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Recensione Shuten Order

di: Marco Russi

Kazutaka Kodaka, conosciuto per aver creato Danganronpa , torna con un progetto che non ha paura di rischiare: Shuten Order.

Non è semplicemente un’avventura visuale, né un survival horror, né un dating sim. È tutto questo insieme, orchestrato dentro una cornice narrativa cupa e inquietante.

L’idea alla base è chiara: costringere il giocatore a guardare la stessa storia da più prospettive, cambiando radicalmente regole, ritmo e persino genere di gioco a seconda delle scelte. Il risultato è un titolo che non può lasciare indifferenti: o lo si ama per la sua audacia, o lo si trova eccessivo e frammentato.

La trama: resurrezione e sospetti

Il protagonista è Rei Shimobe, fondatore di un culto teocratico chiamato Shuten Order. Ucciso misteriosamente, viene riportato in vita con “il Potere di Dio”, ma senza memoria e con una condanna: ha solo quattro giorni di vita per scoprire chi lo ha assassinato.

I sospetti ricadono sui cinque ministri che governano la nazione, ognuno a capo di un ministero essenziale. Ognuno potrebbe essere il traditore, ognuno nasconde segreti. E a seconda di chi Rei decide di indagare, il gioco stesso cambia pelle.

Cinque percorsi, cinque generi diversi

Qui sta la vera rivoluzione di Shuten Order. Non ci sono semplici “ramificazioni” narrative: ogni sospetto porta a un genere di gioco totalmente differente, con regole, estetica e ritmo che incarnano il tema del ministero.

  • Ministero della Sicurezza – Tensione sistemica
    Qui il gioco diventa uno stealth horror. Ambienti bui, un killer implacabile che insegue, enigmi ambientali che costringono a usare logica e nervi saldi. Non è solo fuga: la tensione nasce da scelte micro, come rischiare un passaggio illuminato o aspettare nascosti. È il percorso che più incarna la paura del controllo: ogni errore si paga caro.

  • Ministero della Giustizia – Logica contro ambiguità
    Il genere vira verso l’indagine investigativa. Si raccolgono prove, si analizzano testimonianze e si smascherano contraddizioni. La sfida è capire non solo cosa è vero, ma cosa può essere dimostrato. Il piacere arriva quando un dettaglio apparentemente insignificante diventa la chiave per ribaltare un’intera deposizione.

  • Ministero della Scienza – Moltiplicare gli sguardi
    Questo è il percorso più “letterario”: una visual novel multiprospettiva che intreccia più punti di vista. Eventi come un attacco terroristico non sono mostrati frontalmente, ma ricostruiti attraverso frammenti di esperienze. Il giocatore diventa quasi un montatore: deve legare cause ed effetti per vedere emergere un disegno più ampio.

  • Ministero dell’Istruzione – Il lato oscuro dell’intimità
    In superficie sembra un dating sim, con possibilità di stringere legami con tre ragazze. Ma dietro l’apparenza romantica si cela un meccanismo d’indagine sociale: il rapporto umano diventa strumento per ottenere informazioni e aprire varchi verso verità taciute. Il confine tra affetto e manipolazione è sottile e rende questo percorso sottilmente disturbante.

  • Ministero della Salute – Logica sotto pressione
    Qui emerge la dimensione da escape room mortale. Enigmi concatenati, indizi da collegare, interrogatori condotti sotto stress. È il percorso che più gioca con il tempo: la tensione non nasce solo dalla difficoltà dei puzzle, ma dal dover decidere in fretta, mentre la minaccia incombe.

Ciò che rende questi percorsi così riusciti è la loro coerenza interna: non sono cinque minigiochi messi a caso, ma cinque traduzioni ludiche delle idee di potere che i ministeri rappresentano. Solo giocandoli tutti si ricompone il quadro della storia, e i dettagli colti in un percorso diventano fondamentali in un altro.

Stile e atmosfera

Dal punto di vista estetico, Rui Komatsuzaki firma ancora una volta un character design incisivo, capace di imprimere identità forte a ogni personaggio.

Le ambientazioni, cupe e oppressive, trasmettono il peso di un mondo governato da un culto totalitario.

La colonna sonora accompagna con intelligenza: melodie oscure durante le fasi horror, tensione crescente nei momenti investigativi, brani più intimi nei segmenti di relazione. Tutto contribuisce a rendere l’esperienza coerente, nonostante i continui cambi di genere.

Shuten Order non è un titolo immediato. Richiede attenzione, disponibilità a cambiare ritmo e meccaniche a seconda del percorso scelto, e voglia di affrontare generi che non necessariamente piacciono a tutti. Non è pensato per chi cerca azione continua: è un gioco che ti premia solo se accetti la sfida di immergerti completamente.

Il rischio è che alcuni segmenti risultino troppo lenti o non in linea con i gusti del giocatore. Ma chi supera questa barriera trova un’esperienza che ha pochi paragoni nel panorama videoludico attuale.