Recensione Suicide Squad: Kill the Justice League
di: Luca SaatiAvete presente la scena di How I Met Your Mother in cui Marshall spiega a Stella, fidanzata di Ted, l’importanza di Star Wars nella vita di quest’ultimo. “Ted guarda Star Wars in salute e in malattia, nella buona e nella cattiva sorte” esclamava Marshall. Nel mio caso Star Wars andrebbe sostituito con la saga di Batman Arkham, il mio comfort game per eccellenza che mi ha aiutato nei miei momenti più tristi e avrà sempre un posto speciale nel mio cuore (e anche sul mio braccio destro dato che me lo tatuerò in futuro). Tutto questo per farvi comprendere la mia delusione quando Rocksteady ha annunciato Suicide Squad: Kill the Justice League. Non mi piace la Task Force X, o meglio non apprezzo l’insistenza con cui Warner Bros. cerchi di farmi piacere per forza questi personaggi, e non ne posso più dei games as a service, e in tal senso il mercato sta lanciando importanti segnali di una saturazione del mercato. Ma adesso Suicide Squad: Kill the Justice League è finalmente arrivato e, nonostante le mie premesse tutt’altro che positive e un’alpha oltre un mese fa poco convincente, mi ci sono approcciato a mente libera nella speranza di ritrovarmi dinanzi a un bel gioco. Purtroppo chi di speranza vive, disperato muore.
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Eroi caduti
Sono passati alcuni anni dagli eventi di Arkham Knight, Batman è tornato alla luce e si è unito alla Justice League insieme a Superman, Lanterna Verda, Flash e Wonder Woman per portare giustizia nel mondo. Brainiac arriva però sulla terra con l’obiettivo di terraformarla e ricostruire il suo pianeta natale, Colu, e per farlo infetta i supereroi per farli combattere al suo fianco mettendo così sotto scacco l’intero mondo. In questo scenario quasi post-apocalittico entra in gioco l’Advanced Research Group Uniting Super-Humans, i servizi segreti americani meglio noti come A.R.G.U.S. che si occupano di meta-umani e capitanati dalla spietata Amanda Waller.
Proprio in quell’Arkham Asylum che ho esplorato in ogni angolo nel 2009 inizia la storia di Suicide Squad: Kill the Justice League con la Waller che arruola (per usare un eufemismo) quattro criminali con cui formare la Task Force X per quella che è a tutti gli effetti una missione suicida. Primi istanti che impostano immediatamente il tono leggero della narrazione con Deadshot, Harley Queen, Capitan Boomerang e King Shark che fanno a gara a chi impianta le nano-bombe nella testa dell’altro finendo tutti armati e incastrati dalla Waller. O i quattro seguono gli ordini dell’A.R.G.U.S. o le loro bombe esploderanno. Arrivati a Metropolis lo scenario è di quelli da fine del mondo con un enorme nave-teschio a sorvolare la città e distruzione in ogni dove. La missione della Suicide Squad è una sola: uccidere la Justice League.
Il mondo dei videogiochi mi ha abituato molto male negli ultimi anni quando si tratta di raccontare delle storie in un titolo con una fortissima componente online. Salvo rarissimi casi di videogiochi online che ruotano attorno alla narrazione (penso ad A Way Out, It Takes Two e il più recente Baldur’s Gate 3), di solito c’è ben poco di cui gioire. Suicide Squad: Kill the Justice League fortunatamente rientra nel giro dei rarissimi casi di cui sopra con una qualità della narrazione che conferma l’abilità di Rocksteady nel saper raccontare una storia grazie a un’ottima regia e alla performance attoriale nelle cutscene girate col motore di gioco. Il problema sta però in una scrittura posticcia che non brilla a causa di una serie di problemi.
