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Recensione System Shock Remake

di: Simone Cantini

Nella mia lunga carriera di videogiocatore non mancano produzioni che, per cause di forza maggiore, non ho mai potuto giocare pur avendolo assai desiderato. La maggior parte di questi titoli risale al mio oscuro passato da utilizzatore di PC, quando per mancanza di mera forza bruta fui costretto a lasciare per strada un bel po’ di giochi assai stuzzicanti. Fortuna vuole che, dopo aver atteso per ben 3 decenni, grazie ai talentuosi ragazzi di Nightdive Studios sono finalmente riuscito a godermi lo strepitoso immersive sim di Warren Spector e dei (ahinoi) defunti Looking Glass: System Shock Remake è finalmente arrivato anche su console, ed io non potrei davvero essere più felice.

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Migliorare l’umanità

Che bello essere degli hacker in un universo sci-fi dai toni decisamente cyberpunk. Una professione, questa, in grado di garantire numerose soddisfazioni, oltre che di farci mettere in saccoccia un bel po’ di grana, per quanto digitale. Il tutto, ovviamente, a patto di scegliere il giusto committente e non, come nel caso del (o della) protagonista di System Shock Remake, sedendoci dal lato sbagliato della letale canna di una pistola. Poco male, in fondo il nostro caro Edward Diego (ovvero il bersaglio del nostro operato) è pronto ad offrirci una salutare ed innocua via d’uscita, qualora decidessimo di annullare i blocchi etici che gestiscono SHODAN, l’IA che controlla la stazione spaziale nota come Cittadella, fluttuante attorno all’orbita di Saturno. Un’offerta che non si può certo rifiutare e che non rappresenta di sicuro una sfida per degli hacker come noi, se non fosse che, una volta terminato il nostro compito, ci ritroveremo alloggiati all’interno di una capsula criogenica situata proprio nella gigantesca fortezza spaziale. Fortezza che, come vuole la tradizione, sarà ricolma di letali macchine assassine, create proprio da quell’intelligenza artificiale oramai libera dai suoi legacci morali.

Comincia così, come nel lontano 1994, la vicenda che fa da sfondo ad uno dei giochi più iconici ed importanti del decennio in questione, capace di influenzare ancora oggi il nostro medium preferito, grazie a trovate ludiche divenute oramai un vero punto saldo dell’industria. System Shock Remake riesce a riproporre con efficacia quel concetto di immersive sim che fu in grado di sovvertire le leggi dei rampanti FPS tradizionali in perfetto Doom style, interamente votati all’azione blastatoria più sfrenata. Per quanto non possa essere certo considerato un devastante successo commerciale, il lavoro di Spector e soci stupisce ancora oggi per profondità e complessità, con quel suo riuscire a tratteggiare in modo esemplare un’esperienza in cui il giocatore è ancor più al centro della scena, il principale motore delle vicende, che dovrà poco alla volta capire (proprio come l’avatar digitale che stiamo impersonando) cosa fare per poter sopravvivere agli orrori che hanno devastato la Cittadella. Non saremo guidati in alcun modo durante il corso dell’avventura, capace di tenerci incollati al pad per una ventina di ore, ma dovremo districarci tra audiolog e documenti per scoprire di volta in volta i passi da compiere per sconfiggere SHODAN, che non si limiteranno all’abusato (già allora) meccanismo del trova la chiave e sblocca la porta.

A lezione dai grandi

Il level design di System Shock Remake regge ancora oggi il confronto con le produzioni più moderne, grazie al suo perfetto gioco di incastri che, grazie anche ad un intelligente e stimolante backtracking, ci chiederà di tenere sempre desta l’attenzione oltre che di avere ben chiara in ogni momento la conformazione generale della Cittadella. Gli step che scandiscono le varie missioni di gioco, difatti, non si esauriranno nel giro di pochissimi metri, ma richiederanno acume ed intelligenza per poter essere compresi e sviscerati: sarà un consiglio vetusto, praticamente da boomer, ma tenere traccia dei vari tasselli grazie a delle note cartacee (a meno di non voler ricorrere al triste, in questo caso, mezzo che risponde al nome di internet), potrebbe fare la differenza tra il girovagare sperduti tra i sinistri corridoi della Cittadella e la nostra sopravvivenza. Perché, come già detto, System Shock Remake non è certo un gioco semplice, sia da domare che da giocare, dato che sotto il suo superficiale aspetto di semplice FPS si nasconde un’esperienza assai più stratificata.

