
Recensione Steel Seed
di: Marco LicandroSteel Seed, l’ultima fatica del team italiano Storm in a Teacup, è un action-adventure in terza persona ambientato in un futuro oscuro dove l’umanità è sull’orlo dell’estinzione. Rivisto e supervisionato dallo scrittore vincitore del BAFTA Martin Korda, il gioco unisce esplorazione, combattimenti e narrazione in un mix ambizioso. Ma sarà sufficiente per conquistare il cuore dei giocatori? Scopriamolo insieme.

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Una storia di memoria e identità
Nei panni di Zoe, giovane protagonista risvegliata in un mondo post-apocalittico, ci ritroviamo catapultati in un futuro dove la razza umana è sopravvissuta solo grazie a un controllo meccanico estremo. Zoe si risveglierà da un lungo sonno, solo per scoprire di essere stata trasformata in un automa da parte di suo padre, scomparso dopo aver tentato disperatamente di salvarla. A guidarci attraverso un mondo ostile è Koby, un drone fluttuante tanto utile quanto espressivo, nonostante comunichi solo con suoni e luci, che diventa sin da subito un compagno inseparabile di viaggio.
Durante l’esplorazione, una misteriosa entità chiamata S4vi ci rivela che la coscienza del padre è stata frammentata. Starà a noi recuperarla, parte dopo parte, per comprendere il vero motivo del nostro risveglio e dell’intera missione.

Tra stealth ed azione
Il gameplay di Steel Seed si sviluppa su doppia scala: da una parte il puro stealth alla Metal Gear, con tanto di rumori sulle pareti per attirare l’attenzione e uccisioni furtive, dall’altra l’azione diretta da puro action, con tanto di schivate, attacchi normali e potenti, e persino Quick Time Events.
L’approccio furtivo è sicuramente privilegiato, potendo utilizzare il nostro amico Koby per volare in giro e marcare ogni bersaglio e farlo fuori silenziosamente. Barriere e zone glitchate ci permetteranno di nasconderci e far fuori i nemici ignari.
Un sistema di potenziamenti dedicati regala la possibilità di sfruttare il nostro stile di gioco, sbloccando nuove abilità basandosi su sfide. Se ad esempio favorissimo l’azione furtiva, facendo fuori 10 nemici da dietro, potremo utilizzare i punti accumulati per poter vedere il loro percorso, molto simile alle meccaniche viste in Horizon. Mentre se andremo di attacchi e schivate, i potenziamenti sfrutteranno ancora di più questa strada permettendoci contrattacchi ancora più letali, nonché la possibilità di utilizzare oggetti per far fuori più nemici in una volta.

Tuttavia, tra i due tipi di gameplay, il sistema puntato all’azione mostra le maggiori criticità.
Partiamo dal fatto che la reattività dei comandi è incostante, soprattutto nei salti e nei doppi salti, dove Zoe non sembra rispondere sempre correttamente al comando del giocatore. Questa sorta di disincronizzazione causa cadute frequenti ed involontarie, non tanto per il posizionamento delle piattaforme, quanto per una scelta imprecisa tra input e risposta. Le schivate e i contrattacchi mancano di chiarezza visiva, rendendo spesso difficile prevedere l’attacco nemico, e l’interfaccia per la gestione delle abilità non spiega chiaramente la gestione dei punti utili per sbloccare nuove competenze.
I quick time event, che in teoria dovrebbero spezzare la monotonia, finiscono per generare confusione: alcuni di essi, azionati da robot in procinto di esplodere, richiederanno una pressione rapida e corretta di pulsanti, teletrasportano il personaggio lontano dal pericolo in caso di successo, ma a volte capita che questo finisca fuori dai margini del livello, cadendo nel vuoto.

Le cadute non sono un automatico game over, in quanto torneremo subito in gioco ma con meno salute, tuttavia in battaglia questo potrebbe significare apparire immediatamente di fronte ad un nemico, la quale IA basica attacca senza preavviso, portando spesso frustrazione. L’intelligenza artificiale dei nemici, una volta capito il trucco, è normalmente facilmente aggirabile: da accovacciati saremo praticamente invisibili, mentre per ovviare ai poco prevedibili attacchi basta attaccare violentemente prima che lo facciano loro.
Ciononostante, il gioco non ci da l’opportunità di decidere esattamente il da farsi, ad esempio dopo aver scalato un appiglio o essere scesi da una zona sopraelevata, questo ci rimette in posizione eretta automaticamente, causando così la scoperta e provocando l’attacco del nemico, vanificando quindi l’effetto sorpresa.
Tuttavia è vero anche che, se l’inizio sembra essere più punitivo, una volta sbloccate alcune abilità chiave il gameplay si apre e diventa molto più appagante, permettendo approcci più creativi e su misura per il proprio stile, risultando da un lato più semplice, ma dall’altro anche più divertente.

