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Recensione The Count Lucanor

di: Marco Licandro

The Count Lucanor si presenta come una “Pixel adventure” ispirata ai classici quali Zelda e Silent Hill. Sebbene vi siano alcuni riferimenti ai sopracitati in termini di gameplay, il titolo in mostra in realtà un’identità propria, grazie ad una trama semplice ma efficace, e personaggi particolareggiati e talvolta scorretti, ognuno dalla propria personalità, trascinandovi in un mondo macabro ed al contempo accattivante.

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La trama in breve

Hans ha compiuto 10 anni. Cresciuto in un piccolo villaggio medievale, e di famiglia povera, il bimbo deciderà di mettersi alla prova ed andare fuori casa alla ricerca di fortuna. In uno strano ed inspiegabile capovolgersi di eventi, il mondo che circonda Hans diventerà improvvisamente oscuro, come se ogni essere vivente fosse posseduto dal male. In totale oscurità, e munito della flebile luce di una candela, Hans seguirà uno strano demonietto blu fino al castello, solo per scoprire che un conte senza eredi stia cercando qualcuno per dar via la sua immensa fortuna. Per incontrarlo, però, il demonietto ci chiederà prima di indovinare il suo nome…

Quel brivido freddo

Il castello è suddiviso in piani e sezioni, ognuna dotata di lunghi corridoi pieni di porte. Dentro le porte potrebbe trovarsi una lettera che compone il nome del demonietto, e sarà nostro compito esplorare e trovarle tutte. Indagheremo interagendo con persone anch’esse in cerca di fortuna, e macabri dipinti, cercando chiavi del colore identico agli stendardi posti di fronte alle porte, così da aprirle ed affrontare labirinti, enigmi, puzzle, e trappole mortali. Da ricordare che Hans non è un guerriero, perciò non avremo modo di affrontare i mostri che ci attendono nel buio. La nostra unica arma di difesa è la luce, che ci permetterà di vedere e quindi reagire in tempo prima che questi ci agguantino quando sono troppo vicini. Hans potrà nascondersi sotto ai tavoli, dietro le tende, evitando così di essere scoperto, e continuando così con la sua impresa.

Un mondo di gioco credibile

I personaggi che incontreremo saranno unici, e qualcuno potrebbe in parte ricordare lo stile alla Miyazaki presente in alcuni di essi. La sottile linea tra la verità e la menzogna, tra il buono ed il cattivo, non aiuterà il giocatore ad effettuare scelte, le quali puntualmente avranno delle conseguenze che aiuteranno o ostacoleranno il progresso. I puzzle presenti nel titolo sono soprattutto ambientali, e spesso ci toccherà uscire da una stanza per poi rientrarvi così da risolverli in maniera diversa e mettere le mani su un forziere anziché un altro.

Tutto questo comunque non basterà, in quanto una volta ottenute tutte le lettere, avremo semplicemente un accozzaglia da anagrammare, e qualcuno addirittura dice che sono tutte false, e che la prova in sé è una menzogna, senza possibilità reale di completarla…

In conclusione

The Count Lucanor trasmette, nella sua semplicità fatta di pixel e gameplay privo di combattimento, una sensazione di paura reale e costante, affiancata comunque ad una voglia di sfida e di scoprire di più, fattore che ci spingerà a proseguire con la trama e portare Hans verso il successo, o la morte. Titolo decisamente non adatto ad i più piccoli, nonostante la grafica potrebbe trarre in inganno, eccelle nel fornire un mondo di gioco credibile e tangibile, e fa del suo gameplay poco sviluppato un punto di forza, imponendo al giocatore una sensazione di incapacità che, per quanto tale, ci pone in balia degli eventi e preda facile di mostri. Tutto assieme ad una funzione di inventario in tempo reale che anch’essa pone dei limiti e ci forza nel prendere decisioni rapide e pensate. Un titolo decisamente consigliato.