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Recensione Tekken 7

di: Simone Cantini

Tekken ha segnato la mia tarda adolescenza, accompagnandomi fino ai più spensierati momenti universitari, periodo a cui è maggiormente legato il ricordo del Torneo del Pugno di Ferro. Già, quel terzo ed immortale episodio ha sancito per sempre il mio rapporto con la creatura di Harada-san, al punto che il suo inevitabile seguito fu il titolo che accompagnò l’acquisto della tanto bramata PS2. Poi, però, la saga della famiglia Mishima sembrò quasi volersi perdere per strada, inanellando una doppietta di uscite ufficiali non proprio memorabili. Fatto sta che il buon Katsuhiro non si è certo perso d’animo e dopo un bel po’ di mesi di limatura affidati al florido (buon per loro!) mondo dei cabinati nipponici, Tekken 7 si prepara a ribaltare e stravolgere le sue ultime performance. Ma sarà tutto oro quello che luccica?

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La tristezza della solitudine

Tekken 7, stando alle parole del suo creatore, avrebbe dovuto finalmente mettere la parola fine alle vicende che da anni ci accompagnano a suon di roboanti sganassoni, quasi come se fosse una sorta di estremo saluto a tali personaggi così amati. Ovviamente, una volta finito il purtroppo deludente story mode, appare chiaro come simili premesse fossero solo la classica manciata di fumo gettata negli occhi dei fan, dato che se è vero che alcuni tasselli sembrano davvero trovare la loro definitiva collocazione, è palese come l’epopea dei Mishima abbia ancora molto altro da dire. E picchiare. Raccontata per mezzo di filmati tutti sommato interessanti, ma frammentati da alcune discutibili schermate statiche che puntano ad introdurre una storyline secondaria dai toni inutilmente drammatici, la modalità storia fallisce nel tentativo di coinvolgere ed appassionare in pieno il giocatore. E dopo aver giocato solo poche settimane fa Injustice 2 lo stacco tra i due modi di narrare appare quanto mai impietoso. Nelle sue due orette, inoltre, non riesce neppure a fungere da piccolo antipasto per il corposo cast di personaggi, limitandosi a farci interagire con una manciata scarsa di essi durante il suo svolgimento principale. Al grosso del roster saranno, difatti, dedicati dei capitoli secondari composti da UN solo combattimento e caratterizzati da una narrativa quanto mai abbozzata e deludente. Anche la classica modalità Arcade non riesce a spiccare all’interno della produzione, a causa di una durata alquanto ridotta (5 incontri), a cui si aggiunge l’assenza di un qualsiasi filmato conclusivo peculiare per ciascun lottatore. L’unica alternativa, se si è giocatori solitari, è rifugiarsi nel classico 1vs1, tuffarsi in corpose sezioni di allenamento, oppure sfruttare la feature più interessante per gli amanti del single player: le Battaglie Tesoro. Simile in tutto e per tutto al classico Time Attack, tale opzione ci metterà di fronte un numero infinito di avversari da battere, ognuno dei quali una volta sconfitto ci permetterà di ottenere degli oggetti utili a personalizzare esteticamente i membri del cast. Considerando il quantitativo spropositato di elementi unici disponibili, unito al divertimento offerto dal combat system, la modalità Battaglie Tesoro sarà in grado di intrattenere per un numero consistente di ore, facendo la felicità dei lottatori più incalliti tanto quanto di coloro che amano sbizzarrirsi nell’agghindare i propri personaggi preferiti.

