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Recensione The Crew Motorfest

di: Luca Saati

Il mio rapporto con la serie The Crew è fatto di alti e bassi. Il primo capitolo era partito male, ma col tempo è riuscito a fare breccia nel mio cuore regalandomi decine e decine di ore di gioco grazie anche alle sue espansioni che hanno arricchito notevolmente l’esperienza di gioco. Il secondo capitolo era partito anch’esso male senza riuscire col tempo a conquistarmi come il suo predecessore a causa della tendenza di Ubisoft di voler strafare inserendo nei suoi giochi mille cose senza però riuscire a farne una bene. Il primo The Crew, al netto dei suoi difetti, l’ho trovato un titolo quadrato focalizzato sulle auto e sul loro editing, talvolta anche estremo ma andava bene così. Una caratteristica che si è andata un po’ perdendo con il successivo capitolo che, nel tentativo di espandere l’offerta di gioco con l’introduzione di aerei e barche, ha distolto l’attenzione dal motorsport non riuscendo a eccellere in nessuna delle tre componenti proposte. Con The Crew Motorfest l’attenzione di Ubisoft Ivory Tower ritorna proprio sul motorsport ed è per questo motivo che mi sono approcciato con curiosità una volta arrivato in redazione il gioco.

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Bring me the Horizon

Il primo grande cambiamento di The Crew Motorfest rispetto ai due predecessori sta proprio nella mappa dato che si passa dagli USA all’isola hawaiana di O’ahu. Un cambiamento che ha sicuramente giovato all’esperienza di gioco poiché gli USA dei primi due capitoli erano un po’ privi di personalità, mentre in Motorfest c’è un po’ di tutto: dalle fitte foreste pluviali alle spiagge incontaminate, dai luoghi urbani alle pendici di un vulcano. Il tutto è accompagnato da un comparto visivo che riesce a rendere giustizia alle bellezze offerte da questo luogo. The Crew Motorfest è insomma davvero bello da vedere regalando scorci meravigliosi in tanti momenti, sia durante l’esplorazione libera che durante una gara a tutta velocità. Ho testato il gioco in versione Xbox Series X e prettamente in modalità Prestazioni con un framerate ancorato ai 60 fps. C’è anche la modalità Qualità a 30 fps, ma a mio modo di vedere non vale la pena sacrificare i 60 fotogrammi al secondo in un racing game dal ritmo così serrato.

The Crew Motorfest sa dare egregiamente il benvenuto ai giocatori con una serie di gare una dietro l’altra che offrono un assaggio di ciò che sarà possibile trovare nel corso delle decine di ore che dedicherete al racing game open world di Ubisoft Ivory Tower. Superata questa fase iniziale e fatta la classica scelta della prima auto, ecco che il gioco apre il suo mondo offrendo una serie di playlist da affrontare per raccogliere i primi crediti. Attivare una playlist consente di sbloccare le gare che la compongono oltre a una serie di attività secondarie molto rapide come gli autovelox, slalom e così via. Ogni playlist ha il suo tema come ad esempio le muscle car americane, le Porsche, il tuning di Liberty Walk, o perché no altre che si concentrano su una tipologia precisa di competizioni come l’Off-road, il Drift e le Formula, o ancora una semplice esplorazione ad alta velocità dell’isola. Se non si fosse capito in The Crew Motorfest c’è davvero tanto da fare e con una varietà impressionante dandomi la sensazione di non ripetere mai le stesse cose nonostante la ripetitività sia in fondo un elemento intrinseco del genere a cui appartiene.

