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Recensione SlavicPunk: Oldtimer

di: Luca Saati

L’ambientazione cyberpunk conserva sempre il suo fascino a prescindere dalle modalità in cui viene proposta e SlavicPunk: Oldtimer ha attirato la mia attenzione per più di un motivo: l’essere ispirato al romanzo di Michał Gołkowski, lo stile di gameplay da twin stick shooter che ho sempre apprezzato e il suo team di sviluppo, Red Square Games, uno studio con sede in Polonia, una terra che negli ultimi anni ha sfornato diversi talenti. Insomma tutte premesse per un videogioco godibile, eppure…

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Non conosco il romanzo di Michał Gołkowski, ma dubito che sia così superficiale come la narrazione del videogioco di Red Square Games. Della storia di SlavicPunk: Oldtimer vi basta sapere che il protagonista èYanus, un detective privato dal passato turbolento che sta indagando su un caso di furto di dati mentre non solo combatte le bande locali e le corporazioni, ma anche i suoi demoni interiori.

Non c’è molto altro da dire se non che per l’appunto la storia viene raccontata con molta superficialità con delle cutscene in stile fumetto non così accattivanti che tra l’altro durante il mio intero playthrough sono state afflitte da un bug all’audio che le ha private tutte del doppiaggio. Il protagonista poi risulta piuttosto anonimo tentando invano di fare breccia nel giocatore con il suo sarcasmo.

Per fortuna che l’esperienza con SlavicPunk: Oldtimer si è rivelata molto breve dato che ci ho impiegato meno di tre ore per arrivare ai titoli di coda. Dico per fortuna perché l’opera di Red Square Games non è chissà quanto divertente con errori molto grossolani per il suo genere d’appartenenza.

Come detto all’inizio di questa recensione, SlavicPunk: Oldtimer è un twin stick shooter, un genere basato interamente sull’uso delle due levette analogiche, una per muovere il personaggio e l’altro per mirare i nemici. Di solito i giochi appartenenti a questo genere hanno una telecamera isometrica fissa che segue il giocatore e che si adatta in automatico lasciando quindi al giocatore come unico pensiero di muoversi, mirare e sparare a qualunque cosa si muova. Il videogioco di Red Square Games fa l’errore madornale di relegare alla mira anche la rotazione della telecamera portando con sé due grossi problemi che inficiano il divertimento e la dinamicità tipica del genere: innanzitutto la mira è lenta, specie in quei cambi improvvisi a 180° che solitamente nei twin stick shooter è praticamente immediata; e poi capita spesso che nel muovere la telecamera questa finisca dietro i muri rendendo incomprensibile quanto succede su schermo.

La struttura di gioco è pressoché identica per tutto il playthrough: c’è una mappa cittadina in cui si può vagare con una certa libertà anche se le attività da svolgere sono inesistenti; si segue la freccia per arrivare al punto della missione affrontando qualche combattimento nel tragitto; raggiunto il luogo della missione si entra e in uno scenario di piccole dimensioni si uccide qualunque minaccia capiti a tiro. Per variare il prosieguo c’è la possibilità di affidarsi allo stealth in alcune situazioni, ci sono piccolissimi enigmi sparsi qua e la basati sulla pressione degli interruttori per attivare la corrente oppure estrazioni di file che attivano le orde di nemici da eliminare fino a quando non è completo il caricamento.

La varietà di nemici è piuttosto tradizionale con la variante di quelli dotati di scudo che per poter essere danneggiati vanno immobilizzati tramite la modalità hacking attivabile con la pressione della levetta analogica destra. Modalità quest’ultima che è in grado di colpire qualsiasi nemico a patto di avere sufficiente batteria. L’intelligenza artificiale ha dei pattern a tratti incomprensibili con i nemici che non sempre reagiscono al suono delle armi, mentre nell’esplorazione libera della città alcuni attaccano e altri no per non so quale motivo.

Le armi sono cinque: una pistola, una carabina, un fucile, una SMG e un fucile a ioni. Ognuna di esse può essere potenziata acquistando gli appositi upgrade presso un rivenditore, il problema sta nel fatto che ogni arma può equipaggiare inspiegabilmente un solo potenziamento alla volta e che, sempre inspiegabilmente, non sono subito equipaggiabili all’acquisto, ma bisogna sempre recarsi a un armadietto per fare qualche modifica.

Il comparto artistico è l’unico elemento che salvo della produzione con un’ambientazione cyberpunk sporca che mescola elementi futuristici ad altri volutamente retrò ed è accompagnato da un comparto grafico accettabile, sebbene da Unreal Engine 5 mi sarei aspettato qualcosina di meglio. C’è qualche calo di frame e come detto sono incappato in più di un bug che ha intaccato la mia esperienza di gioco. In generale Red Square Games poteva fare decisamente di più in termini di pulizia del codice, di stabilità e alla cosiddetta quality of life. Ingiudicabile il doppiaggio a causa del bug in cui sono incappato durante le cutscene, mentre la colonna sonora l’ho dimenticata in tempo zero.

SlavicPunk: Oldtimer aveva del potenziale con la sua ambientazione retro-cyberpunk, ma si è rivelato un disastro su tutti i fronti il cui unico pregio è la sua breve longevità. La trama è inconsistente, il gameplay sbaglia l’ABC del genere twin stick shooter con alcune scelte di design incomprensibili e problemi tecnici sparsi qua e la.