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Recensione Strayed Lights

di: Marco Licandro

Strayed Lights è un action game sviluppato da Embers Games che ci metterà nei panni di un’energia nel suo cammino verso il risveglio. In una valle misteriosa e piena di nemici che vorranno distruggerci, dovremo prenderci carico della nostra piccola luce guerriera e farla combattere così da arrivare al termine del suo viaggio.

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Qualcosa non va

Sin dai primi istanti di gioco, quando il nostro protagonista antropomorfo si genera, in un insieme di bagliori e immagini sfocate, cercando di aggrapparsi alla vita, ho pensato che qualcosa non andasse. L’incipit della nascita, essendo l’eroe in questione una sorta di energia, ha sicuramente fatto colpo, ma il successivo generarsi di eventi e relativo gameplay ha suscitato ben più volte un sopracciglio alzato. Più ci muoveremo, più recupereremo la vista, rendendo più chiaro lo strano e misterioso mondo fatto di strane rocce dai riflessi ultra marcati, e inondato da una strana luce violastra e bluastra che non sembra avere origine da nessuna parte. Tuoni e fulmini sembrano impestare la vallata (ma solo in questa fase iniziale) che spaventeranno il nostro personaggio e gli insegneranno che è possibile saltare e correre. Impaurito e timoroso per la propria incolumità, si rifugia di fronte ad una strana roccia che lo specchia, per poi invece scaturire una sorta di nemesi che lo attaccherà. Cercate di seguirmi, perché io stesso faccio fatica.

Questa nemesi fungerà da tutorial di combattimento, indicando come è sì possibile attaccare, ma ciò che ci verrà invece abbondantemente spiegato sarà come parare gli attacchi ricevuti, essendo questi di diversi colori (energie?), nonché permettendoci di cambiare colore anche a noi a piacere così da uguagliare quello dell’attacco. Ad ogni parata corretta, riceveremo anche un po’ di salute, e si inizierà a colmare una barra di energia che, una volta piena, permetterà di porre fine al duello semplicemente con la pressione di un pulsante, sprigionando quanto accumulato durante il combattimento quasi del tutto uni-laterale e terminando immediatamente lo scontro.

Parate e schivate, e questo è l’incipit del gioco, che vedrà il ripetersi di queste azioni durante svariati combattimenti fino ad arrivare all’agognato risveglio. Ciò che però suscita sentimenti di perplessità è la stessa giocabilità, che fino a questo momento risulta blanda, asciutta, come se mancasse qualcosa. Il personaggio sembra essere quasi disconnesso dal terreno, muovendosi in maniera quasi indipendente a ciò che lo circonda. Probabilmente dovuto ad un insieme di fattori, tra cui animazione di camminata/corsa che non sembra corrispondere al tratto percorso sul suolo, ombre non dettagliate, textures dell’ambiente sfumate, e riflessi su ogni superfice, come se non vi sia una fonte di luce, e come se tutto fosse fatto dello stesso materiale. Può darsi che questo sia voluto, una sorta di scelta stilistica, per dare un effetto mistico al titolo che parla appunto di un essere fatto di energia, ma la sensazione estraniante la emana sin dai primi momenti di gioco.

Strayed Lights 2

Para ed esplora

Proseguendo nel cammino, incontreremo una zona sicura, con vari esserini amichevoli anche se non comunicanti, e svariati punti di interesse che chiedono di essere visitati. La non comunicazione sarà uno dei punti chiave del gioco, che non dirà al giocatore dove andare o cosa fare, e di fatto non avremo nessun dialogo durante l’intera avventura. Le uniche parti dove potremo avere indicazioni saranno le descrizioni nel menù dei potenziamenti, dove potremo utilizzare alcuni frammenti di energia acquisiti durante il gioco per migliorare alcuni aspetti del personaggio relativi alle battaglie, in una sorta di albero delle abilità, così da facilitare gli scontri.

Scopriremo ben presto che non è possibile nuotare, e lo faremo nel modo peggiore, affogando come fossimo sassi dopo qualche secondo dove il personaggio riuscirà a malapena a mantenersi a galla. L’intero mondo sembra assomigliarsi, non facilitando l’esplorazione, che a tutti gli effetti spinge il giocatore verso un’unica via. Più volte mi è capitato di non capire, in particolare dopo uno scontro, quale fosse la direzione originale, tornando indietro anziché andare avanti per via della ripetitività degli scenari.

