Recensione Shogun Showdown
di: Simone CantiniNon amo particolarmente i roguelite, ma sono morbosamente attratto dai deckbuilder. Fatta questa semplice premessa, viene facile intuire quale sia stato il conflitto che si è agitato in me all’arrivo di Shogun Showdown che, per l’appunto, mescola assieme con subdola abilità entrambi questi aspetti. Ebbene, visto che state leggendo questa recensione, trovo inutile sottolineare come a vincere sia stata l’attrazione per l’accumulo compulsivo di carte, che sono risultate essere le nostre più fedeli alleate all’interno del gioco sviluppato da Roboatino.
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Day by day
Non c’è una storia alla base di Shogun Showdown, o per lo meno non nel senso più stretto del termine. Nel gioco non dovremo fare altro che attraversare una serie di stage, suddivisi lungo un discreto numero di ambientazioni, con l’obiettivo di sconfiggere le truppe ed i boss di fine mondo che ci si pareranno davanti, fino a giungere al confronto finale con il generalissimo che dà il nome alla produzione. Per poi continuare a falciare tutto quanto ci si parerà davanti, ricominciando dal principio, durante il giorno successivo, che andrà ad ampliare il bestiario nemico ed il tasso di sfida. Un loop immutabile nella sua ossatura ma che, come vuole il genere in questione, finirà per subire un’evoluzione man mano che accumuleremo una sconfitta dopo l’altra, fino a giungere alla sua ultima sublimazione quando andremo a sconfiggere il VERO boss finale. Nulla di nuovo sotto il sole, sia chiaro, ma che nel caso della produzione Roboatino riesce a mescolare letteralmente le carte in tavola, aggiungendo all’aleatorietà una buona dose di strategia e pianificazione.
Soppesare ogni azione
Nucleo portante dell’esperienza ludica di Shogun Showdown saranno, difatti, delle particolari carte che costituiranno i nostri strumenti di offesa. Una volta scelto il personaggio (partiremo con una raminga e ne sbloccheremo altri sconfiggendo i boss) ed equipaggiata la coppia di card iniziali, daremo il via alla missione. Questa sarà scandita attraverso piccoli stage bidimensionali suddivisi in caselle, sulle quali (oltre a noi stessi) andranno a comparire vari nemici, ognuno dotato dei propri punti vita e delle proprie strategie di lotta. Il gioco si svolge a turni, durante i quali potremo scegliere se spostare di una casella il nostro personaggio, inserire una carta nella coda di esecuzione, utilizzare quando possibile la nostra skill unica, oppure dare vita all’attacco. Quest’ultima opzione andrà ad eseguire in sequenza le azioni presenti sulle carte, secondo l’odine da noi scelto (fino ad un massimo di 3).
Inutile dire come ad ogni decisione farà seguito la mossa di ciascuno degli avversari presenti sul campo di battaglia. Dovremo, pertanto, pianificare con attenzione la strategia, tenendo sempre d’occhio gli indicatori presenti sulle minacce, che ci indicheranno di volta in volta quale sarà la loro prossima azione. Ed in tal senso le opzioni sono davvero molte, prevalentemente in virtù delle differenti tipologie di truppe nemiche che ci troveremo ad affrontare, ognuna dotata del proprio moveset, che spazierà dagli attacchi ravvicinati a quelli a distanza, passando per buff ed altre particolari strategie. Naturalmente anche noi non ci limiteremo a sguainare la spada per colpire l’unità adiacente, ma potremo contare su archi, shuriken, incantesimi ed altri trick, oltre a poter contare su di una abilità particolare unica per ciascun eroe (la raminga, ad esempio, potrà scambiarsi di posto con il nemico presente nella casella immediatamente vicina a noi).
Questo, unito al cooldown che caratterizza ogni carta, che ci richiederà di dover attendere un certo numero di turni prima di poterla rimettere in coda, trasforma il flow di gioco in una vera partita a scacchi, in cui ogni mossa dovrà essere soppesata a dovere per evitare una rapida sconfitta. Fortunatamente, a darci una mano durante gli scontri, ci penseranno dei consumabili che verranno rilasciati in maniera casuale dai nemici (utilizzarli non comporterà il consumo di un turno), e che potranno curare i nostri punti vita, aumentare il danno, avvelenare i nemici ed altro ancora. Tra un livello e l’altro, inoltre, avremo la possibilità di applicare dei buff casuali ad una delle nostre carte, oltre a poter incrementare di uno il nostro deck, scegliendo tra una coppia di opzioni disponibili. Una volta sconfitto il boss finale di ogni mondo, avremo anche la possibilità di accedere a vari shop, il cui inventario potrà essere ampliato spendendo la valuta guadagnata in-game, e che ci permetteranno di accedere ad un discreto numero di potenziamenti ed oggetti ulteriori.
Mi rendo perfettamente conto di come tutto possa sembrare un po’ fumoso, ma vi garantisco che il gameplay di Shogun Showdown è letteralmente più difficile da spiegare che da giocare. Prima di chiudere la disamina, c’è solo da ricordare un’ultima cosa: una volta sconfitti e riportati al campo base, sarà possibile andare ad accrescere il numero di elementi disponibili (carte, skill ed altro) spendendo i teschi rilasciati dai boss, così da aumentare il quantitativo di opzioni disponibili durante ogni fase successiva ai combattimenti.
Pixel giapponesi
Se è vero che spiegare le meccaniche ha portato via un po’ di tempo, sicuramente più snello è il giudizio definitivo relativo all’appeal di Shogun Showdown che, confesso, mi ha davvero stupito in positivo. Il gioco è divertente ed impegnativo, e la pianificazione tattica di ogni singola mossa, che comporta anche il prevedere quale possa essere il comportamento dei nemici, conferisce al tutto uno spessore assai particolare. Quello che emerge dal tutto è un roguelite sicuramente atipico ed originale, forse non proprio semplicissimo da portare a termine (il gioco non perdona i passi falsi, anzi), ma comunque ben strutturato e costruito, a partire dalla gradevole pixel art che ne caratterizza il comparto grafico. A voler proprio tirare le orecchie a Roboatino, ci sarebbe da muovere un appunto alla localizzazione testuale nella nostra lingua, che presenta più di un errore. Rimandato a settembre…
Non amo i roguelike e l’ho detto in apertura, però con Shogun Showdown ho fatto volentieri un’eccezione. Il titolo sviluppato da Roboatino è difatti riuscito a farmi superare l’avversione per il genere, grazie ad un gameplay appagante e stratificato, capace di mescolare in modo efficace elementi strategici e dei deckbuilder, dando vita ad un ibrido impegnativo ma non per questo molto divertente. A patto di poter passare sopra senza troppi patimenti ad un ingombrante, e fisiologico, quantitativo di tentativi andati a vuoto. Una produzione non certo tra le più appariscenti di questo infuocato (in tutti i sensi) settembre, ma che sarebbe davvero imperdonabile lasciar scorrere via con estrema leggerezza.