Innanzitutto nelle 12 ore circa per arrivare ai titoli di coda si passano le prime tra filmati e spiegoni che interrompono costantemente le missioni. E poi ci sono i quattro protagonisti caratterizzati male e che con il loro umorismo non hanno mai suscitato in me chissà quale simpatia. Diciamo che se finora non ho mai apprezzato la Task Force X, Suicide Squad: Kill the Justice League non mi ha fatto certamente cambiare idea. Tra un Deadshot anonimo, un Capitan Boomerang insopportabile e una Harley Quinn insignificante senza Joker, l’unico a salvarsi è King Shark che però non riesce a reggere il peso della narrazione sulle sue spalle. Anche i personaggi non protagonisti non brillano ad eccezione di una Amanda Waller sempre spietata e una Wonder Woman (l’unica a non essere stata infettata da Brainiac) pronta a tutto pur di salvare i suoi compagni della League. Il Pinguino e il resto del roster di personaggi sembra essere messo lì più per avere un volto noto come armaiolo della squadra piuttosto che avere una vera e propria utilità ai fini della narrazione. Fortuna che almeno i quattro ex-eroi trasformati in villain riescono a generare la giusta curiosità nello scoprire come si sono evoluti al servizio di Brainiac che invece risulta quasi non pervenuto.
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Missione suicida
Ci vuole coraggio misto a follia per abbandonare una formula di gameplay vincente che nel 2009 ha rivoluzionato gli action/adventure. Uno sforzo quello di Rocksteady apprezzabile nelle intenzioni, ma che non ha funzionato per niente bene. Suicide Squad: Kill the Justice League è un classicissimo shooter in terza persona con una spiccata propensione alla verticalità ambientale.
Ognuno dei quattro protagonisti ha un suo stile: Deadshot si muove con un jetpack, predilige fucili d’assalto e da cecchino e nel corpo a corpo utilizza i suoi cannoni posti sui polsi; Harley Quinn si muove con un rampino e un drone (gentilmente trafugati dal Cavaliere Oscuro), utilizza principalmente pistole e SMG e ha sempre pronta la sua mazza da baseball; Capitan Boomerang ha il suo fido boomerang per gli attacchi corpo a corpo, utilizza fucili a pompa e ha sgraffignato il guanto del Dr. Sivana con cui sfruttare la Forza della Velocità per muoversi come Flash; King Shark infine ha la sua forza per effettuare grandi salti e colpisce i suoi avversari con la mannaia e la minigun. Ci sono poi due abilità per sciasun personaggio attivabili con la combinazione simultanea di due tasti dorsali o con due tasti frontali.
Se si guarda solo allo shooting, Suicide Squad: Kill the Justice League presenta un solido gunplay arricchito da alcuni elementi che cercano di dare una certa profondità. Da questo punto di vista si nota subito l’impronta di Rocksteady con un contatore di combo sempre presente durante i combattimenti, la presenza di un contrattacco per annullare l’offensiva nemica o il colpo critico assicurato non appena si fa fuoco su un nemico atterrato un attimo prima con un attacco corpo a corpo. Con questi elementi è chiara l’intenzione degli sviluppatori di andare un po’ oltre il classico shooter e a tratti il sistema funziona anche, ma si perde totalmente per colpa del caos su schermo dovuto non solo all’ingente numero di nemici ma anche e soprattutto a una delle interfacce più ingarbugliate che mi siano capitate negli ultimi anni. Un’interfaccia così sporca che talvolta non riuscivo neanche a trovare l’indicatore dell’obiettivo su schermo.
Un gameplay che viene poi svalorizzato da una struttura delle missioni che definire ripetitiva è poco. In Suicide Squad tra quest della principali e secondarie si fanno sempre le stesse cose tra una missione di scorta, un’altra in cui uccidere un certo numero di nemici e raccogliere dei dati, o proteggere le piantine di Ivy. Ci sono dei modificatori che cercano di cambiare un po’ le regole delle missioni (solo le granate uccidono i nemici, i colpi normali non fanno danno ecc) ma spesso si rivelano più un modo per allungare l’agonia della campagna che un modo per arricchire l’esperienza di gioco. Persino le boss fight e il modo in cui ci si arriva sono una vera e propria delusione. Sulla carta potevano essere l’elemento migliore del gioco (voglio dire, quando capita di affrontare i supereroi DC trasformati in cattivi?), ma si limitano a un semplice scaricare interi caricatori sull’ex eroe di turno con qualche piccola variazione a tema.
