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Recensione Sulle spalle dei giganti con di Xenoblade Chronicles

Primo in ordine cronologico e forse uno dei progetti più ambiziosi di tutta la ludoteca WiiXenoblade Chronicles è ormai disponibile da tempo, eppure nonostante ciò, il titolo non sembra aver ricevuto le giuste attenzioni. Il difficile compito del rinnovamento dei giochi di ruolo giapponesi passa prima di tutto (e sopratutto) per la bianca console Nintendo e Xenoblade è il banco di prova ideale: appassionante, intelligente e commovente. 

di: Nicola "Wanicola" Caso
Primo in ordine cronologico e forse uno dei progetti più ambiziosi di tutta la ludoteca WiiXenoblade Chronicles è ormai disponibile da tempo, eppure nonostante ciò, il titolo non sembra aver ricevuto le giuste attenzioni. Il difficile compito del rinnovamento dei giochi di ruolo giapponesi passa prima di tutto (e sopratutto) per la bianca console Nintendo e Xenoblade è il banco di prova ideale: appassionante, intelligente e commovente.

Nemmeno Cameron con Pandora aveva mai osato tanto

Forse il nome può trarre in inganno chi si aspettava un sequel spirituale dello splendido Xenogears o del noto Xenosaga, quindi è bene chiarirlo da subito: con i titoli sopracitati il nuovo Xenoblade condivide soltanto parte del team di sviluppo e il gusto per le trame complesse e articolate. “Monado: Beginning of the World”, questo il titolo originale con cui fu presentato il progetto ai suoi albori, è forse il modo migliore per poterne affrontare la storia, una storia tanto insolita quanto magnetica, in grado di stupire il giocatore in più di un’occasione e non lesinare sui colpi bassi. Per iniziare, l’ambientazione. Il mondo di Xenoblade è interamente sviluppato sopra due antichi Titani ormai assopiti e non è senz’altro cosa di tutti i giorni muoversi dalla gamba di quello che consideri un Dio, sino alla sua testa, attraversando nel frattempo vastissime pianure, rigogliose foreste e sconfinati oceani. Sembra strano descritto così ed effettivamente lo è, ma l’unico modo per figurarsi tale mondo è “viverlo”. Dicevamo, Bionis eMechonis, un gigante organico e la sua controparte meccanica, due entità in lotta sin dall’alba dei tempi, il cui conflitto non ha portato altro se non la morte di entrambi, rendendo possibile lo sviluppo dei rispettivi abitanti: Homs Mechons. La nostra storia inizia proprio qui, più precisamente sulla valle della spada di Mechonis, terra di nessuno dove ancora infiamma l’eterna lotta tra uomini e macchine, con palese vantaggio di queste ultime. L’ultima speranza per gli Homs risiede in un manipolo di uomini capitanati dal prode Dunban e la sua spada, la misteriosa Monado, l’unica arma di sortire qualche effetto sui Mechons. L’impavido eroe, un esercito nemico spietato e un’arma magica. Afferra la lama, arriva sino all’altro colosso e stermina tutto in nome della pace. Già visto, già sentito, già fatto. Non questa volta. Sfoderando tutta una serie di espedienti ludici e narrativi di prima classe, la storia di Xenoblade si articola in maniera tutt’altro che canonica, tanto che il nostro protagonista non sarà il carismatico Dunban di cui sopra, ma Shulk, il classico ragazzo che fa tanto topo di biblioteca in balia degli eventi. E no, non sarà un mal riposto senso di giustizia a muovere la sua mano, quanto la più semplice e pura vendetta (e non per regolare i conti di chi pensate voi). Fiore all’occhiello di una produzione solida e massiccia, gli eventi narrati durante tutto il corso dell’avventura che nulla ha da invidiare a mostri sacri del calibro di Chrono Trigger. Continuare oltre con la descrizione sarebbe un vero e proprio crimine nei confronti dei giocatori, che sarebbero privati così dell’emozione di visitare luoghi incredibili, assaporare una storia che riscrive completamente il concetto di epico e conoscere personaggi indimenticabili. Il tutto spalmato su più di 100 ore di pure gioia “ruolistica”.

