenza di Da Vinci evolve la visione creando portali tridimensionali sui quali anche entrare, cambiando persino le dimensioni fino ad entrare in minuscole serrature, mentre qui semplicemente vedremo oggetti altrimenti nascosti con i quali interagire.

È la prima volta con la realtà virtuale?

È proprio l’interazione che fa alzare le sopracciglia, visto che il metodo di controllo utilizza innanzitutto i controller, senza fornire compatibilità con i controlli a mani libere, e spesso ci chiederà di utilizzare il dito indice (senza dover necessariamente alzarlo realmente) per muovere piccoli oggetti e spostarli, in due dimensioni, esattamente come succede su uno schermo piatto di uno smartphone o di un tablet.

La differenza, a parte quella ovvia di utilizzare un medium diverso fatto di profondità e realismo, è che lo schermo piatto offre una superficie fisica da toccare, facilitando i movimenti quali gli scorrimenti, o swipes, mentre fare lo stesso in VR non permette neanche lontanamente lo stesso livello di precisione. 

Questo comporta, oltretutto, stancarci per via di una posizione del braccio e della mano stesi in aria per lunghi tempi, oltre ad una costante esperienza di tentativi ed errori, non tanto per la risoluzione del puzzle, quanto semplicemente per far funzionare l’interazione stessa, visto che l’imprecisione farà sì che toccheremo o sposteremo cose senza volerlo, più e più volte ripetutamente, quasi come se il metodo di controllo sia egli stesso un rompicapo da risolvere.

3D non equivale a VR

Un po’ di frustrazione generale quindi nei controlli, segno che Blue Brain Games non abbia ancora ben chiaro il medium, avendo possibilmente pensato e creato i puzzle in maniera tradizionale, per poi portare questi sì in tre dimensioni, ma non per essere sfruttati con la realtà virtuale. A conferma di quanto appena affermato, sarà molto probabile che vi dobbiate soffermare su alcuni puzzle più a lungo di quanto necessario, in quanto il titolo deciderà arbitrariamente di cambiare le possibili azioni dei comandi a seconda del puzzle.

Se, ad esempio, afferrando con la mano sinistra un oggetto tenuto sulla destra farà sì che questo si sposti di mano, questo cambia nel momento in cui l’oggetto in questione avrà un meccanismo di estensione. In questo caso si potrà invece afferrare, così da interagire su di esso, anziché effettuare la stessa azione per qualsiasi altro oggetto.

Questo tipo di interazioni arbitrarie, così come la scomodità di dover sempre avvicinare la mano per vedere se il dito indice si alza oppure no, o il fatto che non vi sia nessun tipo di interazione con gli oggetti circostanti (fintanto che, invece, uno di questi non faccia parte del puzzle) sono tutte indicazioni di level design povero, non atto al VR; proprio per il fatto di aver adattato i comandi al puzzle, e non viceversa.

Rompicapo senza fine

Sulla qualità di puzzle stessi, invece, il giudizio è abbastanza personale, proprio perché dipendono molto dall’esperienza e capacità del giocatore, così come le capacità logiche di ognuno. 

Tuttavia è lecito affermare che molti di essi siano rompicapo ben conosciuti e già visti, ma adattati allo stile grafico del gioco, mentre quelli veramente originali non sembrano offrire particolare sfida al giocatore, sembrando più di contorno, come quando dovremo tirare fuori una leva da un percorso bloccato da tre semplici pezzi.

In svariati puzzle verranno in aiuto i suggerimenti, che indicheranno il luogo dove soffermarsi o una semi-soluzione del rompicapo in corso, utilissimi per quelli semplici ma indecifrabili, con figure e logiche non del tutto chiare, e che a volte verranno inevitabilmente risolti per caso.

Nonostante questo, il titolo offre comunque ottime scene tridimensionali ed una ambientazione  convincente, oltre ad essere pieno zeppo di rompicapi di ogni tipo, alcuni semplici e altri a volte da sbatterci la testa, qualità che comunque cerca il tipo di target al quale mira il titolo.

Peccato appunto per l’originalità degli stessi, in particolare per il pulsante riavvolgi tempo, utilizzato in maniera approssimativa e solamente per avere indizi su come risolvere gli enigmi, ma non come parte integrante di un puzzle stesso.

In conclusione

The House of Da Vinci VR segna il debutto di Blue Brain Games nel mondo virtuale, offrendo una discreta avventura piena di puzzle, ma fin troppo ancorata a una logica da smartphone per riuscire a centrare il segno. La qualità dei puzzle incontrati varia di difficoltà e pecca di originalità, presentando un metodo di controllo ancora acerbo e incerto, ma che riesce comunque a intrattenere il giocatore per tutta la durata del titolo.