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Recensione The Golf Club

Navigando nello store, alla ricerca di qualche novità, vi potrebbe capitare davanti agli occhi la scheda di The Golf Club, titolo sviluppato da HB Studios esclusivamente per Xbox One, PS4 e PC. Per le console di nuova generazione si tratta della prima simulazione golfistica e frutto di un progetto la cui genesi affonda le radici in quello che nell'immaginario collettivo potrebbe essere visto come "rivale", ovvero lo storico PGA Tour "brandizzato" Tiger Woods da EA Sports.

di: Giovanni Manca

Navigando nello store, alla ricerca di qualche novità, vi potrebbe capitare davanti agli occhi la scheda di The Golf Club, titolo sviluppato da HB Studios esclusivamente per Xbox One, PS4 e PC. Per le console di nuova generazione si tratta della prima simulazione golfistica e frutto di un progetto la cui genesi affonda le radici in quello che nell’immaginario collettivo potrebbe essere visto come “rivale”, ovvero lo storico PGA Tour “brandizzato” Tiger Woods da EA Sports.

Il figlio illegittimo di Tiger?

Con l’obiettivo di proporre al pubblico un gioco all’altezza delle nuove tecnologie, EA Sports aveva infatti deciso di lasciar lavorare con calma Tiburonfacendo esordire il titolo a fine 2015, affidando invece ad HB Studios lo sviluppo del gioco, Tiger Woods 2015, per le versioni Xbox 360 e PS3: le vicende all’interno di EA e il taglio dei costi portarono però alla cancellazione del gioco stesso. Slegata dagli impegni, HB Studios ha deciso di sfruttare il lavoro svolto e proporre una simulazione golfistica pionieristica, tutta orientata all’estrema personalizzazione dell’offerta ludica e alla sua socialità.
The Golf Club non vanta nessuna licenza ufficiale, fatta eccezione per la firma dello “squalo bianco” Greg Norman, campionissimo tra gli anni ’80 e ’90, che presta il suo nome a una delle feature più interessanti dell’intera produzione, la “Greg Norman Course Designer”. Si tratta di un editor di percorsi molto completo e complesso ma strutturato in modo molto intuitivo per permettere veramente a chiunque di creare facilmente il proprio campo di gioco. Inizialmente si sceglie il tipo di paesaggio (montagna, foresta, mare e così via), ora del giorno, numero e par delle buche. Successivamente è possibile intervenire su moltissimi aspetti e parametri, dalla pianta delle buche (generata in modo casuale), elementi del terreno (pendii, acqua, colline, vegetazione), oggetti di ogni tipo (ponti, club house, fari, panchine ecc. ecc.), la posizione dei bunker, velocità del green e altezza dell’erba. Come abbiamo anticipato, le possibilità sono davvero tante e l’unico serio limite è costituito dalla fantasia e pazienza del giocatore. Tutte le creazioni ovviamente possono essere memorizzare e, soprattutto, condivise con gli altri utenti ed essere utilizzate nelle varie competizioni.

Il mio green nel mondo

L’anima personalizzabile e sociale del titolo caratterizza fortemente anche le modalità di gioco: competizione sul singolo percorso, Tour e Torneo. La prima opzione permette di scegliere tra Stroke Play (il classico punteggio golfistico calcolato in base al par), Mach Play (1 punto per ogni buca vinta con meno colpi) e Quattro Palle (competizione a squadra con quattro giocatori). E’ possibile visualizzare la scheda di ogni percorso in modo da sceglierlo in base al numero delle buche, lunghezza, velocità dei green, la difficoltà generale, record degli amici e degli utenti. Tour e Torneo sono giocabili solo ed esclusivamente in modalità Stroke Play, è possibile filtrare tra le competizioni ufficiali HB, preferite, rating generale o per numero di partite giocate. L’aspetto importante della produzione è la possibilità di creare la propria gara, determinando tutti i parametri di gioco compresi, ovviamente, i percorsi, eventualmente anche quelli creati nell’editor. Per ultimo citiamo, non certo per importanza, il fatto che in certe competizioni è possibile far partecipare tre amici in locale come ospiti. E’ facile intuire come la varietà delle situazioni di gioco sia praticamente illimitata e che ciò sia un vero e proprio asso nella manica di Golf Club ma, nonostante tutto, non si può non considerare l’altra faccia della medaglia: una certa confusione generata dalla moltitudine di percorsi (molti dei quali inevitabilmente poco curati se non addirittura incompleti) e la mancanza del fascino dei percorsi gloriosi del tour PGA. Tirando le somme, si può affermare che le scelte di HB Studios, molte delle quali forzate, sono decisamente indovinate e possono segnare una strada per molti sviluppatori e non necessariamente impegnati in giochi sportivi. I problemi di Golf Club evidentemente stanno altrove.