Quando si gioca in solitaria è possibile passare da un personaggio all’altro in qualsiasi momento con la pressione di un tasto, peccato che non lo si possa fare liberamente in missione come visto ad esempio in Grand Theft Auto V. Una scelta giustificata dal fatto che alla fine di ogni missione si ottengono punti esperienza e equipaggiamento per quel singolo personaggio. La progressione quindi non è simultanea per tutti e quattro i personaggi e mi sono dunque ritrovato ai titoli di coda con un Deadshot al livello 20 e un King Shark al 10. Per livellare al massimo tutti e quattro i personaggi il grinding la farà da padrone, il che non è proprio il massimo considerando la scarsissima varietà di cose da fare.
L’altro problema è che ai protagonisti manca una vera e propria personalità ludica nonostante abilità di movimento e equipaggiamento (in parte) unici. Per farvi comprendere meglio ciò che sto dicendo basta prendere come esempio Batman Arkham Knight che aveva e ha tutt’ora l’abilità di trasmettere pad alla mano tutta la forza del Cavaliere Oscuro (“Be the Batman” recitava la campagna marketing), mentre con Suicide Squad non succede mai. Una cosa questa che ho avvertito principalmente con Harley Quinn e Captain Boomerang che hanno dovuto addirittura rubare i gadget di altri personaggi per poter dire un minimo la loro nel gioco.
Personalizzazione
Ciascun personaggio ha il suo skill tree suddiviso in tre aree. Al primo level up si ottiene un punto abilità per il primo ramo, al secondo per quello successivo e al terzo per l’ultimo, e il ciclo si ripete così ogni volta. Progredendo nello skill tree si sbloccano una serie di abilità passive che consentono di personalizzare ciascun personaggio in base al proprio stile di gioco con la possibilità di resettera il tutto in qualsiasi momento così da testare le varie opzioni offerte dal sistema.
Dal punto di vista dell’equipaggiamento ciascun membro della Task Force X può portare con sé due armi da fuoco, un’arma corpo a corpo, una granata e una serie di gadget per lo scudo e il sistema di mobilità. Come qualsiasi live service che si rispetti le armi hanno diversi gradi di rarità indicati da un apposito colore fino ad arrivare ai set Infamia che possono infliggere ai nemici dei malus extra a tema con i villain del DC Universe. Nella Stagione 0 al momento in corso è possibile ad esempio sbloccare l’equipaggiamento a tema Bane, ma ho sbloccato anche il set du Black Mask, del Pinguino e di Luthor. L’equipaggiamento è inolte legato a uno dei tanti produttori (le armi della GCPD ad esempio sono più tradizionali, quelle della LexCorp sono più scientifiche ecc.) richiamando la serie Borderlands che del suo sistema di loot ne ha fatto un cavallo di battaglia.
E se non si è del tutto soddisfatti dell’equipaggiamento in proprio possesso ci sono i vendor nell’hub di gioco. Dal Pinguino che permette di costruirne di nuovi, ad Ivy che sblocca i modificatori di stato fino ad arrivare al Giocattolaio che può modificarne le abilità passive. C’è inoltre la possibilità di sbloccare nuovi progetti per questi venditori svolgendo le loro apposite missioni, ma anche qui la ripetitività delle quest non mi hai mai sprontato a completarle tutte, anche perché con l’equipaggiamento non ho mai avuto problemi. C’è da dire infatti che il gioco è tutt’altro che avaro nell’elargire equipaggiamento raro mettendone però in mostra diversi limiti in quanto tra i vari produttori le differenze sono così minimali e poco caratterizzanti a differenza di quanto accade invece con la già citata serie Gearbox.
