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Recensione The Division 2

di: Luca Saati

Nonostante un buon successo al lancio, The Division ha faticato non poco nel primo periodo a causa di un end game incapace di soddisfare i giocatori più accaniti. Ci sono voluti diversi mesi e tre DLC per rendere The Division un game as service completo e in grado di intrattenere a lungo i fan. C’è stato un momento in cui il gioco prodotto da Ubisoft e sviluppato da Massive Entertainment ha vissuto addirittura una seconda gioventù accogliendo le vedove di Destiny che avevano abbandonato il titolo Bungie stremati da un supporto praticamente nullo a causa dell’ombra di Destiny 2. Proprio per questa seconda gioventù che stava vivendo The Division che ci siamo stupiti dell’annuncio di un sequel. All’epoca ci chiedevamo infatti se fosse davvero necessaria la creazione di un gioco nuovo di zecca invece di un’espansione del primo episodio.

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L’ultima linea di difesa

La storia di The Division 2 riprende da quanto visto nel precedente capitolo: la società degli Stati Uniti d’America è crollata dopo la diffusione di un letale virus, l’ultimo baluardo è rappresentato dagli agenti della Divisione. Spetta a loro ricostruire la civiltà e fermare le nuove gang criminali che vogliono fare degli USA il loro parco giochi. The Division 2 abbandona la fredda e innevata New York per portarci in una più calda e a tratti tropicale Washington DC. Proprio alla Casa Bianca gli agenti hanno costruito la loro base operativa con l’obiettivo di riprendersi la città.

Nonostante delle buone premesse e un mondo di gioco caratterizzato con una particolare cura, The Division 2 commette gli stessi errori del suo predecessore da un punto di vista narrativo. La storia del gioco di Ubisoft viene infatti raccontata in un modo troppo frammentato e con personaggi poco carismatici incapaci di catturare l’attenzione del giocatore. Lo stesso protagonista sembra più una vittima degli eventi che un vero e proprio attore in grado di prendere le proprie decisioni. Sembra quasi che The Division 2 non ci provi nemmeno per scrollarsi di dosso il solito problema che colpisce il comparto narrativo dei game as service.

Fortuna che già al lancio l’esperienza di The Division 2 è una delle più complete e longeve sul mercato grazie alla sua enorme quantità di contenuti: solo per arrivare all’end game impiegherete non meno di 30 ore, ma la fine non è altro che un nuovo inizio visto che continuerete a passare decine e decine di ore nel tentativo di (ri)conquistare Washington DC. Ma su questo aspetto del gioco ci arriveremo più avanti.

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Spara che ti passa

Creato il proprio personaggio tramite un discreto editor, i ragazzi di Massive Entertainment ci buttano nell’azione dimostrando come il gameplay sia il vero motore trainante del gioco. The Division 2 resta immediatamente riconoscibile e familiare per chi ha già giocato il suo predecessore o un qualunque titolo Ubisoft. Il sistema di copertura adottato dalla casa francese si conferma uno dei migliori del panorama videoludico, il gunplay sempre efficiente e in grado di restituire la giusta sensazione in base all’arma equipaggiata. Di buona varietà anche le abilità tra droni, scudi e molto altro c’è l’imbarazzo della scelta considerando che ogni abilità ha le proprie varianti: ecco quindi che il drone passa dall’attaccare gli avversari a difendere il giocatore con uno scudo deflettore; la torretta passa dal lanciafiamme al colpo di precisione.

La personalizzazione del personaggio non si discosta da quella del primo The Division con diversi equipaggiamenti da raccogliere ed eventualmente equipaggiare se utili alla causa. Oltre a pezzi d’armatura più classici ce ne sono diversi facenti parte di una serie di set che se completati garantiscono bonus passivi utili per potenziare il proprio avatar. Anche le armi più rare (di solito dal colore blu a salire) presentano dei potenziamenti passivi che rendono ad esempio più veloce la ricarica, migliorano la precisione e così via. Ricordiamo inoltre che è possibile equipaggiare delle mod per potenziare ulteriormente le proprie bocche da fuoco.

Le missioni, pur non brillando per varietà (seguono sempre il medesimo schema: aree di passaggio e arene piene di nemici), The Division 2 regala ore di intrattenimento grazie a un level design più variegato ed efficace passando da stretti interni in cui a farla da padrone è lo scontro ravvicinato a zone più aperte in cui le distanze si fanno più ampie.

Al giocatore viene dunque chiesto di sfruttare al meglio le coperture stando sempre attenti ai movimenti dei nemici che, ad eccezione di qualche svarione, sono dotati di una buona intelligenza artificiale che li porta a sfruttare l’ambienta per aggirare il nostro avatar. La rinnovata letalità dei nemici scoraggia un’azione a testa bassa, anzi invita ad usare un approccio più attento per avere la meglio nei numerosissimi scontri a fuoco. Nonostante una rinnovata letalità degli avversari, Massive ha comunque bilanciato sapientemente gli scontri a fuoco: adesso i nemici non sono più quelle spugne per proiettili a cui eravamo abituati nel primo episodio, sicuramente i boss e i nemici più coriacei richiederanno diversi proiettili prima di cadere, ma dimenticatevi di scaricare interi caricatori come in passato.

Oltre alle missioni della storia, The Division 2 include una serie di attività secondarie che arricchiscono il pacchetto e si rivelano utili per salire di livello e potenziare il personaggio. Ci sono vere e proprie missioni secondarie, avamposti da liberare che ricordano quelli visti in titoli come Far Cry ed eventi casuali che richiedono di impossessarsi di alcune casse loot, fermare i messaggi di propaganda delle fazioni rivali, interrompere l’esecuzione degli alleati e così via. La mera esplorazione in The Division 2 non è quindi fine a sé stessa visto che il gioco invita sempre ad esplorare la mappa alla ricerca di attività da svolgere per conquistare Washington.

