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Recensione State of Decay: Year-One Survival Edition

In principio bastò un solo uomo a rendere la figura dello zombie un' icona della cultura popolare, quel George Andrew Romero che, nel 1968, ne celebrò il mito portando sul grande schermo una delle pellicole horror più famose di tutti i tempi: L'alba dei morti viventi. Un vero e proprio cult che ha ispirato innumerevoli opere, cinematografiche e non, con protagonisti proprio quei morti viventi che oggi godono una seconda giovinezza grazie a "The Walking Dead", un progetto cross mediale nato nel 2010 e che focalizza l'attenzione sul concetto di sopravvivenza e sull'evoluzione dell'essere umano in un contesto post apocalittico.
Ovviamente dalla fascinazione del non morto non è rimasto immune nemmeno il mercato videoludico che, sull'onda di quello che è ormai è diventato un fenomeno di massa, ha aperto le porte a ogni sorta di variazione sul genere peccando, troppo spesso, di scarsa qualità.
Fortunatamente le buone idee non sono mancate, come dimostra la serie "The Walking Dead" di Telltale o, tanto per entrare in argomento, State of Decay di Undead Labs, un survival horror in terza persona con una forte impronta free roaming che, dopo un primo approdo su Xbox 360, ha raggiunto i lidi PC e ora, con la versione Year-One Survival Edition, anche l'ammiraglia di casa Microsoft.

di: Luca "RukaManni" Manni

In principio bastò un solo uomo a rendere la figura dello zombie un’ icona della cultura popolare, quel George Andrew Romero che, nel 1968, ne celebrò il mito portando sul grande schermo una delle pellicole horror più famose di tutti i tempi: L’alba dei morti viventi. Un vero e proprio cult che ha ispirato innumerevoli opere, cinematografiche e non, con protagonisti proprio quei morti viventi che oggi godono una seconda giovinezza grazie a “The Walking Dead”, un progetto cross mediale nato nel 2010 e che focalizza l’attenzione sul concetto di sopravvivenza e sull’evoluzione dell’essere umano in un contesto post apocalittico.
Ovviamente dalla fascinazione del non morto non è rimasto immune nemmeno il mercato videoludico che, sull’onda di quello che è ormai è diventato un fenomeno di massa, ha aperto le porte a ogni sorta di variazione sul genere peccando, troppo spesso, di scarsa qualità.
Fortunatamente le buone idee non sono mancate, come dimostra la serie “The Walking Dead” di Telltale o, tanto per entrare in argomento, State of Decay di Undead Labs, un survival horror in terza persona con una forte impronta free roaming che, dopo un primo approdo su Xbox 360, ha raggiunto i lidi PC e ora, con la versione Year-One Survival Edition, anche l’ammiraglia di casa Microsoft.