Con il bastone in mano

Fin dagli albori della civiltà videoludica il golf ha avuto una sua simulazione che, grazie all’evoluzione tecnologica, si è fatta sempre più complessa e verosimile; se però volessimo indicare un momento preciso di svolta, dal punto di vista del gameplay, indicheremmo l’introduzione degli stick analogici nel controller per la gestione dello swing del bastone. Grandi produzioni più o meno recenti offrono vari sistemi di esecuzione del colpo, dalla classica pressione di un pulsante all’uso completo dello stick, esecuzioni accompagnate sempre da vai indicatori su schermo per la la forza del colpo e distanza massima o ideale raggiungibile. The Golf Club sceglie una soluzione estrema, già vista con qualche differenza in alcuni episodi di Toger Woods PGA, in cui il colpo si ottiene solo ed esclusivamente con il movimento dello stick destro e senza nessuno degli indicatori di forza che abbiamo citato prima, senza nessuna anteprima del colpo stesso. Il giocatore deve riuscire a valutare la forza da imprimere dall’estensione del movimento e dalla distanza del bastone dalla palla, e questo ovviamente in tutti i colpi, dal drive al putt: le uniche informazioni visibili sullo schermo sono quelle basilari, le stesse (più o meno) che avrebbe un golfista dal suo caddie: la distanza dalla buca e il suo livello sul terreno, il vento, l’altezza dell’erba o la profondità del bunker, il bastone selezionato. L’intenzione è quella di mettere il videogiocatore nelle stesse condizioni in cui si troverebbe il golfista in una situazione reale su un vero percorso, in cui una buona giocata dipende dall’esperienza, dall’abilità e da poche informazioni; il problema nel nostro caso è che la curva di apprendimento è subito ripidissima, tale da mettere subito in crisi la pazienza anche del più appassionato. Ore e ore di allenamento studiando pixel per pixel il movimento di carica dello swing corrispondente a quella determinata percentuale di forza portano senza dubbio a dei risultati accettabili, (virgola) ma la sensazione che non si abbia tutto sotto controllo o che un certo indice di casualità sia sempre presente sono sensazioni scoraggianti. Un sistema di controllo estremamente rigido, punitivo e poco onesto con il giocatore come poche volte ci è capitato di provare, (virgola) a cui si possono dedicare solo frange estreme di golfisti virtuali in crisi di astinenza su la nuova Xbox One, (virgola) mentre tutti gli altri lo potrebbero abbandonare dopo cinque minuti di orologio, il tempo necessario per accorgersi che nel menu opzioni non è possibile intervenire in alcun modo sul sistema di controllo.

Engine Unity: welcome to 2005!

Certamente l’obiettivo di HB Studios è stato quello di proporre un titolo estremante versatile dal punto di vista dalla personalizzazione e per raggiungere questo obiettivo era necessario aver a disposizione un motore grafico flessibile e leggero. HB Studios ha così optato per il motore Unity, sul “mercato” dal 2005 e oggi arrivato alla versione 4.3, molto utilizzato per il mobile. Nel corso di questi mesi abbiamo letto quanto l’obiettivo dei 1080p nativi su Xbox One fosse stato abbandonato ma, onestamente, ciò passa in secondo piano in considerazione del disastro generale. L’unica cosa che si comporta in modo egregio è l’animazione del golfista, tutto il resto è all’altezza delle prime produzioni a cavallo della generazione Sub HD a quella HD, sostanzialmente come fosse un titolo PS2/Xbox adattato a Xbox 360 in tutta fretta. Nessun uso di effetto aliasing, scattosità dello scrolling, texture approssimative, scialbe e monotone sia dei golfisti che dei percorsi, pop up e potremmo andare avanti parecchio ma pensiamo di aver reso l’idea: si tratta della peggior resa grafica vista sull’ammiraglia Microsoft. Va riconosciuto che Unity si comporta bene in fase di editing delle buche, veloce e preciso, ma questo non basta certo a rattoppare le cose.

Meglio una gallina domani

Se già il golf è solitamente un gioco di nicchia figuriamoci un titolo come The Golf Club, etremamente particolare a livello di sistema di controllo e molto ma molto deficitario a livello di resa grafica. Come abbiamo detto nel corso dell’analisi, si punta tutto o quasi sull’editing dei percorsi e sulla condivisibilità dei contenuti, gli interessati potrebbero essere solo quelli che vivono di pane e golf disposti a spendere più di trenta euro sullo store. A buon intenditor….