Endgame
Superati i titoli di coda, l’obiettivo di Rocksteady è di farvi restare con la Task Force X con una serie di attività endgame che non sono poi tanto diverse da tutte le missioni fatte finora. Tutto l’endgame ruota attorno all’Elseworld, il multiverso della DC. Gli altri universi possono essere esplorati tramite le missioni Incursione che se completate consentono di ottenere bottino più forte. Queste particolari missioni vanno sbloccate con una moneta chiamata Promethium che si ottiene a sua volte completando altre missioni a Metropolis. Ci sono modificatori e piccole varianti, ma nella sostanza tutte queste missioni seguono lo schema di quelle affrontate nel corso della campagna finendo in men che non si dica con l’annoiare
Ma se miracolosamente riuscite a superare questa ossessiva ripetitività sappiate che completare le Incursioni porta a un aumento del grado di Crisi Infinita che una volta arrivato al livello 30 dà accesso alla missione Caos che altri non è che il deludente boss finale già affrontato in precedenza ma in una versione più potente.
Uno dei pochi elementi che ho apprezzato è Social Squad. In pratica il sistema consente di copiare l’equipaggiamento di altri giocatori per i propri personaggi controllati dall’IA. Ci sono leaderboard online per scaricare l’equipaggiamento dei giocatori migliori che a loro volta vengono ricompensati per aver messo a disposizione il proprio loadout ad altri giocatori.
Guardando al futuro con le Stagioni in arrivo post-lancio arriveranno nuova ambientazioni, missioni, equipaggiamento e personaggi provenienti dall’Elseword. Ad esempio a Marzo la Stagione 1 sarà interamente dedicata a un’inedita versione di Joker. Ma sarà Rocksteady capace di stravolgere completamente l’esperienza di gioco? E soprattutto i giocatori riusciranno a reggere così tanto dopo aver ripetuto per l’ennesima volta l’ennesima missione uguale?
Metropolis non è Gotham
E poi c’è il comparto tecnico che mi ha lasciato molto, molto freddo. Sia chiaro, Suicide Squad: Kill the Justice League non è un brutto gioco da vedere, ma gli manca quell’ispirazione che ha caratterizzato la trilogia del Cavaliere Oscuro di Rocksteady. Un po’ a causa di una palette di colori che caratterizza la città di Metropolis decisamente più brillante e luminosa rispetto ai toni dark e gotici di Gotham e un po’ per via di uno stile artistico a mio modo di vedere decisamente meno ispirato.
Lo stesso impatto visivo non mi è sembrato così strabiliante, anche se c’è da dire che Suicide Squad: Kill the Justice League presenta tanti effetti particellari e caos su schermo mantenendo un framerate piuttosto stabile a 60 fps. Insomma appare chiaro che gli sviluppatori siano dovuti scendere a compromessi per cercare il giusto bilanciamento tra prestazioni e qualità visiva. Lo stesso discorso fortunatamente non si può fare invece per la qualità messa in mostra dalle cutscene con una modellazione poligonale dei personaggi, espressività e piccoli dettagli come la pioggia davvero impressionanti.
Altanelante il doppiaggio in italiano a cui ho preferito quello in inglese. Molto buone le musiche con una colonna sonora rock firmata da Rupert Cross e Nick Arundel decisamente a tema con il tono scanzonato dell’opera.
Commento finale
Suicide Squad: Kill the Justice League è mediocre in quasi tutto ciò che propone ed è l’ennesimo games as a service di cui avrei fatto tranquillamente a meno. Le interessanti premesse narrative sono rovinate da una pessima scrittura e da dei personaggi insopportabili. Il gunplay è molto solido e presenta alcuni elementi interessanti ma crolla dinanzi a una struttura di gioco ripetitiva fino allo sfinimento. Se nel 2015, dopo aver finito quel capolavoro di Batman: Arkham Knight, qualcuno proveniente dal futuro mi avesse detto che il prossimo gioco di Rocksteady sarebbe stato un disastro di queste proporzioni non ci avrei mai creduto. Insomma più che uccidere la Justice League questa Suicide Squad uccide Rocksteady.