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Recensione The Foglands

di: Simone Cantini

Ci vuole coraggio a proporre un rouguelike nel 2023, vista l’abbondanza di produzioni che il genere è stato in grado di accogliere nel corso degli ultimi anni. Coraggio ed incoscienza, meglio se abbinate ad un’idea imperdibile, capace di giustificare l’ingresso all’interno di una definizione così affollata, in cui le produzioni di spicco, capaci da sole di far impallidire ogni più becero tentativo di imitazione, rendono decisamente difficile ogni velleità di emergere dalla massa. E sicuramente alberga un pizzico di spavalderia nel cuore dei ragazzi di Well Told Entertainment, piccolo studio indipendente che ha visto il suo debutto sul mercato proprio grazie a quel roguelike che risponde al nome di The Foglands. Questa opera prima sarà stata in grado di ribaltare le gerarchie così fortemente consolidate?

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A caccia di rottami

Il setting alla base di The Foglands è sicuramente affascinante, grazie a quel suo curioso e ben riuscito mix tra elementi western e steampunk, che è capace di conferire al tutto un mood decisamente peculiare ed originale. Al centro delle vicende troveremo Jim, un Runner (una sorta di via di mezzo tra un minatore ed un razziatore) che durante la sua prima missione nelle viscere della terra assieme al proprio mentore, finirà per essere ucciso da un mostruoso verme sotterraneo. Fortuna vuole, però, che tra lui ed il freddo abbraccio di Ade si frapponga il misterioso Straniero, un ghignante figura segaligna che gli farà dono dell’immortalità, in cambio della promessa di uccidere la gigantesca creatura mangiaterra. Un racconto sicuramente intrigante e ben scritto, capace di conferire un piacevole boost al mondo di The Foglands, grazie anche al cast di personaggi che, per quanto striminzito, è in grado di mettere in piedi una vicenda in grado di intrattenere ed incuriosire il giocatore, complice un gioco delle parti capace di riservare più di una sorpresa. Peccato, però, che il tutto finisca con lo scontrarsi con una realizzazione ludico/tecnica non certo irresistibile, colpevole di annegare in un mare di problemi l’ottimo concept narrativo, oltre alle buone idee messe sul piatto sul fronte del gameplay che, per quanto non certo in grado di rivoluzionare il genere, avrebbero meritato ben altre attenzioni realizzative.

Giocare a carte con la morte

La natura roguelike di The Foglands poggia tutta sull’espediente legato all’improvvisa immortalità di Jim che, ad ogni dipartita, si vedrà ritornare all’hub di partenza, dove potrà investire il materiale recuperato durante la sortita per acquistare oggetti oppure potenziamenti permanenti. L’occasione sarà anche utile per aprire particolari armadietti, impiegando delle chiavi ottenibili in-game, che conteranno delle carte che andranno a rimpolpare il set di power up temporanei che sarà possibile ottenere durante ciascuna run. Punto focale del gioco, difatti, saranno proprio questi oggetti, reperibili all’interno di alcune valigette che potranno essere nascoste lungo le varie stanze, generate in maniera procedurale, che attraverseremo nel corso dell’avventura. Queste card saranno in grado di offrire bonus alle nostre caratteristiche, i quali svaniranno dopo la morte. Altro elemento reperibile esplorando saranno i rottami e l’icore: i primi rappresentano la valuta del gioco, e avremo la facoltà di investirli presso i mercanti presenti nel sottosuolo, oppure di inviarli in superficie per poi spenderli al riavvio di ogni sessione; l’icore, invece, verrà principalmente rilasciata dai boss, e viene impiegata nell’hub per accedere ai potenziamenti permanenti di Jim. A chiudere il cerchio troveremo proiettili per le bocche da fuoco presenti nel gioco, invero un po’ pochine, ma comunque efficaci. Si tratta, in soldoni, di un loop di gameplay assolutamente canonico e funzionale, non certo in grado di rivoluzionare il genere, ma comunque solido e convincente nelle sue intenzioni. I problemi della produzione Well Told Entertainment, pertanto, sono da ritrovare nel modo in cui tutto quanto è stato tradotto sullo schermo.

Peccati di gioventù

L’idea messa sul piatto da The Foglands, per quanto non certo mirabolante, avrebbe avuto tutto il potenziale per tradursi in un’esperienza ludica assai piacevole, ma la realtà dei fatti è risultata essere, purtroppo, assai differente. C’è sicuramente da lodare la possibilità di fruire il tutto sia tramite un visore VR che in maniera tradizionale, ma qualunque sia la modalità scelta a non scomparire sono le magagne tecniche e concettuali che affliggono il tutto. Si parte da un tutorial decisamente inconcludente, incapace di sviscerare a dovere i vari aspetti di gameplay, elemento che porterà il giocatore a trovarsi smarrito al cospetto di varie situazioni ed interazioni, salvo poi scoprire che all’interno del menu di pausa sono presenti varie slide in gradi di dissipare qualche ombra, seppure non nella loro interezza. I problemi maggiori, però, sono a livello di pulizia del codice, situazione che porta all’impossibilità di interagire con alcuni oggetti (mercanti in primis), glitch video al cambio di stanza, hitbox spesso sballate. nemici che tendono ad incastrarsi nello scenario, compenetrazioni varie e blocchi e chiusure forzate del gioco. Lo stesso gunplay non brilla per efficacia e resa, situazione assai evidente soprattutto se giochiamo non in modalità VR. Si tratta di una situazione che potrebbe essere lenita dall’intervento di qualche provvidenziale patch, ma è evidente come allo stato attuale delle cose The Foglands si sia affacciato sul mercato in una versione davvero grezza e poco rifinita, figlia forse dell’inesperienza del team. E dire che, al netto di ciò, l’impatto estetico è comunque piacevole, proprio in virtù del particolare setting del titolo, così come interessanti sono il voice over in inglese (sottotitolato in italiano) e la soundtrack dai toni rock/country.

La nebbia che dà il nome a The Foglands sembra proprio essere andata oltre i confini del nome della produzione Well Told Entertainment, finendo per contaminare la messa in scena del titolo, che è risultata assai confusionaria nel suo comparto tecnico. A delle basi di gameplay non certo sconvolgenti, ma comunque in grado di dare vita ad un flow ludico apprezzabile, fanno da contraltare delle magagne realizzative davvero macroscopiche, tali da rendere a tratti ostica e frustrante la progressione. Tra glitch e bug vari, l’avventura di Jim procede a tentoni a metà strada tra fruizione virtuale e tradizionale, affossando in maniera sin troppo ingiusta un roguelike di sicuro non sorprendente in quanto a meccaniche, ma che ha dalla sua una indubbia personalità stilistica.