La poca cura tecnica che sembra avere il titolo si nota molto anche nel level design, con vallate che terminano – quasi a farlo apposta – in salita subito prima di un dirupo, con queste luci e ombre così sfumate da non capire dove finisce il suolo calpestabile. Textures semi trasparenti sospese a mezz’aria, in particolare quelle relative al vento e al fumo, attraversabili dal giocatore, quest’ultimo probabilmente attratto da esse in quando potevano sembrare qualcos’altro anziché un cattivo posizionamento di assets.

Vi sono tuttavia alcuni punti in lontananza che sì riescono a generare un senso di ooh e aah quando finalmente vediamo qualcosa che assomiglia vagamente ad una struttura o costruzioni, che però sembrano esistere solo con lo scopo di dare uno sfondo per le immagini di marketing, che per l’utilizzo effettivo da parte del giocatore.

Strayed Lights 3

La lotta dei colori

Abbiamo quindi analizzato il mondo di gioco, vedendo come sia volutamente vuoto e con pochi punti degni di nota, ma questo non significa che ci sarà poco da fare, in quanto i nemici si troveranno ad ogni angolo.

Inizieremo a riconoscerli presto, in quanto ve ne saranno una manciata, che scaglieranno attacchi di un certo tipo, e faremo bene a ricordarli. La parte action è infatti il punto forte di Strayed Lights, che chiederà, anzi, pretenderà riflessi ultra rapidi per poter contrastare il nemico. Il gioco di parate è come già detto essenziale, e sarà il modo numero uno per sbarazzarci in fretta di ogni avversario, i quali possono essere anche multipli.

Svariati attacchi di diverso colore/energia cercheranno di farci fuori, e per parare sarà necessario cambiare rapidamente colore affinché corrisponda quello nemico, così da accrescere la barra che ci permetterà di terminare la lotta. Non perderemo salute nel parare con un colore differente, ma non riceveremo salute né ci aiuterà in nessun altro modo. Attaccare è consigliato e sconsigliato allo stesso tempo, in quanto il nemico non barcollerà, né sembrerà subire i colpi, scagliando attacchi colorati (ora inizia a sembrare ridicolo) a raffica, alternando il colore, e chiedendo al giocatore di rispondere passando da attacco a difesa in un batter d’occhio. La parata poi non è ben reattiva, in special modo se subito dopo un attacco, dando l’impressione di aver premuto il pulsante al momento giusto, ma il gioco per qualche motivo non ha voluto registrarlo, portandoci spesso al game over.

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Vi è un attacco stordente da caricare che può venirci in aiuto, in quanto cesserà gli attacchi nemici per un breve secondo, utile in particolare quando i nemici sono più di uno, ma non sempre sarà disponibile né andrà a segno, in quanto è caricato e di lunga gittata, il che significa che potremo essere interrotti facilmente o mancare il bersaglio se in movimento.

Proprio in questi casi dove affronteremo più avversari credo che il gioco mostri le sue debolezze, non essendo il combattimento così ben raffinato da risultare coinvolgente, anzi proprio per i continui attacchi senza sosta da parte di due nemici, i quali cambieranno colore senza sosta, metteranno in luce le falle tecniche del prodotto, risultando addirittura frustrante quando inizieremo a morire continuamente non riuscendo a colpire né uno né l’altro nemico. L’unica soluzione incontrata al momento è quella di posizionarsi in fronte ad entrambi, così che uno blocchi la visuale all’altro, non permettendogli di attaccare e facendo sì da potersi concentrare su di un nemico alla volta. Alcuni attacchi saranno poi di un colore neutro, solitamente violaceo, e dovranno invece essere schivati.

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Tecnicamente, ehm.