Zombie Revival

State of Decay è sopravvivenza. E non quella solo promessa e millantata da tanti survival horror che poi si esaurisce in qualche sezione stealth o in un numero ridotto di munizioni, a fronte di decine di armi a disposizione. Il gioco sviluppato da Undead Labs, infatti, centellina ogni singola risorsa, spingendo il giocatore a spostarsi costantemente per le”terre” di Trumbull, cittadina sperduta in qualche zona rurale americana, alla ricerca di elementi per la propria e altrui sopravvivenza.
Abitazioni, accampamenti o strutture diroccate, tutto è liberamente esplorabile in State of Decay senza alcun tempo di caricamento a scandire il passaggio da un ambiente all’altro. La mappa di gioco è davvero ampia e la presenza delle automobili non può che facilitare gli spostamenti da una zona all’altra della città, nonostante si corra il rischio di attirare l’attenzione della miriade di zombie famelici che infestano le strade. Se da un lato muoversi in automobile è sconsigliato se si vuole passare inosservati, soprattutto durante la ricerca di risorse, dall’altro il trambusto generato dal veicolo può essere un ottimo modo per richiamare l’attenzione dei non morti e spostarli dai punti di interesse. La presenza di un ampio portabagagli, dall’altro canto, torna davvero utile soprattutto vista la quantità limitata di oggetti trasportabili da ogni sopravvissuto, senza contare il rammarico nel lasciare armi, cibo, o medicinali in qualche cassetto di una casa abbandonata solo per mancanza di spazio.
In ogni caso, muoversi in solitaria, soprattutto se a piedi, è estremamente sconsigliato se si tiene alla propria pelle in quanto non è assolutamente raro essere accerchiati da orde di zombie, dato che è sufficiente cercare di forzare un cassetto troppo velocemente o sfondare una porta per attirarli. Per questo motivo è importante ottenere un buon ascendente sugli altri superstiti, che siano persone semplicemente in fuga o “vicini” barricati in qualche casa, assecondandone le richieste o proteggendoli dagli zombie. Una volta ottenutane la riconoscenza, è possibile chieder loro di accompagnare il proprio personaggio durante l’esplorazione oppure scegliere di proseguire il gioco in prima persona con uno di questi nuovi “protagonisti”. Non esiste infatti una vera e propria storyline in State of Decay, nessuna cut-scene o prologo che spieghi al giocatore cosa è successo o cosa andrebbe fatto, ma sono solo le singole esperienze dei sopravvissuti a far luce sui retroscena delle loro vite passate. Vite che il mondo che attualmente li circonda potrebbe spezzare per sempre.
La morte, nel gioco sviluppato da Undead Labs, non è reversibile e può arrivare da ogni parte, che sia una ferita di un compagno non curata per tempo, un attacco zombie o la mancanza di cibo. La ricerca di risorse, pertanto, gioca un ruolo fondamentale anche a fronte della forte componente strategico-gestionale implementata all’interno del gioco. Dopo pochi minuti, infatti, Stay of Decay mostra l’altra faccia del suo gameplay che, un po’ come avviene in giochi quali Civilization e via dicendo, consente al giocatore di costruire e fortificare il proprio accampamento, ad esempio incrementando il numero dei posti letto per i sopravvissuti, costruendo un parcheggio per le proprie vetture o edificando avamposti, importanti per tenere sotto controllo il territorio.
Ogni modifica, ovviamente, ha un costo in termini di risorse che, giornalmente, verranno razionate tra i superstiti, mentre le scorte in eccesso verranno eliminate almeno fintanto che non verrà eretto un deposito in cui conservarle.
Accogliere chiunque, pertanto, non sempre è la soluzione migliore, senza contare che non tutti i superstiti avranno voglia di intrattenere rapporti con un estraneo.
Come è facile intuire, la morte è la componente principe di State of Decay e accompagna il giocatore in ogni angolo e su ogni strada, tenendolo in scacco anche durante la navigazione dei menù, momento in cui si può essere aggrediti da uno zombie senza nemmeno rendersene conto.
Zombie che, durante la notte, diventano ancora più aggressivi e forti a causa della presenza di alcune tipologie di non morti particolarmente agili o resistenti come gli “urlatori”, di per sé innocui, ma capaci di richiamare orde di nemici in pochi secondi.
Nonostante la moltitudine di possibilità offerte al giocatore, il titolo sviluppato da Undead Labs pecca nel bilanciamento della difficoltà, la quale tende a diminuire col passare delle ore rendendo superflua ogni miglioria o accortezza e riducendo la tensione.
Sul fronte della longevità, invece, il gioco supera abbondantemente le 10 ore per riuscire a completarlo, senza contare le espansioni che questa edizione per Xbox One e PC porta dietro con se, come le modalità Breakdown e Lifeline, giocabili fin dall’inizio.

Quando un lifting non basta

Tecnicamente il gioco, nonostante il salto qualitativo rispetto alla controparte per Xbox 360, presenta diversi problemi come svariati bug e compenetrazioni poligonali che comunque sia non inficiano l’esperienza complessiva, di per sé estremamente variegata.
Una grossa pecca, invece, è rappresentata dal frame rate limitato a 30 FPS e che nei momenti più concitatati non riesce a stabilizzarsi, causando una perdita di fluidità.
Sul fronte grafico, nonostante il gioco abbia subito un bel “lifting” rispetto alla precedente edizione su Xbox 360, il passaggio ad una risoluzione a 1080p mette in risalto tutti i limiti di questa produzione, come texture slavate e una cattiva gestione delle luci e delle ombre.

Conclusione

State of Decay è una tra le rappresentazioni ludiche più fedeli di una ipotetica apocalisse zombie.
La sopravvivenza, infatti, non è una garanzia, ma va sudata e guadagnata con ogni mezzo, anche sacrificando un compagno per assicurarsi la fuga, se necessario.
A fronte di un gameplay estremamente vario e stratificato, purtroppo, il gioco non riesce a tenere il passo anche sul lato puramente tecnico con diverse sbavature che, un budget iniziale più ampio, sicuramente avrebbe consentito di evitare.
Nonostante tutto State of Decay è quanto di meglio un amante degli zombie possa aspettarsi, tenendo conto anche dell’ottimo prezzo al quale viene venduto.
Provare per credere.