Tra combattimenti a turni e in tempo reale,  tradizione Vs innovazione

Come ogni buon RPG che si rispetti, la storia non è tutto e il diletto stesso del viaggio non è tanto la meta quanto il viaggio stesso. O il combattimento. Grazie a un Combat System profondo e dinamico allo stesso tempo, gli scontri in Xenoblade avvengono totalmente in tempo reale e senza limitazioni legate all’ambiente. Scordatevi incontri casuali, tediosi turni e il riciclo continuo di arene che da sempre hanno caratterizzato questo tipo di produzione. I mostri, sempre visibili sulla mappa, saranno liberi di attaccare o meno il giocatore in base alla differenza di livello e persino di formare gruppi più cospicui in caso di necessità. L’ibrido ideato dai ragazzi di Monolith Soft si prospetta sin da subito molto duttile e facile da assimilare, ma non per questo povero di sorprese. Per cominciare il giocatore è limitato all’utilizzo di un solo personaggio alla volta, con i compagni deputati all’intelligenza artificiale. Nonostante sulle prime l’idea che l’attacco fisico avvenga in maniera automatica possa sembrare limitante (In maniera non dissimile da quanto osservato nel più noto Final Fantasy XII), dopo i primi combattimenti passati a non far nulla, ci si rende conto di come l’uso oculato delle tecniche e dei movimenti sul campo di battaglia può fare in realtà la differenza tra la vita e la morte. Ciò che all’apparenza può sembrare un ibrido senza arte né parte tra un classico RPG e un Action puro, si rivela presto un’inesauribile fonte di tattiche e formazioni in grado di prestarsi a ogni genere di sperimentazione. Mescolando i vari ruoli chiave come tank, guaritore, maghi (senza dimenticare il mitico Riki) ogni combattimento si rivelerà un’esperienza sempre fresca e stimolante, soprattutto durante gli scontri contro i coriacei Boss o mostri “unici” che popolano il mondo di gioco. Ci sarebbero poi tutta una serie di risvolti legati allo sfaccettato Combat System, come le visioni in grado di cambiare il futuro, gli attacchi all’unisono, la crescita delle singole tecniche, i rami di abilità dei vari personaggi e di come essi combattendo assieme possano imparare l’uno i trucchi degli altri, o ancora, la possibilità di poter equipaggiare in maniera totalmente personalizzabile ogni parte del corpo, la creazione delle gemme utili a migliorare le proprie armi e armature e quanto altro il libretto d’istruzioni ha da offrire, ma anche qui, sarebbe puro nozionismo. Una particolare merita però di essere citato per capire quanto Xenoblade possa essere curato e profondo: i personaggi acquistano esperienza anche solo completando missioni secondarie per gli abitanti delle varie colonie o semplicemente per aver scoperto nuove aree di gioco. Grazie a una mappa di proporzioni titaniche e a un diario in grado di registrare i rapporti che intercorrono non solo tra i vari membri del party ma anche fra loro e il resto del mondo che li circonda, la sensazione di far parte di un macrocosmo vivo e pulsante è qui portata verso nuove vette qualitative, avvicinando in qualche maniera il titolo ai ben più complessi massive multiplayer dove ogni personaggio è una vita vera e propria. Si combatte certo, e anche parecchio, ma anche perdersi nottetempo per le paludi di Satori (che geograficamente corrispondono ai fianchi del gigante) alla ricerca di chissà quale oggetto per far felice qualcuno ha qui il suo fascino e il suo perchè.

L’arte di sapersi arrangiare

Prima ancora di scoprire quanto possa essere appassionante la sua storia o intrigante il suo gameplay, il biglietto da visita di un gioco passa sicuramente per il comparto tecnico, inutile girarci attorno. Sotto questo punto di vista Xenoblade è dunque vittima della macchina su cui gira e, nonostante Monolith ce l’abbia messa tutta per spremere ogni singolo Layer dei DVD del Wii, il risultato è quello che tutti possiamo osservare. Lo suggeriscono le immagini e lo sottolinea Shulk quando spesso e volentieri osserva le sue mani: la grafica di Xenoblade è decisamente arretrata e non parliamo solo di mancato supporto all’alta risoluzione. Tutto a una prima occhiata pare obsoleto, dai modelli poligonali sino alle texture che strizzano l’occhio alla prima generazione di giochi per PS2. Questo perché per poter offrire quanto di buono descritto sopra, il team di sviluppo è dovuto scendere a compromessi con una realizzazione tecnica fortemente insufficiente che recupera in parte grazie a una spiccata componente artistica. Fortunatamente, una colonna sonora di prim’ordine e degli scorci incredibili riequilibrano in parte la situazione. Spettacoli visivi come quelli offerti dalla pianura sulla gamba di Bionis o dalla foresta Makna (qui siamo sulla schiena) hanno talmente pochi precedenti nella storia del videogioco che dopo poco si è disposti a chiudere un occhio anche sulle animazioni sgraziate dei protagonisti.

Ingiustamente offuscato da altri titoli che ludicamente e narrativamente non arrivano alla metà delle possibilità che questo colosso è in grado di offrire, Xenoblade Chronicles rappresenta il top del genere di riferimento, in grado di sbaragliare a mani basse l’attuale concorrenza e posizionarsi di prepotenza nell’olimpo dei JRPG. Al di là di un comparto tecnico tutt’altro che convincente, un primo incontro spiazzante non è scusa sufficiente per lasciarsi sfuggire questo gioiello di game design. Uno dei viaggi più assurdi e appassionanti di sempre. Semplicemente imperdibile.