Ogni attività, dalla scoperta di un tesoro al completamento di una attività conferisce non solo punti esperienza ma anche upgrade per i propri veicoli del garage per migliorare così le prestazioni. I pezzi sono classificati in base al classico colore della rarità e migliorano non solo le statistiche del veicolo ma danno anche dei bonus passivi come una maggiore velocità nella scia di un avversario scia e così via. Ciò che non ho apprezzato del sistema di progressione del gioco è il fatto che le auto del proprio garage non vengono utilizzate quasi mai nelle playlist che invece vi mettono alla guida di auto in prestito. Se da una parte questa scelta è stata presa ovviamente per mettere in mostra l’ampia tipologie di auto e di gare presenti nel gioco, dall’altra parte purtroppo viene proprio a mancare quel piacere di raccogliere crediti per acquistare nuove auto e personalizzarle perché tanto finirò per usarli molto poco nelle gare.

C’è anche un hub social che permette agli utenti di incontrarsi, magari stringere amicizia e votare le creazioni della community. La sua implementazione appare tuttavia molto approssimativa rendendo questo spazio totalmente accessorio se non addirittura inutile per come è adesso. Sembra quasi un banale showroom molto scattoso tra l’altro nel caricamento iniziale.

Ma una volta uscito fuori da questo hub inizia il vero e proprio divertimento, specie una volta superate le prime ore di gioco un po’ più lente sia a causa della mancanza del viaggio rapido (si sblocca dopo il completamento di una serie di playlist) che obbliga a vagare da una parte all’altra dell’isola per completare le gare, che per il fatto che solo con lo sblocco di varie playlist il mondo si riempie di attività. Il modello di guida però fa importanti passi in avanti rispetto ai precedenti capitoli della saga con i veicoli che sembrano significativamente diversi l’uno dall’altro trasmettendo una sensazione di peso più in linea alle loro statistiche. Le gare poi sono sempre riuscite a darmi quel giusto senso di coinvolgimento grazie anche a un livello di difficoltà che può essere alzato o abbassato a seconda delle proprie abilità (il gioco consiglia quando modificarlo all’evenienza). A livelli più alti non basta tenere il piede sull’accelleratore per vincere, ma dosare sapientemente il freno e le derapate per non andare fuori pista (anche sfiorare un muro può far perdere diversi secondi), e il turbo che va attivato nei momenti opportuni per acquisire ulteriore velocità. C’è anche il rewind che consente di tornare indietro fino a un massimo di 14 secondi per correggere un errore.

L’unico disturbo alla guida sono le chiacchiere degli NPC che parlano, parlano e straparlano (in inglese) bombardandoci di informazioni che non abbiamo proprio il bisogno di scoprire quando sfrecciamo a quasi 300Km/h. La componente audio però è davvero buona con un buon campionamento dei veicoli e una soundtrack di accompagnamento molto piacevole che andava messa ancora più in risalto a discapito delle chiacchiere degli NPC.

L’aspetto che forse più farà storcere i fan di The Crew 2 è la scarsa attenzione riservata agli aerei e alle barche. In qualsiasi momento dell’open world è sempre possibile passare da un veicolo all’altro mediante la pressione della levetta destra, ma in generale c’è ben poco da fare con questi mezzi. Si vede che The Crew Motorfest è una celebrazione della cultura automobilistica e la enfatizza mettendo da parte le principali novità del capitolo precedente. Personalmente il maggiore focus sui veicoli da terra a discapito di quelli di aria e acqua non mi ha infastidito, anzi da fan del primo capitolo ho apprezzato più questa direzione più quadrata e focalizzata su un preciso stile che qui è stato arricchito con l’introduzione di moto e ATV.

Commento finale

Affermare che con The Crew Motorfest la saga racing di Ubisoft Ivory Tower abbia finalmente trovato una sua identità sembra quasi assurdo se consideriamo che per farlo si sia dovuta rifare ad un’altra serie rivale. The Crew Motorfest sembra infatti un capitolo di Forza Horizon in tutto tranne che nel nome ed in fondo va bene così se è quello che serve per fare un racing arcade divertente e che sa cosa vuole offrire ai giocatori. Non raggiunge le vette di eccellenza di Forza Horizon 5, ma si rivela un’ottima alternativa specialmente per quei giocatori Playstation orfani di un racing arcade di questo tipo.