Un mondo affascinante (ma ripetitivo)
L’ambientazione è indubbiamente uno dei punti forti di Steel Seed. Le aree da esplorare mescolano architetture industriali a sezioni più organiche e misteriose, creando un mondo affascinante, anche se a tratti troppo uniforme. La varietà visiva tra le zone è limitata, e la ripetizione stilistica smorza l’iniziale effetto wow degli scenari.
L’interazione ambientale, fortemente basata su arrampicate e salti, prende ispirazione da titoli come Uncharted o Jedi Survivor, ma il risultato è meno raffinato. L’uso continuo di appigli e percorsi obbligati spesso diventa ripetitivo e macchinoso, soprattutto considerando che i comandi nei salti non sempre rispondono in modo immediato. Il team ha voluto inserire una sorta di sfida ambientale, con piattaforme mobili che dovremo attraversare a tempo, da attivare grazie all’utilizzo di Koby che, seppur utile per attivare piattaforme o scansionare l’ambiente, a volte sembra più un gimmick atto a rallentare il ritmo di gioco anziché aggiungervi profondità.
A livello tecnico, si alternano alti e bassi: l’illuminazione ambientale è ben gestita, ed esteticamente è davvero un bel vedersi, ma riflessi e texture presentano imperfezioni evidenti. Alcune zone, in particolare quelle più vistose e con dettagli a schermo, subiscono pesanti cali di frame rate, con punte sotto i 15 fps, anche se non in maniera costante. Nel complesso, l’esperienza visiva è solida, ma non impressionante, ma il team ha già avvisato di esserne al corrente e di voler rilasciare una patch al day one per correggere questo tipo di problemi noti.

La narrativa, pur con premesse suggestive e un impianto concettuale interessante, fatica a mantenere coerenza e ritmo, almeno a livello di gameplay. Se la storia è concettualmente interessante, le cinematiche risultano perlopiù statiche, con personaggi che discutono immobili e camera bloccata, o che semplicemente parlano tra di loro forzando la camminata anziché la corsa mentre ci troviamo in un lungo corridoio.
Le transizioni da un’area all’altra sono spesso brusche, passando per schermate nere, e ritrovandoci direttamente in un’altra zona, spezzando l’immersione, quasi come se mancasse un filo portante che comunichi fra le sezioni. Manca infatti una rinifitura generale che migliori la presente narrazione con il gameplay. I collezionabili testuali presenti sotto forma di documenti aiutano a costruire il mondo di gioco, ma non bastano a sostenere una storia che avrebbe potuto coinvolgere di più se avesse avuto più coerenza con il gameplay.

Interfaccia e accessibilità
L’interfaccia utente è sempre motivo di dibattito. Chi la trascura e la considera un mero tramite per effettuare azioni e tornare al gameplay, e chi invece la cura a livello di chiamarsi Persona. Nel caso di Steel Seed la UI diciamo che lascia spazio a miglioramenti.
I testi sono troppo piccoli, così come le sezioni stesse, mentre i menù appaiono particolarmente diversi dallo stile generale del gioco, quasi come fosse generica e priva dell’arte meccanica e robotica che presenta il titolo. Manca un compendio dove poter rivedere comandi e tecniche apprese, cosa che si fa sentire soprattutto nelle fasi più avanzate del gioco, quando sentiamo il bisogno di cambiare strategia e ci servirebbe una rinfrescata.
Una volta mostrate nel tutorial, infatti, le dinamiche di gameplay non vengono più spiegate, e se aveste dubbi sarà meglio iniziare una nuova partita per poi tornare al vecchio salvataggio. Anche la sezione riguardo l’HDR ha causato problemi, creando zone fin troppo buie comparate con quelle luminose, portandomi svariate volte a dover correggere la luminosità per poter vedere dove stessi andando.
Ma hey, è vero che vi siano alcuni difetti, abituati ormai a titoli AAA da studi di alto budget, ma bisogna spezzare una lancia a favore di Storm in a Teacup per aver creato un titolo che nonostante tutto è piacevole al giocare e diverte,
Va assolutamente riconosciuto un buon lavoro sull’accessibilità, in quanto il supporto per daltonici, i checkpoint ben distribuiti, e la possibilità di viaggi rapidi assieme alle di ristoro offrono un buon equilibrio tra sfida e gestione della difficoltà. I nemici respawnano se decideremo di curarci, un po’ come i souls-like, ma vista la linearità dei percorsi non è necessariamente un problema, offrendo comunque il giocatore in condizione di scegliere come affrontare ogni sezione, soprattutto se quest’ultimo sappia scegliere bene i potenziamenti da utilizzare.
Ottime anche le musiche, nonostante però pecchino di quantità, risultando perlopiù in un gameplay silenzioso, che se fornito da un buon comparto audio surround.

In conclusione
Steel Seed è un progetto ambizioso che dimostra quanto la scena indie italiana stia crescendo, con coraggio e identità. Non mancano i difetti, tra problemi tecnici, qualche ingenuità di design e una narrazione che fatica a decollare, ma il cuore c’è.
È presente nella direzione artistica, nella volontà di offrire al giocatore un’esperienza personalizzabile, e nel tentativo, a tratti riuscito, di proporre qualcosa che riesce comunque ad intrattiene il giocatore odierno.
È un’esperienza che merita attenzione, soprattutto per chi ama gli indie e vuole supportare una realtà in crescita. Con le dovute patch al lancio e l’inserimento dei nuovi doppiaggi promessi, Steel Seed potrebbe rivelarsi una piacevole sorpresa.
Versione recensita: pre-lancio, senza doppiaggio italiano. Alcuni bug critici presenti al momento della prova. La versione finale potrebbe differire.