Anche qui, così come l’esplorazione, c’è una sensazione di non collisione, dovuta chissà anche alla parte legata agli effetti sonori, che non sembrano comunicare davvero uno scontro. Parare non è mai la parte più divertente di un combattimento, e questo titolo vuole che la parata sia la parte cruciale e caratteristica del gioco. Se davvero questo fosse il caso, manca quindi una sensazione di impatto, quel piccolo movimento di camera che fa sentire il colpo subito, quell’attimo dove sembra bloccarsi il tempo e permette magari di contrattaccare, così da giustificare questo combatimento basato sulla parata, ma nulla di ciò sembra essere presente. Siamo ben lontani dalla qualità di un action ben strutturato, e in confronto Babylon’s Fall risulta più soddisfacente.

Di altro livello sono invece gli scontri contro i boss, sicuramente più divertenti grazie agli attacchi variegati, ma anche qui vediamo patterns ripetitivi che non cambiano tra le varie fasi, ritrovandoci ad affrontare esattamente lo stesso boss ma in luoghi diversi. Completamente superflua a mio parere la parte di QTE dove ci viene richiesto di premere un pulsante specifico durante una ovvia cinematica, come per dare una sensazione che il giocatore stia facendo qualcosa per concludere la lotta contro il boss di turno.

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Il level design, come già detto, lascia a desiderare, per via di una distribuzione poco chiara e ripetitiva di elementi, tutti brillanti come se non esistessero altri materiali al mondo, e dalla forma poligonale banale e spigolosa, nonché privi di qualsivoglia texture in alta definizione. Di nessuna rilevanza poi la intera UI di gioco, limitata a banalissimi pulsanti in sovraimpressione completamente bianchi, così come le scritte su schermo, visibili in particolar modo nella scarna modalità foto, dove gli sviluppatori hanno ovviato ai problemi di contrasto spargendo una macchia nera sotto le scritte, rovinando completamente quel poco di estetica che la modalità richiede. La vibrazione su Xbox è deludente, vibrando con forza smisurata quando perderemo, quasi come se il nostro personaggio fosse appena esploso anziché semplicemente essersi accasciato al suolo, ma soprattutto facendo vibrare di forma uguale i grilletti, unico tratto distintivo del pad Xbox comparato con il DualSense di PlayStation, generando una sensazione veramente scomoda al giocarsi.

Potremmo concludere con la colonna sonora di Austin Wintory, che conoscerete soprattutto per Journey, o chissà Abzu, o ancora Assassin’s Creed Syndicate. Mi ha sorpreso moltissimo sapere che ci fosse lui dietro la colonna sonora ma in negativo, in quanto, in particolare comparata con i giochi sopracitati, quella di Strayed Lights si distingue proprio per non combaciare con il gameplay. Vaga, senza un tema preciso, in qualche modo riflette effettivamente il game design del titolo, che non sembra avere una sua anima o uno stile grafico ben definito, portando una colonna sonora di un artista rinomato a stonare per via delle sue tracce generiche, che trasmettono al giocatore poco o nulla, proprio come l’esplorazione di questo mondo vuoto. In particolare, la stessa traccia suona in tutte le fasi della battaglia, persino in quelle dei boss, senza mai variare, neanche durante la fase QTE finale dove praticamente abbiamo sconfitto il boss. No, questa continuerà come se avessimo appena iniziato il combattimento o fissimo nel bel mezzo, senza nessuna distinzione, mancando proprio il punto di avere una musica di fondo, trasmettendo le giuste emozioni al giocatore.

Per concludere

Avrei voluto lodare Strayed Lights in quanto la pubblicità del titolo sin dall’annuncio mi è sembrata fenomenale, ma a questo punto le lodi possiamo farle proprio al reparto di marketing, che è riuscito in qualche modo a unire insieme immagini e scene di gioco, essenzialmente rappresentando un titolo che non esiste. Volutamente ho saltato tutti i meravigliosi screenshots provvisti da Embers Games per questa recensione, in quanto io stesso, avendo giocato il titolo in questione, non riuscivo a capacitarmi che questi fossero stati presi in-game. Da questo punto di vista, anche come giocatore, mi sento quasi preso in giro, in quanto Strayed Lights non è il prodotto che mi aspettavo, non è ciò che vedo elogiare da altri siti, e a mio malgrado devo riportarlo per quello che è: un prodotto con potenziale ma con una realizzazione mediocre, che in quella manciata di ore richiesta per concluderlo non apporta nulla al giocatore.