Recensione Silent Hill: The Short Message
di: Simone CantiniCi sono voluti anni, forse troppi, prima di poter tornare ad essere ufficialmente avvolti dalla nebbia di Silenti Hill. Dopo delusioni su delusioni, accenni e smentite, sussurri e supposizioni, alla fine nella serata di ieri le atmosfere della serie Konami hanno ripreso a tormentare i giocatori, grazie a Silent Hill: The Short Message. Uno spin-off gratuito quello realizzato da Hexadrive, che sebbene presenti un setting differente, si è dimostrato fedele al mood della saga, illustrandoci un racconto attuale e straziante, in cui colpa e rimorso si rincorrono durante la spietata ricerca della verità.
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No future?
Con Silent Hill: The Short Message la narrazione si sposta dagli Stati Uniti al Vecchio Continente, e più precisamente in una cittadina della Germania attuale. Un piccolo conglomerato di anime e cemento, dal futuro incerto e dal passato caratterizzato da decadenza e superstizioni. Una location inedita per la serie, ma che si è dimostrata capace di abbracciare l’atmosfera e le tematiche proprie della sinistra città che si erge sulle sponde del lago Toluca. Ed è nel fatiscente condominio conosciuto come The Villa che i destini di tre ragazze finiranno per intrecciarsi in maniera indissolubile: Anita, Amelie e Maya daranno vita ad un racconto spietato e dannatamente attuale, una storia che, una volta scremata delle allucinazioni e delle minacciose creature che si annidano all’interno dell’edificio, non sarebbe poi così improbabile vedere protagonista della nostra cronaca nera. La storia messa in piedi dal team giapponese colpisce allo stomaco per ferocia e crudeltà, oltre che per la portata degli argomenti trattati: sucidio, bullismo, abusi e depressione sono solo alcuni degli elementi che caratterizzano l’esistenza delle tre ragazze, tre adolescenti alle prese con una città che sembra non offrire loro un futuro. Vittime dell’odio immotivato dei loro coetanei, dipendenti dai social e prigioniere del malessere causato dall’epidemia di Covid-19, il trio di improbabili protagoniste ci offre uno spaccato credibile ed attuale della nostra società, invitando costantemente il giocatore a fermarsi a riflettere, incurante dei sussurri e degli orrori che si nascondono subdoli lungo i luridi corridoi di The Villa.
Ed è qua che emerge tutta la sensibilità tipicamente giapponese del team di sviluppo, che dimostra ancora una volta come gli studi del Sol Levante siano dei veri maestri a trattare e domare il modus narrandi caro a Silent Hill. Una città che, seppur presente unicamente in modo fisico all’interno di un articolo di giornale, si dimostra capace di estendere la sua maligna influenza anche al di là dell’oceano. Una vera e propria sindrome allucinatoria, capace di intrappolare Anita, la protagonista giocabile di Silent Hill: The Short Message, in un inferno infinito in cui la morte non rappresenta assolutamente la vera via d’uscita. Una sorta di limbo sospeso tra menzogna e verità, che saprà liberarci dalla sua infida presa solo dopo che avremo finito per conoscere ed accettare i nostri peccati ed i nostri errori. Un viaggio sadicamente meraviglioso all’interno dell’animo umano che, a dispetto delle circa due ore necessarie a giungere ai titoli di coda, saprà lasciare un segno indelebile nell’animo dei giocatori, anche più di produzioni ben più consistenti e costose.
Tra passato e futuro
Confesso che quando ho visto il trailer diffuso durante lo State of Play da poco concluso, non ho potuto fare a meno di notare alcune analogie con quel P.T. che mai vide la sua effettiva realizzazione. E dopo aver portato a termine il viaggio di Anita, mi trovo costretto a confermare come l’idea di Kojima sia in parte presente all’interno di Silent Hill: The Short Message. Una presenza comunque meno invasiva del previsto, più un omaggio a quel capitolo che non fu, che fa capolino in alcune brevi sezioni, senza che la sua ingombrante presenza finisca per trasformare l’esperienza firmata Hexadrive in una sgradevole macchietta. Forte è anche l’influenza di quel capitolo così sottovalutato che è The Room, anche lui protagonista silenzioso in più di un’occasione. C’è comunque molto di più sotto la superficie del gioco, che dietro la sua maschera di walking simulator nasconde un horror psicologico di pregevolissima fattura, in cui più che l’orrore manifesto è la tensione costante ad essere protagonista. Un’esperienza resa dannatamente efficace dall’eccellente lavoro di Masahiro Ito, che ha curato in prima persona il design della creatura che ci darà la caccia, oltre a mettere in scena una rappresentazione della dimensione alternativa cara al brand assai originale. È soprattutto il lavoro stilistico generale a colpire in pieno il bersaglio, in virtù di un otherside freschissimo ed originale, ma che non manca di presentare quei piccoli dettagli in grado di rendere Silent Hill: The Short Message un titolo degno di sfruttare il nome che porta: il gioco è un Silent Hill a tutti gli effetti, non una mera operazione buona solo a sfruttare un nome celebre per guadagnare visibilità.
E non poteva mancare il buon Akira Yamahoka dietro all’effettistica e alle partiture, angoscianti e suadenti allo stesso tempo, e che riescono a rendere ancora una volta più riconoscibile il mondo a cui la storia delle tre adolescenti appartiene. Imperdibile il tema finale, ancora una volta pregno di quel mood malato e decadente che da sempre ha contraddistinto l’apporto del musicista alla saga Konami. Confesso di aver provato un vero brivido quando Yamaoka-san non ha rinunciato a citare per un paio di battute il leggendario main theme del primo capitolo, una manciata di note in grado di rievocare un universo intero nell’arco di un battito di ciglia. Eccellente anche il voice over e la recitazione generale, naturalmente in lingua inglese (tutto è comunque localizzato testualmente in italiano). E tecnicamente non ci si può assolutamente lamentar della resa visiva generale, che può contare su di un dettaglio ed una pulizia davvero ottima, così come piacevole è la scelta di affidare ad alcuni frammenti live action i momenti più importanti della narrazione.
Sì, se amate la saga Konami non potete esimervi dallo scaricare e giocare Silent Hill: The Short Message. Lo spin-off gratuito, difatti, si incunea con veemenza ed efficacia all’interno della lore della mai troppo celebrata serie horror, grazie ad un racconto straziante e maturo, capace di abbracciare a dovere gli elementi cardine che ogni fan si aspetta da un Silent Hill che si rispetti. Ad Hexadrive sono bastate poco meno di due ore per dimostrare come ci sia ancora molto da raccontare e vivere quando si è avvolti dalla nebbia, e di come (piaccia o no) i giapponesi siano forse i soli in grado di maneggiare con efficacia un’eredità così importante e pesante. E poi è pure gratis: cosa volete di più?