Recensione Shantae and the Pirate’s Curse
di: Luca "RukaManni" ManniPer chi “bazzica” il mondo Nintendo il nome WayForward dovrebbe suonare piuttosto familiare. Stiamo parlando, infatti, della nota software house californinana che, nel corso dei suoi venticinque lunghi anni di attività, ha inanellato una discreta serie di successi sulle console portatili della grande N come la serie Mighty Switch Force o la ben più celebre Shantae, una trilogia il cui capostipite venne originariamente pubblicato su Gameboy Color ben quattordici anni fa.
A tal proposito, ci apprestiamo ora ad analizzare il capitolo conclusivo dedicato alla procace genietta dai capelli viola, “Shantae and the Pirate’s Curse, un action platform dal sapore squisitamente retro pubblicato nel 2014 su Nintendo 3DS e WiiU e che da qualche settimana è disponibile su PC e sullo store di Xbox One alla modica cifra di 19,99 euro.
UNA LAMPADA PER DOMARLI…
“Shantae and the Pirate’s Curse”, come si diceva poc’anzi, chiude la trilogia videoludica dedicata alla genietta Shantae che, in seguito alle vicende narrate nel precedente capitolo, si ritroverà privata di ogni potere magico. Nonostante questo “piccolo” inconveniente, la giovane eroina potrà sempre contare sulla sua fluente chioma viola che, oltre ad essere uno dei suoi tratti distintivi, rappresenta anche la sua arma più pericolosa… una frusta a tutti gli effetti.
In questa nuova avventura Shantae, accompagnata dall’intero cast di comprimari comparsi nei precedenti capitoli della serie, dovrà farsi strada tra le orde di nemici che il pericoloso Pirate Master ha sguinzagliato per le terre di Sequin Land. Sarà quest’ultimo, infatti, il catalizzatore intorno al quale ruoteranno le vicende della procace genietta impegnata ad evitarne il risveglio e, al contempo, a salvaguardare il benessere di Scuttle Town, una piccola isola che, oltre a rappresentare il punto di partenza delle sue avventure costituirà anche un porto sicuro in cui potenziarsi e recuperare le energie. Sequin Land è composta da sei isole ognuna delle quali sarà possibile esplorare liberamente grazie alla nave gentilmente concessa dall’acerrima nemica di Shantae, il pirata Risky, che, di fronte al male comune, ha deciso di instaurare una temporanea alleanza al fine di preservare lo status quo e tornare a solcare indisturbata i sette mari.
Ciascuna zona, ad eccezion fatta per la sopracitata “Scuttle Town”, cela al proprio interno un male atavico da cui il Pirate Master trae nutrimento e solo tagliando alla radice la sua fonte di sostentamento sarà possibile affrontarlo e uscirne vincitori. In buona sostanza si tratterà di eliminare i cinque boss che presiedono ogni livello e sarà possibile sconfiggerli solo ricorrendo ad uno specifico strumento. Strumenti che, come nel più classico dei Metroidvania (a cui Shantae è facilmente riconducibile) saranno reperibili all’interno del medesimo dungeon in cui si affronterà il cattivo di turno. Ciascun accessorio, inoltre, risulterà indispensabile per poter completare l’esplorazione delle diverse isole che spesso celano aree altrimenti irraggiungibili: il cappello da pirata, ad esempio, dona a Shantae la capacità di planare, oppure la pistola le permette di colpire e distruggere ostacoli altrimenti fuori dalla portata della sua chioma. Ma il più importante tra gli strumenti che la genietta otterrà nel corso delle sue avventure è indubbiamente la lampada magica, un oggetto indispensabile per il prosieguo del gioco che le consentirà, tra le altre cose, di “imbottigliare” le 20 nubi di magia nera sparse per l’intera Sequin Land. La loro utilità, però, rimarrà avvolta nel mistero fino alla conclusione del gioco…
Tornando a parlare dei dungeon, non sarà possibile accedere a ciascuno di essi fin da subito ma sarà necessario portare a compimento diverse missioni secondarie che richiederanno, tra le altre cose, di scovare oggetti sparsi in giro per il mondo. Purtroppo, però, non ci si potrà teletrasportare liberamente da un’isola all’altra ma sarà necessario tornare di volta in volta al porticciolo in cui è attraccata la nave (cioè all’inizio del livello) e da lì spostarsi verso la terra desiderata. Nonostante la presenza di (costosi) strumenti che consentono di tornare direttamente sulla nave, il backtracking può risultare un problema tenendo conto che, spesso e volentieri, basta una disattenzione per finire all’altro mondo costringendo il giocatore a ricominciare dall’ultimo punto in cui ha salvato la partita. Manca, infatti, qualsiasi forma di salvataggio automatico e l’unico modo per mettere al sicuro i propri dati è affidarsi a un vecchio girovago che sarà possibile incontrare in determinate aree all’intero di ciascuna isola.
UN TUFFO NEL PASSATO
“Shantae and the Pirate’s Curse” è letteralmente una gioia per gli occhi, con sprite coloratissimi e tanta varietà nelle ambientazioni di gioco. Ogni isola, infatti, vanta nemici e un design unico, per non parlare del comparto sonoro, con tracce divertenti ed estremamente godibili.
Ma il miglior pregio di questo capitolo sono senza alcun dubbio le animazioni: tanto Shantae, quanto qualsiasi altro personaggio compare sullo schermo vanta delle movenze incredibili, che si sposano alla perfezione con la grafica “pixellosa” che ormai sembra contraddistinguere le produzioni di WayForward.
CONCLUSIONI
“Shantae and the Pirate’s Curse” è il degno capitolo conclusivo di una trilogia che, fin dalle origini su Gameboy Color, è riuscita a fare breccia nel cuore di numerosi giocatori: piacevole e divertentissimo, con una curva di difficoltà che offre il giusto tasso di sfida senza cadere mai nella frustrazione.
Un piccolo capolavoro che, ad un anno dalla distribuzione su Nintendo 3DS e WiiU, ha raggiunto lo store dell’ammiraglia di casa Microsoft senza per questo perdere nemmeno un briciolo del fascino che questo titolo trasuda da ogni pixel.