Recensione Spyro: Reignited Trilogy
di: Simone CantiniSe c’è una decisione presa da Sony nei primi anni della sua avventura videoludica che proprio non riesco a mandare giù, nonostante siano passati diversi anni, è quella di aver lasciato senza troppi sbattimenti la paternità dell’IP di Spyro ad Activision. Sarà che sono da sempre un grande fan di Insomniac, oppure perché a suo tempo apprezzai molto le avventure del draghetto viola, fatto sta che tra i due abbandoni storici dell’era PS1 mi ritengo emotivamente più legato a quest’ultimo, più che al sempre compianto Crash. È proprio per questo affetto, come è logico comprendere, che l’idea di rivivere in forma assai più smagliante la trilogia iniziale non poteva lasciarmi indifferente ed è, pertanto, con estrema gioia che mi sono accaparrato la copia redazionale di Spyro: Reignited Trilogy.
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Un (triplice) tuffo nel passato
Dopo essersi divisi equamente con Vicarious Visions i lavori sul brand Skylanders, nato per l’appunto come spin-off dei titoli in questione, è toccato ai ragazzi di Toys for Bob l’arduo compito di modernizzare la creatura che fu di Insomniac, grazie a questo remaster della trilogia. Come già successo per il peramele di Naughty Dog, la produzione si è limitata unicamente a svecchiare il comparto tecnico dei tre titoli, lasciandone inalterati gameplay e struttura, pertanto i veterani della serie si troveranno subito a loro agio nel ripercorrere sentieri già battuti 20 anni fa. Sui giochi in questione, per ovvi motivi, c’è ben poco da dire che non sia già stato speso in queste due decadi: nati sull’onda del successo del mai troppo lodato Mario 64, le avventure di Spyro si configurano come platform 3D, invero dalla struttura molto semplice e privi di tutti gli impreziosimenti che il genere si è visto introdurre nel corso della sua evoluzione recente. Al solito non mi produrrò in una disamina relativa al valore intrinseco dei lavoro svolto a suo tempo da Ted Price e soci (per me più che ottimo), bensì mi limiterò a giudicare la bontà dell’opera di svecchiamento. Va comunque detto che, a dispetto di quanto successo per Crash, i tre titoli in questione sono invecchiati decisamente meglio del loro illustre collega, risultando ancora oggi freschi e godibili, pur con tutti i loro limiti. Il primo Spyro è indubbiamente quello che ha finito per risentire maggiormente dello scorrere del tempo, in virtù di una struttura quanto mai lineare e priva di sobbalzi ludici: la ricerca dei draghi imprigionati da Gnasty Gnorc si protrae liscia, all’interno di livelli coloratissimi e ricci di buffi personaggi, ma collocati lungo uno stage design che, al netto di qualche piccolo guizzo, si è rivelato assai elementare. Le cose iniziano a cambiare leggermente con Spyro 2: Ripto’s Rage (da noi conosciuto anche come Gateway to Glimmer), in cui Insomniac ha iniziato a gettare le basi di quello che sarebbe poi stato il suo apice in ambito platform, ma che avrebbe visto la luce solo su PS2. Con questa seconda avventura, pur non mutando la formula ludica, iniziano a comparire alcune divagazioni all’interno dei livelli, sotto forma di missioni bonus e compiti alternativi, a cui si vanno ad aggiungere nuove abilità sbloccabili per il nostro Spyro. Assistiamo anche ad una caratterizzazione sempre più sfaccettata dei vari personaggi, con i primi sentori di quell’umorismo che avrebbe fatto la fortuna di Ratchet e Clank. Prima di arrivare alle avventure del Lombax, però, è risultato fisiologico l’avvento di Spyro 3: Year of the Dragon, in cui la presenza di quattro comprimari in grado di fornire abilità supplementari al draghetto, oltre che sviluppare un concetto di duo solo fino ad ora accennato per mezzo della presenza di Sparx, va a costituire un vero antipasto di quello che sarebbe stato il prossimo lavoro del team statunitense. Il viaggio lungo i tre giochi, dunque, finisce anche per rappresentare una sorta di documentario interattivo preparatorio di quella che sarà la crescita di Insomniac, oltre a rappresentare ancora oggi un divertente ed ancora attuale spaccato del platforming tridimensionale dell’era PS1.
32 bit e non sentirli
Nonostante mi sia lasciato trasportare dai ricordi, è giunto il momento di parlare dell’aspetto più macroscopico di Spyro: Reignited Trilogy, ovvero il lavoro tecnico svolto dai ragazzi di Toys for Bob. Non nego che dei due team da sempre impegnati con Skylanders, quello in questione l’ho sempre visto come leggermente inferiore a Vicarious Vision, per lo meno da un mero punto di vista visivo. Pur essendo, difatti, il restyiling svolto veramente degno di nota, ovviamente se confrontato con il materiale originale, l’impatto complessivo l’ho trovato un pizzico meno rifinito di quello della Crash ‘Nsane Trilogy. La pulizia generale è comunque elevata, così come il rispetto degli elementi e delle inquadrature originali, anche se a mio avviso il quadro complessivo manca di quel guizzo in grado di lasciare pienamente soddisfatti, ma è probabile che sia solo una mia tara personale. Al netto del gusto. siamo pur sempre al cospetto di un remake di prima qualità, che è stato capace di riscrivere in modo convincente gli elementi a suo tempo messi su schermo da Insomniac. La punta di diamante è rappresentata, senza dubbio, dal rinnovato character design dei vari personaggi, capace di portare a nuova vita l’allora decisamente anonimo agglomerato di poligoni che li componeva (basta guardare i draghi del primo episodio per accorgersene). Ottimo anche il versante audio, forte di un nuovo doppiaggio in lingua nostrana (con battute fedeli all’originale) e di una rimasterizzazione delle tracce musicali, che hanno però mantenuto il loro mood a 32 bit. Buona anche la fluidità generale, ma devo però ammettere di come in rarissimi episodi abbia avvertito alcuni leggerissimi scatti: comunque siamo davvero a cercare il pelo nell’uovo. Discorso a parte devo fare per la telecamera, che soprattutto nel primo capitolo ho trovato non gestita al meglio in determinati frangenti, e sulla quale un minimo intervento migliorativo sarebbe stato gradito. Un piccolo appunto, inoltre, devo muoverlo alla versione scatolata di Spyro: Reignited Trilogy, che come già saprete contiene al suo interno soltanto l’avventura iniziale: visto che un bluray è in grado di ospitare tranquillamente un Uncharted o un Forza Horizon, trovo davvero difficile credere che il remake di tre giochi usciti su PS1, per quanto ben eseguito, possa finire per occupare più di 60 gigabyte di spazio. Qualche piccolo intoppo in fase di ottimizzazione?
Spyro: Reignited Trilogy porta tranquillamente a casa il risultato sperato, proponendoci un remaster di ottima fattura di tre interessanti classici dell’epoca PS1. Pur con tutti i loro limiti del periodo, difatti, i primi passi mossi dal draghetto viola nel mondo dell’entertainment videoludico risultano ancora oggi freschi e piacevoli, corroborati per l’occasione da un comparto tecnico in grado di giustificare questa operazione nostalgia. Se anche voi, come il sottoscritto, avete amato il debutto del personaggio Insomniac, difficilmente resterete delusi da Spyro: Reignited Trilogy, che saprà regalarvi un piacevole e divertente tuffo nei ricordi. A questo punto non resta che augurarci un inedito ritorno in grande stile, che sappia cancellare la pessima eredità vista in seguito all’abbandono del team capitanato da Ted Price. Capito, cara Activision?