Se è vero che il core gameplay si baserà sull’utilizzo di armi da fuoco e corpo a corpo, che potremo coadiuvare con altri gadget e dei cerotti speciali in grado di fornire boost specifici, l’azione non sarà quasi mai al centro del tutto, salvo particolari punti specifici. Muoversi furtivi, magari disattivando le telecamere di SHODAN per azzerare il livello di allerta, gestire le nostre risorse vitali ed energetiche, oppure risolvere peculiari enigmi, sono tutti elementi in grado di spezzare quel flow blastocentrico fino ad allora imperante, in favore di un approccio assai più sfaccettato. Esplorazione, pianificazione ed azione si fondono in un perfetto equilibrio, capace di restituirci un titolo mastodontico, ancora oggi in grado di dire la sua in un mercato che sembra essersi lasciato alle spalle la volontà di rovesciare le carte e settare nuovi standard, tanto concettuali che ludici.

Naturalmente, se visto con gli occhi attuali, non possono non mancare alcune piccole storture, che almeno a mio avviso sono da ritrovare nelle sezioni ambientate nel cyberspazio che, traslando la formula che rese celebre Descent, finiscono per essere prive del giusto mordente. Così come, dopo essere sopravvissuti alle letali minacce preparateci da SHODAN, non può che lasciare interdetti proprio lo scontro finale con l’IA impazzita. Per il resto, ci sono davvero pochissimi appunti da muovere a System Shock Remake che, se non fosse per il suo comparto grafico fisiologicamente old school, potrebbe benissimo essere stato programmato solo pochi mesi fa.

30 e non sentirli

E pur non cercando di nascondere in alcun modo la propria età, c’è solo da togliersi il cappello dinanzi al lavoro di conversione e svecchiamento svolto dai ragazzi di Nightdive, oramai una certezza quando si tratta di riportare a nuova luce perle del passato. Sul fronte puramente estetico ci troviamo al cospetto di un lavoro di svecchiamento encomiabile, che è riuscito a mantenere inalterato lo stile originale, pur regalandoci un netto upgrade grafico. Di primissimo piano anche la gestione delle fonti luminose, che riesce a conferire agli ambienti della Cittadella un fascino decadente, nonostante il macabro scintillio di un metallo di tanto in tanto imbrattato di membra e schizzi di sangue. Da lodare anche il sonoro generale, che ha nel doppiaggio di SHODAN il suo punto di forza, grazie ad una recitazione in grado di trasmettere tutta l’asettica crudeltà dell’IA, che lascia però intravvedere di tanto in tanto un’aura di innocenza, tipica di chi non è in grado di comprendere a pieno la differenza tra bene e male, come nel caso delle macchine.

Purtroppo, però, il salto che separa System Shock Remake dal suo essere un titolo nato con in mente il PC (e di conseguenza l’inossidabile coppia mouse/tastiera), ha portato al caro e vecchio effetto lost in translation, che si è tradotto in una non perfetta gestione dell’inventario attraverso lo sdoganato, ma meno reattivo, pad. Navigare tra oggetti, armi e potenziamenti ha finito per perdere la sua velocità, elemento non certo trascurabile visto che il gioco non va in pausa quando spulciamo i nostri averi, ma si tratta di un limite che si può in parte arginare organizzando di volta in volta il menu di scelta rapida (legato al d-pad). Lo stesso gunplay è risultato un po’ troppo ingessato rispetto all’originale, rendendo a volte non precisissima la mira, ma anche in questo caso la pratica sarà nostra amica. Ah, un ultimo consiglio: salvate spesso manualmente, magari usando più slot. Mi ringrazierete a tempo debito…

Si dice che l’attesa del piacere sia essa stessa il piacere, ma dopo aver giocato con System Shock Remake non potrei essere più felice di essermi finalmente goduto a dovere il titolo sviluppato in origine da Spector e Looking Glass. Il gioco, difatti, si è presentato in forma smagliante anche su console, come se i 30 anni che si porta sulle spalle non fossero altro che un fugace battito di ciglia, in virtù di un design ed un gameplay invecchiati benissimo. Anzi, che sembrano addirittura più giovani di tante produzioni attuali. Coinvolgente, longevo e dannatamente divertente, System Shock Remake è un titolo che non dovrebbe assolutamente mancare nella libreria di chi ama gli immersive sim e che è in cera di un’avventura in grado di dettare legge ancora oggi. Certo, il passaggio da PC a console ha reso un pizzico più farraginosi alcuni aspetti, ma se questo è il prezzo da pagare per tornare ancora una volta a sfidare SHODAN, chi siamo noi per essere tristi?