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Bestiale fisicità

Appare dunque evidente come il nucleo portante attorno a cui verte l’esperienza di Tekken 7 sia la componente multigiocatore, a cui ovviamente va prepotentemente ad affiancarsi un affinato e leggermente rinnovato combat system. Sia offline che online, difatti, la produzione Namco Bandai riesce a dare il meglio grazie al suo stile unico e caratterizzato da una fisicità dei colpi quanto mai devastante. Personalmente ho apprezzato tantissimo il già citato Injustice 2, al pari delle altre produzioni firmate Ed Boone, però è innegabile come il suo stile sensibilmente più ingessato e meno dinamico si posizioni un gradino al di sotto del titolo nipponico. Difatti, per quanto prendere a mazzate Superman possa essere esaltante, la sensazione di assistere ad una diatriba tra mere marionette è sempre presente, sensazione che in Tekken 7 viene brutalmente spazzata via al primo colpo portato a segno. Sarà nella fluidità più accentuata del flow di combattimento, dell’effettistica legata agli impatti riusciti, fatto sta che una volta stretto il pad in mano sembra quasi di avvertire tutta la violenza di un pugno sferrato dal caro Jin. Sono feedback alquanto difficili da descrivere a parole, ma che chiunque sia mai sceso sul ring del Torneo del Pugno di Ferro conosce benissimo. Non manca, come era lecito aspettarsi, tutta la serie di combo che sin dagli albori ha reso celebre la saga, ognuna caratterizzata dalla sua brava difficoltà di esecuzione che richiede un tempismo decisamente meno permissivo rispetto al titolo Warner. Harada, però, non si è limitato a riproporre una fedele copia carbone di quanto già offerto in precedenza, ma ha visto bene di modificare in maniera evidente il combat system della serie grazie ad un paio di riuscite introduzioni: la prima e più evidente è costituita dalle Rage Art e Rage Drive, l’equivalente in salsa Tekken delle super mosse care agli altri beat’em up. Queste possono essere attivate una volta caricata la barra Rage (stato che di base aumenta già i danni inflitti), situazione che si verifica soltanto quando la nostra energia vitale è oramai quasi terminata, di modo da offrire al probabile sconfitto l’occasione buona per ribaltare le sorti del match, pur senza andare a sbilanciare in maniera sensibile gli equilibri di lotta che da sempre contraddistinguono Tekken. A sparigliare un poco le carte in tavola ci pensano anche alcuni nuovi personaggi, il cui stile di lotta rappresenta una vera new entry per la serie e che, nonostante ciò, riescono ad inserirsi in maniera coerente con il roster e a non apparire quanto mai fuori luogo: provate l’infiltrato Akuma e capirete cosa intendo dire. Per i più integralisti ci vorrà qualche match supplementare per prendere confidenza con le novità, ma una volta fatto il divertimento in compagnia di amici vicini e lontani sarà garantito: scontri classificati, non classificati, Re della Collina e tornei fino ad 8 giocatori (sia online che offline), garantiranno ore ed ore di divertimento. Ovviamente, come scritto, a patto di essere combattenti sociali.

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Suggestioni nipponiche

Tecnicamente il lavoro svolto grazie all’Unreal Engine è più che buono, ma il merito principale risiede da sempre nello stile unico, squisitamente nipponico, attorno a cui l’intera esperienza è modellata. L’anima fortemente tamarra di Tekken è immediatamente riconoscibile anche solo dopo aver caricato la minimale (ma funzionale) interfaccia principale, ma riesce a dischiudersi in un tutto il suo iconico splendore solo una volta che entriamo nella pannellata di selezione dei personaggi. Vecchie e nuove conoscenze sono caratterizzate e riprodotte in maniera maniacale, oltre che animate perfettamente. Gli stessi stage offrono un colpo d’occhio azzeccato e sono impreziositi da effetti particellari e giochi di luci di assoluto valore. Ovviamente, trattandosi di un picchiaduro in cui il tempismo è tutto, la fluidità dell’azione è garantita da un frame rate stabile e restio ai rallentamenti. L’unico aspetto che mi sento di criticare è relativo all’eccessiva lentezza dei caricamenti, talvolta davvero snervanti anche in caso di semplice rematch. E poi c’è la colonna sonora, ottima come sempre e rozza al punto giusto: tempestare di pugni il proprio avversario ha bisogno anche accompagnamento musicale consono. Lato online i test principali sono stati condotti nei giorni immediatamente antecedenti al lancio, quindi con i server non troppo popolati, ed in questi casi l’esperienza è risultata quasi sempre accettabile, facendo riscontrare solo un paio di episodi isolati minati da un avvertibile lag.

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Tekken 7 è un prodotto dalla duplice identità, una sorta di personificazione digitale della coppia poliziotto buono/poliziotto cattivo. Quest’ultimo è incarnato senza dubbio dalla lacunosa offerta single player, davvero deludente sotto tutti i punti di vista (soprattutto se confrontata con il recente Injustice 2) e sin troppo carente per un prodotto targato 2017. La bontà, dunque, finisce per risiedere tutta all’interno del comparto competitivo e nell’eccellente e rivisto gameplay, caratterizzato dal consueto e sapiente mix di fisicità, tecnica ed innovazione. Alla luce delle sue carenze, però, viene difficile consigliare senza riserve questo Tekken 7 che, visti i suoi contenuti, si rivolge ad una fetta di utenti ben definita. Questi, però, avranno davvero di che divertirsi.