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Recensione Shadow Labyrinth

di: Simone Cantini

È nato prima l’uovo o la gallina? Un’atavica domanda che trova nuovi ed imprevisti risvolti in occasione dei 45 anni del mangia palline più famoso del mondo videoludico, che proprio in occasione dei suoi festeggiamenti ha portato nuovamente alla ribalta il quesito in questione. Perché è davvero difficile capire se nasca prima il concept di Shadow Labyrinth o l’episodio dedicato all’icona di Bandai Namco visto in Secret Level. I punti in comune tra i due lavori, difatti, sono davvero molteplici, al punto che possono difficilmente essere visti come puramente casuali. A prescindere dall’ordine di arrivo, quello che resta è una rilettura intrigante e davvero sorprendente di un classico del gaming, anche se non tutto è andato proprio per il verso giusto. Almeno pad alla mano…

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Cambio di prospettiva

La serie antologica apparsa su Prime Video ci aveva mostrato un lato di Pac-Man decisamente più cupo e spietato rispetto allo scanzonato e colorato mood caro alle avventure canoniche, e le stesse atmosfere sono state trasportate quasi 1:1 in Shadow Labyrinth. In questo metroidvania dai toni decisamente dark vestiremo i panni dello Spadaccino N.8, richiamato su di un lontano pianeta da un globo fluttuante, dall’aspetto alquanto familiare, che risponde al nome di PACC. Alquanto cinico e spietato, lontano parente dell’icona che tutti abbiamo imparato a conoscere in questi 45 anni, sarà lui a guidarci all’interno di una storia che parte da intriganti presupposti, ma che complice una narrazione non sempre efficace, oltre che alquanto frammentaria, finisce per vedere sfilacciarsi in più momenti i suoi punti di forza.

 

 

Diciamo subito che la new entry all’interno di quella timeline che il colosso nipponico ha ribattezzato UGSF (United Galaxy Space Force), e che ha il compito di collegare tra loro i suoi brand più celebri, fallisce in parte il compito di portare avanti un plot avvincente a 360°. Nonostante tutto, comunque, non mancano elementi in grado di mantenere vigile l’attenzione del giocatore, anche se è evidente come una maggiore cura in fase di sceneggiatura avrebbe giovato a questa particolarissima ed inaspettata operazione di riscrittura di canoni che credevamo inamovibili.

Niente waka waka, o quasi

Al di là del cambio di protagonista, a spiazzare in Shadow Labyrinth è il concept ludico alla base del lavoro svolto dal team interno di Bandai Namco, che ha scelto di calare il tutto all’interno delle pareti dei metroidvania. Una decisione che amplifica il concetto di labirinto visto nei vari coin-op, dilatandone a dismisura le dimensioni. L’idea è sicuramente stuzzicante, ma paga il pegno di un level design che, almeno per una buona metà abbondante dell’avventura (che porterà via poco meno di 20 ore, a seconda di quanto esplorerete), non stupisce affatto per concezione: i percorsi sono per lo più molto lineari, con pochissime deviazioni utili a raggiungere piccoli bonus o power up, con la necessità dell’immancabile backtracking che resta in disparte per troppo tempo.

Non aiuta anche il ritmo generale, davvero blando per le prime 3-4 ore, e che si scrolla di dosso un alone di mero compitino solo dopo aver raggiunto il 60% di completamento, quando magari molti giocatori avranno già deciso di virare i propri sforzi altrove. Questa sensazione è acuita anche dalla crescita del nostro protagonista, che a dispetto delle promesse di numerosi potenziamenti, effettivamente disponibili ad avventura ampiamente inoltrata, rimarrà identico a sé stesso per gran parte del gioco. Ciò porta ad un moveset estremamente essenziale, condito da controlli non sempre puntualissimi, amplificati da una scivolosità generale e da spazi di salto non sempre facilmente leggibili.

Mangia o sarai mangiato

E dire che potenzialità il mondo tratteggiato da Shadow Labyrinth ne offrirebbe, a partire dalla possibilità di divorare letteralmente i cadaveri dei nemici sconfitti, così da mettere in saccoccia risorse da spendere presso i vari shop. Il tutto è possibile grazie al rapporto simbiotico tra PACC e lo Spadaccino N.8, che culmina nella possibilità di trasformarsi temporaneamente in un gigantesco mech, utilissimo quando c’è da superare particolari superfici, oppure per avere più agilmente la meglio sugli ostici boss e mini boss (opzionali e non) che caratterizzano la progressione.

Naturalmente, visto che parliamo di una declinazione di Pac-Man, non potevano mancare sezioni più canoniche, che riportano sulla scena le meccaniche che furono (e sono ancora oggi): a piccole porzioni davvero trascurabili, utili a spezzare il ritmo dell’esplorazione ma fiaccate da controlli davvero imprecisi, si alternano versioni ludicamente più estese dei classici labirinti che caratterizzano le origini del brand. Si tratta di veri e propri livelli che ripropongono in chiave più adrenalinica e moderna il gameplay storico, condendo il tutto con elementi ludici accessori tutt’altro che disprezzabili. Peccato che anche questi momenti vengano resi accessibili una volta raggiunta la percentuale di cui sopra.

 

Se nel complesso Shadow Labyrinth propone un’esperienza ludica priva di particolari guizzi, per quanto mossa da idee decisamente più imprevedibili per il brand, anche sul fronte puramente tecnico il lavoro Bandai Namco non va oltre l’esilissimo compitino. L’estetica generale, per quanto tutto sommato gradevole, ha un appeal che ricorda più le produzioni indie a basso budget che una produzione figlia di uno dei publisher giapponesi più celebri. Pulita e minimale, la grafica è priva di reali guizzi creativi, a partire da un creature design altalenante, che si esalta maggiormente nella presentazione dei boss, ma che cade preda di sensazioni contrastanti laddove è chiamata a tratteggiare i MOB più generici. Gli stessi sfondi tradiscono in più di una occasione la scelta incomprensibile di una risoluzione assai dimessa, così come non irresistibili sono alcune texture. Senza infamia e senza lode il fronte sonoro, che non riesce mai ad emergere con efficacia, ad eccezione di qualche sporadico momento. Per lo meno, visto che comunque avremo qualcosa da leggere, la lingua italiana è stata inserita in fase di localizzazione.

Senza girarci troppo attorno, Shadow Labyrinth è un’occasione sprecata. L’idea di reinventare Pac-Man in chiave metroidvania dark è affascinante e audace, e ci sono spunti promettenti come la possibilità di trasformarsi in mech ed i labirinti classici. Tuttavia, il gioco fallisce nella sua esecuzione, in particolare a causa di un ritmo eccessivamente lento e una progressione del personaggio quasi inesistente per la maggior parte dell’avventura, che rischia di allontanare molti giocatori prima che il gameplay decolli. Lo stesso level design si prende troppo tempo prima di aprirsi a spunti più interessanti, un limite non da poco per ogni metroidvania che si rispetti, In definitiva, quello che resta di Shadow Labyrinth è un esperimento indubbiamente interessante, con un potenziale latente che avrebbe avuto bisogno di un boost in più per andare oltre il mero compitino.