Insomma se The Division 2 a un’occhiata superficiale può sembrare un semplice reskin del primo episodio, è andando più a fondo che l’opera di Massive Entertainment si esalta grazie a un gameplay più profondo, variegato e bilanciato con un numero di attività impressionanti da fare invidia ad altri game as service.

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“We are in the End Game now”

Come dicevamo qualche riga più sopra, l’end game di The Division 2 rappresenta in tutto e per tutto un nuovo inizio, quasi come se fosse un gioco a parte. Arrivati a livello 30, la Washington DC che con tanta fatica abbiamo conquistato viene presa d’assalto da una nuova fazione nota come Black Tusk. Ecco dunque che la mappa, prima colorata di verde, si colora completamente di rosso, segno del passaggio dei Black Tusk.

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Il giocatore dovrà dunque riconquistare la città battaglia dopo battaglia liberando avamposti, insediamenti, roccaforti e svolgendo altri incarichi secondari. Ovviamente affrontare i Black Tusk alzerà di non poco il livello di sfida permettendo però di sbloccare nuovi pezzi d’equipaggiamento in grado di migliorare la potenza del proprio avatar. Inoltre reclamando le Roccaforti si alzerà il tier del mondo di gioco per un massimo di 5 volte portando sempre più in alto il livello di sfida. Il tutto porterà allo sblocco dell’assalto finale alla base dei Black Tusk, ovvero l’istanza più difficile di The Division 2. Quella dei Black Tusk non è una fazione da prendere sottogamba, si tratta di un nemico altamente militarizzato che potrà sfruttare diversi espedienti per mettere in difficoltà il giocatore tra mech e altri dispositivi tecnologici. Non dimentichiamoci poi che dal livello 30 in poi entrano in gioco le specializzazioni del personaggio che sbloccano armi speciali e alberi di abilità offrendo nuove possibilità di gameplay in grado di cambiare il modo di approcciarsi agli scontri. L’end game di The Division 2 fa dimenticare i problemi del primo episodio che costringeva a ripetere più e più volte una missione nella speranza di droppare l’oggetto più potente visto che affrontare i Black Tusk garantisce equipaggiamento sempre crescente.

Infine Massive Entertainment ha farcito il suo end game con una serie di obiettivi giornalieri, settimanali e mensili per assicurare ulteriori ore di intrattenimento.

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Cara vecchia Zona Nera

In The Division 2 non poteva mancare neanche la Zona Nera, l’elemento che purtroppo più di tutti è rimasto ancorato al passato con i suoi pregi e difetti. Se il fascino della Dark Zone resta innegabile con le sue tre aree piene di pericoli e la sua progressione a sé stante, l’esperienza risulta ancora poco bilanciata. L’obiettivo è sempre il solito: esplorare le varie aree alla ricerca di prezioso loot e arrivare sani e salvi al punto di estrazione. La sfida particolarmente alta della Dark Zone però non è controbilanciata da un loot all’altezza con il rischio frustrazione dietro l’angolo visto che si fa tanta fatica per l’estrazione per poi rischiare la morte dopo poco. Anche il PvP caratterizzato da una modalità Deathmatch a squadre non garantisce il medesimo grado di soddisfazione della componente PvE. La sensazione è che Massive Entertainment abbia dedicato tutte le proprie risorse ad arricchire quanto più possibile i contenuti del PvE lasciando un po’ nel dimenticatoio la parte PvP. La speranza è che ovviamente i futuri aggiornamenti possano sistemare alcune magagne e introdurre nuove modalità.

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SnowDrop senza neve

The Division 2 sfrutta nuovamente lo SnowDrop Engine confermando le buone capacità del motore dei ragazzi di Massive Entertainment. Ciò che manca a questa seconda iterazione della serie è quel fascino che solo la New York innevata e desolata del primo capitolo può offrire. Washington DC comunque è una città caratterizzata con cura ed è esaltata da un comparto artistico particolarmente ispirato che riesce ad immergere il giocatore grazie a quella sensazione di degrado ed abbandono già visto a New York. A stupire in particolar modo sono gli effetti atmosferici che impattano nel gameplay: quando cala la nebbia il gioco costringe ad affrontare scontri più ravvicinati essendo la visuale limitata. Lo SnowDrop Engine mostra però il fianco a qualche criticità, in particolar modo nel caricamento delle texture. Di buon livello la componente sonora con buoni effetti audio e un buon doppiaggio in italiano. Praticamente perfetto il netcode con i server che non hanno mai perso un colpo finora.

Commento finale

All’inizio di questa recensione ci siamo posti una domanda e adesso siamo finalmente pronti a dargli una risposta. Se a un’occhiata superficiale The Division 2 può sembrare un DLC del primo capitolo, è col tempo che il gioco mostra tutto il suo valore facendo dimenticare tutti gli errori del passato e giustificando quel numero due vicino al nome del gioco. Le uniche criticità di The Division 2 sono riscontrabili in un comparto narrativo eccessivamente frammentato e privo di mordente, e una componente PvP poco coinvolgente, ma se guardiamo ad ogni elemento del PvE non si può non fare i complimenti ai ragazzi di Massive Entertainment. The Division 2 può infatti vantare una struttura ludica impegnativa e gratificante grazie a un gameplay solido, e un pacchetto contenutistico tra i più ricchi del genere con uno degli end game più riusciti e longevi del genere. Il nostro augurio è che Massive Entertainment mantenga le promesse e supporti il gioco a lungo con nuovi contenuti in grado di tenere incollati sempre più a lungo i giocatori.